Nuove tecnologie energetiche: come giudicare?
di Ugo Bardi
Sembra passato da un pezzo il tempo in cui - solo pochi anni fa - se parlavi di un “problema energetico” ti guardavano un po’ strano. Adesso, stiamo addirittura esagerando: ti arrivano addosso le proposte più strane; ognuno ha la sua soluzione, dal nucleare alla “enhanced recovery” dai pozzi esistenti. Spesso, chi propugna una certa soluzione si preoccupa di denigrare più che può tutte le altre.
Allora, in questo primo post del nuovo blog, vediamo di stabilire un po’ di regole per permettere a tutti di valutare. Come si suol dire, non è tutta ortica quella che punge, ma un po’ di discriminazione ci vuole sia per evitare le bufale che per entusiasmarsi troppo anche di cose valide. Ho pensato di suddividere la valutazione delle tecnologie energetiche in tre “principi”, ispirandomi alla termodinamica. Questi sono, in un certo ordine logico
1. Produttività - la tecnologia deve essere in grado di produrre una quantità significativa di energia
2. Resa energetica (EROI o EROEI) - la tecnologia deve produrre molta più energia di quanta non ne richieda
3. Sostenibilità - la tecnologia deve essere in grado di produrre per tempi molto lunghi senza fare danni ad altre attività e agli esseri umani.
Noterete per prima cosa che non ho parlato di costi monetari. Questo è perché sono inclusi nei tre principi: una tecnologia che produce in abbondanza, rende bene e non fa danni deve necessariamente essere vantaggiosa dal punto di vista economico. Ma i costi reali delle tecnologie sono modificati e stravolti sia da fattori di mercato sia dai pesanti interventi dei governi a favore di questa o quell’altra tecnologia. Quindi, è meglio basarsi sui principi della fisica dove, perlomeno, i governi non possono mettere bocca. Adesso, andiamo un po’ più in dettaglio nella faccenda.
Il primo principio, produttività, dice che una nuova tecnologia energetica deve comunque produrre qualcosa. Questo sembra ovvio, ma non è sempre vero. Ci sono svariate tecnologie che vanno contro i principi della fisica e che non sono in grado di produrre alcunchè; per esempio le varie energie orgoniche, il tubo di tucker, il motore ad acqua, il magnegas e altre fesserie del genere che, comunque, impazzano su internet. Ci sono poi tecnologie che non vanno contro le leggi dell’universo, ma che comunque sono ridicole in termini della quantità di energia che si può produrre. Viene in mente - per esempio - l’idea di fare biocombustibili dal grasso da liposuzione oppure di fare energia elettrica dai movimenti di quelli che ballano in discoteca. In entrambi i casi, si vedono i limiti delle possibilità fisiche umane: anche fare energia dalle cyclette non darebbe un contributo significativo alle necessità globali. C’è poi l’energia prodotta dal recupero della combustione dei rifiuti, i cosiddetti “termovalorizzatori”. Anche qui, la quantità producibile è troppo piccola per avere un impatto significativo. Infine, il primo principio raffredda molto l’entusiasmo per tecnologie che sono, magari promettenti, ma che al momento non esistono in pratica e quindi non possono produrre niente, come la fusione nucleare e i biocombustibili di “seconda generazione”
Il secondo principio, resa energetica (EROI o EROEI, dalle iniziali di energy return for energy invested), segue logicamente dal primo. Non basta che una tecnologia produca energia; bisogna che ne produca una quantità superiore a quella necessaria per costruire gli impianti, manutenzionarli, alimentarli e poi, alla fine, smantellarli. Se il rapporto fra energia prodotta e energia investita (EROEI) è minore di uno, ovviamente, è un’impresa inutile. Non solo, ma occorre che questo EROEI sia molto maggiore di uno perché la cosa abbia un senso pratico. Secondo Charles Hall, dovrebbe essere almeno maggiore di 5, probabilmente deve essere almeno intorno a 10. Questa necessità elimina un buon numero di tecnologie che hanno EROEI bassi: l’etanolo da mais, per esempio, ha EROEI vicino, o forse inferiore, a uno. I biocombustibili da semi oleosi hanno EROEI troppo bassi, intorno a 3-4. Anche i termovalorizzatori hanno EROEI molto basse e sono poco proponibili come tecnologie per la produzione di energia. Lo stesso vale per altre cose come gli scisti bituminosi e, probabilmente, per la liquefazione del carbone. Infine, l’idrogeno, pur non essendo una “fonte” energetica, riduce enormemente l’EROEI delle fonti usate per produrlo e quindi è - in pratica - eliminato come tecnologia utilizzabile.
Il terzo principio, quello della sostenibilità, pone un’ulteriore discriminante: non basta che una tecnologia produca energia in abbondanza; bisogna che lo faccia per tempi molto lunghi e senza far danni ad altre cose. Questa condizione elimina un buon numero di tecnologie andanti: per esempio i combustibili fossili, sia perché sono una risorsa limitata, sia perché è limitata la capacità dell’atmosfera di assorbire i prodotti della combustione. Pone anche il problema della sostenibilità della fissione nucleare secondo la tecnologia corrente che fa uso, anche quella, di una risorsa limitata, l’uranio fissile, ovvero l’isotopo 235, la cui disponibilità sul mercato comincia già oggi a essere difficile. Inoltre, il fatto di lasciare scorie radioattive a decadimento molto lungo è un’ulteriore problema per il nucleare. Anche molti biocombustibili sono in difficoltà a soddisfare questo principio: teoricamente sono risorse rinnovabili ma, a parte che nella pratica rovinano il suolo, c’è il problema che se dovessimo sfruttarli per soddisfare le nostre esigenze energetiche, non potremmo soddisfare quelle alimentari. Questo è un problema che sta già cominciando a porsi.
Dopo tutto questo ragionamento, uno si può anche scoraggiare. Esistono delle tecnologie energetiche che soddisfano questi tre principi draconiani? La risposta è si; esistono e sono anche quelle più comuni e più diffuse. Eolico, fotovoltaico e idroelettrico, sono tutte tecnologie che producono energia in abbondanza e con EROI che vanno dall’accettabile (fotovoltaico, EROEI intorno a 8-10) al buono (eolico a torre, EROEI intorno a 20-30) all’eccellente (idroelettrico a bacino, EROEI oltre 50). Anche il geotermico, dove possibile, ha buoni valori dell’EROEI. Tutte queste tecnologie sono sostenibili in quanto non usano materiali inquinanti o rari, occupano una piccola frazione di suolo e non fanno danni all’atmosfera o ai sistemi planetari. Quindi, abbiamo effettivamente buone possibilità di risolvere il “problema energetico” posto che a) ci decidiamo a investirci sopra e b) non ci perdiamo dietro alle follie e alle fesserie.
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Nota aggiunta posteriormente: nei commenti a questo post sono stati sollevati i problemi dell’intermittenza delle fonti rinnovabili e la loro scalabilità che non erano stati menzionati esplicitamente per brevita. Entrambi i punti, tuttavia, sono assimilabili ai tre principi. Ovvero, la scalabilità, ovvero la possibilità di espandere la produzione fino a coprire gran parte delle necessità energetiche mondiali, fa parte di quello che ho chiamato “produttività”. Delle tecnologie che ho citato, eolico è fotovoltaico sono scalabili a questi livelli e anche superiori. Questo sarebbe più difficile da ottenere con il geotermico e l’idroelettrico, ma anche qui ci sono ampi margini. Per quanto riguarda il problema dell’intermittenza, si può considerare anche quella in termini di EROEI. Per un impianto “stand-alone” lo dimezza circa. Se l’impianto è inserito in una rete intelligente, tuttavia, l’EROEI non varia in modo significativo.