Lo spreco di risorse del trasporto pubblico locale
Fermata dell’autobus di una qualunque città italiana. Una vecchietta infreddolita, uno studente brufoloso e una signora con la sporta della spesa. “E’ mezz’ora che aspetto uno straccio di autobus”, esclama con gli occhi fuori dalle orbite la vecchietta. “E i miei figlioli che aspettano a casa qualcosa da mangiare!”, rincara la dose un’indignata signora. “Non c’è niente da fare”, precisa con l’aria di chi la sa lunga lo studente, “guardate laggiù il nostro autobus fermo in mezzo al traffico tentacolare di questa insopportabile città”. Passano ancora dei minuti e finalmente, emettendo uno stridore infernale e sbuffando fumi e polveri sottili in quantità industriali, l’autobus arriva alla fermata. La porta centrale si apre, vomitando una folla di persone simili a naufraghi che mettono piede sulla terraferma. Dopo alcuni tentativi infruttuosi anche le porte laterali si aprono e la vecchietta per poco ci rimane secca inciampando nel primo degli scomodi gradini. Passa qualche minuto e finalmente l'autobus riparte. Tra gli applausi degli altri viaggiatori, la signora riesce al quarto tentativo a centrare il biglietto nella fessura della macchinetta. All’ennesima frenata del conducente, lo studente, distrattosi meditando sulla dimostrazione del “teorema dei carabinieri”, finisce direttamente tra le braccia di una procace signorina, che lo schiaffeggia davanti a tutti sentendosi molestata. Alla fine del lungo calvario i protagonisti della nostra piccola storia arrivano a destinazione maledicendo il destino cinico e baro che non gli consente di usare l’automobile per i propri spostamenti.
Tutti conoscono i disagi di muoversi nelle nostre città con il mezzo pubblico, esemplificati in precedenza. Non tutti però sono consapevoli dello spreco di risorse economiche alle spalle del contribuente che si nasconde dietro l’inefficienza del sistema di trasporto pubblico italiano.
Anche il 6° rapporto sulla mobilità urbana in Italia di Isfort e Asstra, intitolato “Il dato è tratto. Alla ricerca di un punto di svolta”, mette in evidenza un ulteriore peggioramento delle prestazioni economiche delle aziende di trasporto italiane, che utilizzano prevalentemente mezzi su gomma, a carico del bilancio pubblico. Dal 2002 al 2007 i ricavi da traffico sono ancora diminuiti, dal 29,2% al 27,60%. Come si può vedere chiaramente in questo grafico, cala ancora un parametro molto importante di valutazione dell’efficienza economica, cioè il rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi che si attesta a un modesto 30,1%. Anche l’andamento delle compensazioni pubbliche (ben 61,3% dei ricavi), eufemismo con il quale si definisce il pagamento del deficit colossale delle aziende attraverso la tassazione ordinaria, è negativo. In quest’altro grafico potete osservare la continua crescita di tali compensazioni (in Italia a carico delle Regioni), che hanno raggiunto nel 2007 il valore enorme di 4,118 miliardi di euro. A questi soldi andrebbero aggiunti anche i circa 220 milioni pagati di recente dallo Stato per rinnovare i contratti dei lavoratori. Se a questi finanziamenti stanziati ogni anno per ripianare i deficit fallimentari delle aziende, si sommano anche i contributi e le spese dirette in conto esercizio e capitale che, oltre a Stato e Regione, versano a vario titolo sul Trasporto Pubblico Locale anche le Province e i Comuni (se ne avete voglia leggete il Conto Nazionale dei Trasporti) si arriva a un vero e proprio salasso per le finanze pubbliche di circa 10 miliardi di euro. Il Presidente della Commissione Finanze del Senato ha addirittura di recente valutato in circa 15 miliardi l’esborso dello Stato per il Trasporto Pubblico Locale.
I motivi di questa situazione insostenibile sono descritti in questo mio precedente articolo, e risiedono tutti nei limiti intrinseci e strutturali del trasporto collettivo su gomma.
Fermata del tram di una qualunque città del Nord Europa. Un dirigente d’azienda in giacca e cravatta, una mamma con il passeggino, un disabile con la carrozzella, due coniugi anziani, uno studente con la bicicletta. In un silenzio irreale, ferma alla pensilina, in perfetto orario, un lungo e sgargiante tram. Le porte si aprono silenziosamente al livello del marciapiede e, in poco tempo, entrano le persone in attesa con i loro mezzi di trasporto, che trovano abbondante spazio all’interno dei vagoni. Tranne i due coniugi, che all’ultimo momento non salgono sul mezzo. Per comodità del lettore tradurrò in italiano i dialoghi tra i passeggeri. “Te l’avevo detto, rimbambito, di fare i biglietti” dice la vecchina al marito. “Non ti arrabbiare cara”, risponde mite il vecchio, "compro subito i biglietti al distributore, tanto tra tre minuti passa il prossimo tram". Sul tram in partenza, il dirigente d’azienda incontra un collega e gli confessa: “Sai, ho venduto la seconda auto, non mi serviva a nulla, con il tram perdo meno tempo e spendo meno”. “Sì”, risponde l’altro, “ci sto pensando anch’io”. La signora osserva contenta il bimbo nel passeggino che continua a dormire beato e pensa: “Quando lo porto in auto, al primo sobbalzo si sveglia immediatamente”. Lo studente, seduto comodamente, riesce finalmente a risolvere l’equazione differenziale che l’aveva tenuto impegnato tutto il giorno.
I motivi dell’incredibile successo in tutta Europa dei moderni sistemi ferrotranviari sono contenuti in quest’altro mio articolo che si conclude con una proposta per il nostro arretrato paese, finalizzata anche a migliorare i bilanci delle aziende di Trasporto Pubblico Locale e a diminuire gli ingenti trasferimenti dello Stato verso un settore cruciale per la riduzione dei consumi energetici e l'abbattimento delle emissioni di gas serra.
Tutti conoscono i disagi di muoversi nelle nostre città con il mezzo pubblico, esemplificati in precedenza. Non tutti però sono consapevoli dello spreco di risorse economiche alle spalle del contribuente che si nasconde dietro l’inefficienza del sistema di trasporto pubblico italiano.
Anche il 6° rapporto sulla mobilità urbana in Italia di Isfort e Asstra, intitolato “Il dato è tratto. Alla ricerca di un punto di svolta”, mette in evidenza un ulteriore peggioramento delle prestazioni economiche delle aziende di trasporto italiane, che utilizzano prevalentemente mezzi su gomma, a carico del bilancio pubblico. Dal 2002 al 2007 i ricavi da traffico sono ancora diminuiti, dal 29,2% al 27,60%. Come si può vedere chiaramente in questo grafico, cala ancora un parametro molto importante di valutazione dell’efficienza economica, cioè il rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi che si attesta a un modesto 30,1%. Anche l’andamento delle compensazioni pubbliche (ben 61,3% dei ricavi), eufemismo con il quale si definisce il pagamento del deficit colossale delle aziende attraverso la tassazione ordinaria, è negativo. In quest’altro grafico potete osservare la continua crescita di tali compensazioni (in Italia a carico delle Regioni), che hanno raggiunto nel 2007 il valore enorme di 4,118 miliardi di euro. A questi soldi andrebbero aggiunti anche i circa 220 milioni pagati di recente dallo Stato per rinnovare i contratti dei lavoratori. Se a questi finanziamenti stanziati ogni anno per ripianare i deficit fallimentari delle aziende, si sommano anche i contributi e le spese dirette in conto esercizio e capitale che, oltre a Stato e Regione, versano a vario titolo sul Trasporto Pubblico Locale anche le Province e i Comuni (se ne avete voglia leggete il Conto Nazionale dei Trasporti) si arriva a un vero e proprio salasso per le finanze pubbliche di circa 10 miliardi di euro. Il Presidente della Commissione Finanze del Senato ha addirittura di recente valutato in circa 15 miliardi l’esborso dello Stato per il Trasporto Pubblico Locale.
I motivi di questa situazione insostenibile sono descritti in questo mio precedente articolo, e risiedono tutti nei limiti intrinseci e strutturali del trasporto collettivo su gomma.
Fermata del tram di una qualunque città del Nord Europa. Un dirigente d’azienda in giacca e cravatta, una mamma con il passeggino, un disabile con la carrozzella, due coniugi anziani, uno studente con la bicicletta. In un silenzio irreale, ferma alla pensilina, in perfetto orario, un lungo e sgargiante tram. Le porte si aprono silenziosamente al livello del marciapiede e, in poco tempo, entrano le persone in attesa con i loro mezzi di trasporto, che trovano abbondante spazio all’interno dei vagoni. Tranne i due coniugi, che all’ultimo momento non salgono sul mezzo. Per comodità del lettore tradurrò in italiano i dialoghi tra i passeggeri. “Te l’avevo detto, rimbambito, di fare i biglietti” dice la vecchina al marito. “Non ti arrabbiare cara”, risponde mite il vecchio, "compro subito i biglietti al distributore, tanto tra tre minuti passa il prossimo tram". Sul tram in partenza, il dirigente d’azienda incontra un collega e gli confessa: “Sai, ho venduto la seconda auto, non mi serviva a nulla, con il tram perdo meno tempo e spendo meno”. “Sì”, risponde l’altro, “ci sto pensando anch’io”. La signora osserva contenta il bimbo nel passeggino che continua a dormire beato e pensa: “Quando lo porto in auto, al primo sobbalzo si sveglia immediatamente”. Lo studente, seduto comodamente, riesce finalmente a risolvere l’equazione differenziale che l’aveva tenuto impegnato tutto il giorno.
I motivi dell’incredibile successo in tutta Europa dei moderni sistemi ferrotranviari sono contenuti in quest’altro mio articolo che si conclude con una proposta per il nostro arretrato paese, finalizzata anche a migliorare i bilanci delle aziende di Trasporto Pubblico Locale e a diminuire gli ingenti trasferimenti dello Stato verso un settore cruciale per la riduzione dei consumi energetici e l'abbattimento delle emissioni di gas serra.