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Come si finanzia ASPO-Italia

11 maggio 2009 0 commenti

Non siamo arrivati veramente a considerare l'idea di rapinare le banche per mettere qualcosa nelle casse di ASPO-Italia, ma alle volte ci siamo andati vicini. Il finanziamento delle attività dell'associazione si è rivelato molto, molto difficile.


In un post precedente vi ho raccontato qualcosa dell'attività di ASPO-Italia nei sei anni della sua esistenza. Penso che ora vi possa interessare qualche noticina sulla nostra situazione finanziaria - per vostra curiosità. Come facciamo a tener su siti e blog, fare convegni e tutto il resto?

Beh, su questo punto vi posso dire che la situazione finanziaria di ASPO viaggia sul tragico, anche se non ci ha ancora portato al suicidio collettivo. Non è soltanto ASPO-Italia ad essere in questa situazione; tutte le varie ASPO-Nazionali, da ASPO-Australia a ASPO-Kuwait, sono più o meno sulla stessa linea di grandi difficoltà ad ottenere risorse finanziarie. In pratica, tutti ci basiamo molto sulle quote associative, ma queste sono una risorsa assai limitata. Tutti i "capitoli" nazionali ASPO sono formati da un gruppetto di fondatori che sono tecnici o scienziati e poi qualche decina, al massimo intorno al centinaio, di soci più o meno impegnati nelle attività dell'associazione. Non mi dilungo troppo sulle ragioni del fatto che ASPO non è un'associazione di massa: i motivi mi sembrano ovvi. Questo comunque non ci permette di avere i tipi di introiti che arrivano ad associazioni ben più grandi come il WWF o Legambiente.

Quindi, ci dobbiamo basare principalmente sul lavoro volontario, ma anche qui ci sono dei problemi. Non so come va da voi, ma dalle mie parti il "volontariato" è in grave difficoltà, specialmente con i giovani. Probabilmente è un'evoluzione inevitabile. I volontari sono persone che hanno uno stipendio e un po' di tempo libero. Entrambe le condizioni si stanno facendo sempre più rare. Chi ha ancora un lavoro al call center o cose del genere fa straordinari, lavora come una bestia e quando torna a casa si stravacca davanti alla TV senza più il fiato di fare qualcosa. Chi il lavoro non ce l'ha più, non ha voglia di mettersi a lavorare gratis e - in più - gli pesano tutte quelle piccole cose che sono comunque necessarie, per esempio una connessione internet e un computer decente. Non so se avete notato che il numero di connessioni internet in Italia è in calo da quest'anno - mi sembra significativo anche se bisogna vedere se il trend si manterrà.

Quindi, il lavoro dei volontari è per sua natura piuttosto inefficiente anche se sorretto da tanta buona volontà. Questo ve lo posso dire per esperienza in altri gruppi volontari; nel passato sono stato anche presidente di uno che si occupava di orchidee spontanee. E' sempre la stessa cosa: ci sono dei momenti di grande entusiasmo ma se si guarda la continuità del lavoro, il volontariato non è decisamente il massimo. Qualche tipo di finanziamento, se non altro in forma di rimborso spese è necessario. Ma, ora, se invitate un membro di ASPO-Italia farvi una presentazione da qualche parte, lo fa quasi sempre viaggiando a proprie spese.

Quindi come finanziare ASPO-Italia? Beh, abbiamo provato un po' tutti i canali possibili e i risultati sono stati miserandi. Qualcosa ci arriva dall' ASPO-shop che vende gadget e pubblicazioni, ma pochi spiccioli. Poi, ovviamente, abbiamo pensato che noi siamo in gran parte ricercatori e che la ricerca, in teoria, viene finanziata dagli appropriati organi governativi. ASPO (sia in Italia sia in altri paesi) comprende dei buoni gruppetti di ricercatori impegnati in vari campi, non solo sul petrolio e i combustibili fossili, ma anche sulla sostenibilità e sull'innovazione "strategica" in generale. Abbiamo provato diverse volte con dei team comprendenti ricercatori ASPO di vari paesi a chiedere contratti nazionali e internazionali per fare ricerche sulle risorse petrolifere, per modellizzare il consumo delle stesse e cose del genere. Risultato: sempre no. Il motivo principale è probabilmente che l'atteggiamento della società "occidentale" nei riguardi dell'innovazione è probabilmente lo stesso di quello che aveva l'Unione Sovietica nei riguardi della dittatura del proletariato.

Così, è abbastanza facile ottenere risorse per far ricerca su cose alla moda, come l'idrogeno o il sequestro geologico del biossido di carbonio, che hanno il vantaggio che si sa benissimo che a) sono troppo costose per essere messe in pratica e b) anche se le si mettessero in pratica per davvero, non produrrebbero cambiamenti importanti nelle rendite di posizione delle lobby che governano il pianeta. La ricerca veramente innovativa è normalmente penalizzata da un sistema che privilegia le mode del momento e l'ossessiva ricerca di risultati quantificabili in tempi brevi.

Siamo riusciti comunque a far finanziare qualche progetto dalla commissione europea, per esempio il progetto RAMSES (quello sul trattore elettrico). E' un progetto che abbiamo concepito io e Toufic el Asmar sulla base del lavoro fatto in ASPO e che ha beneficiato della consulenza di vari soci ASPO (per esempio, il gruppo di EUROZEV, Massimo de Carlo, Pietro Cambi, Corrado Petri e altri). Un'altro esempio è il progetto AQUASOLIS sull'acqua rinnovabile; anche quello risultato della collaborazione fra me e Toufic. Ma in tutte le proposte per questi progetti siamo stati molto attenti a evitare di apparire catastrofisti. Nessuno ti finanzia per trovare problemi, solo per trovare soluzioni, anche se non si sa esattamente per quale problema.

A proposito dello spreco di risorse per la ricerca pubblica, vi segnalo una cosa che ho saputo di recente. L'IIASA, un prestigioso think tank che sta a Vienna, ha messo insieme oltre 20 milioni di Euro per studiare la consistenza delle ricerche petrolifere mondiali in un progetto che partirà a breve. Come hanno fatto? Beh, il coordinatore del progetto è un signore che si chiama Rogner che è un notorio abbondantista. Poi, ovviamente, quelli che fanno capo ad ASPO non sono stati nemmeno consultati. Magari non stanno simpatici a tutti ma, insomma, qualche espertuccio internazionale da non buttare via ASPO ce lo avrebbe anche. Ma si sarebbe rischiato che i risultati finali fossero venati da un inopportuno catastrofismo poco. He, he......

Allora, rimangono i finanziamenti istituzionali e privati. Per quanto riguarda le istitutuzioni, siamo riusciti diverse volte ad avere dei finanziamenti mirati ad organizzare dei congressi. Solo così siamo riusciti a realizzare i due convegni nazionali e quello internazionale che abbiamo organizzato. Anche qui, i contributi sono sempre arrivati col contagocce e organizzare convegni del genere con budget di poche migliaia di euro è un'acrobazia finanziaria da non dirsi.

Per quanto riguarda i privati, abbiamo ottenuto qualcosa per il convegno internazionale ASPO-5, che era piuttosto prestigioso e arrivava in un momento in cui l'industria non era nella crisi profonda in cui è adesso. Oggi, ottenere finanziamenti dalle industrie è come andare a chiedere l'elemosina ai Rom (che probabilmente te la darebbero più facilmente). Ci sono eccezioni, però. L'industria petrolifera è andata molto bene fino ad ora, ma sono poco interessati a finanziare ASPO, per ovvie ragioni. Ci sono poi delle industrie impegnate nel campo dell'energia rinnovabile che sono ancora in espansione e che potrebbero trovare utile il nostro aiuto. Anche loro, tuttavia, di solito ci trovano un po' troppo catastrofisti per i loro gusti.

Si tratta allora di esporre quella faccia più ottimista di ASPO che si occupa di energie rinnovabili e che, per il momento, si esprime nel blog "nuove tecnologie rinnovabili" (NTE). Su questo punto, ho buone speranze di coinvolgere ASPO nella "rivoluzione delle rinnovabili" che è già iniziata in Germania e che sta per iniziare in Italia, alla faccia di tutti i gufi che non hanno niente di meglio da fare che passare il tempo a parlar male delle rinnovabili. Per il momento, rimaniamo su quello che gli americani chiamano "shoestring budget". Ma, del resto, anche Apple ha cominciato in un garage.