Sacchetti “ecologici”: la risposta della Novamont
Ricevo dal dr. Francesco degli Innocenti, della Novamont, una serie di considerazioni sul mio articolo sui sacchetti “biodegradabili”. Sulla base di questi nuovi dati, sono più che contento di poter rettificare alcune mie considerazioni. Va detto che avevo scritto chiaramente che il mio articolo non era diretto contro la Novamont, che mi era parsa fornire informazioni sempre corrette, ma piuttosto contro un uso assai ‘allegro’ dei termini come “ecologico” e “biodegradabile”, per esempio, ma non solo, sui sacchetti del supermercato. Non avevo nessun dubbio, come ho scritto, che il MaterBi fosse stato testato in modo corretto e completo dalla Novamont.
Qui, il Dr. Degli Innocenti mi dice che, in effetti, i sacchetti in MaterBi sono stati testati per la biodegradabilità e non solo per la compostabilità; cosa che non era chiara dai dati disponibili sul sito. Ovviamente, quasi qualunque polimero organico è biodegradabile su tempi lunghi. Il problema è il tempo necessario. Anche il polietilene è biodegradabile al 100% se si aspetta un tempo sufficientemente lungo. Quindi, scrivere sui sacchetti “biodegradabile al 100%” se non del tutto scorretto, è quantomeno fuorviante.
Mi dice anche Degli Innocenti che in alcuni mesi, i sacchetti compostano anche nelle compostiere domestiche; cosa che sembra essere confermata da alcuni commenti che avevo ricevuto dai lettori. Mi conferma che il MaterBi non è completamente a base di materiali biologici, ma mi dice anche che stanno lavorando a eliminarli completamente.
In sostanza, sembra che ci sia più che altro un problema di informazione corretta nei riguardi del consumatore che si trova davanti a termini e sigle che non sono spiegate in nessun posto. Capisco che non tutti si interessano dei dettagli di queste cose, ma se uno volesse approfondirle si trova poi davanti a una totale mancanza di informazione su cosa si intende per “biodegradabile”; qual’è la differenza con “compostabile”; il significato dei vari test, eccetera. Il MaterBi è un materiale molto interessante; è il risultato di molto lavoro e molto studio e può rappresentare un miglioramento notevole nella gestione dei rifiuti domestici. Però va usato correttamente e per questo ci vuole un’informazione corretta.
Quindi, ringrazio il dr. Degli Innocenti per questo suo messaggio che spero possa fare chiarezza sulle reali caratteristiche del polimero MaterBi. Vi passo i suoi commenti. Dice che si iscriverà al blog ed è pronto a rispondere a domande e commenti che i lettori gli vorranno fare.
_____________________________________________________________________________________
Gent.mo Professore,
torno ai discorsi fatti ieri al telefono, entrando nel merito di alcune sua affermazioni.
Uso del termine “sacchi ecologici”
Non credo che sia corretto parlare dei sacchi biodegradabili e compostabili come “sacchi ecologici”. Non mi pare che Novamont lo faccia mai. E’ un’espressione vaga e fuorviante. Ossia non vuol dire niente ma allude a molto.
I sacchi sono biodegradabili e compostabili, secondo uno standard internazionale.
“Biodegradabile al 100%, affermazione probabilmente falsa.”
Il termine “biodegradabile” non vuol dire anch’esso niente, perché anche il polietilene è biodegradabile, solo se si ha la sufficiente pazienza di allestire prove di biodegradazione lunghe e, magari, se è possibile usare del polietilene marcato con 14C per aumentare la sensibilità.
A livello accademico questo è stato fatto, specie da A.C. Albertson, una ricercatrice svedese, negli anni ’90. Risultato: il tasso di biodegradazione è dell’1% annuo…
Quindi, evidentemente, si tratta di una biodegradazione del tutto inutile. Infatti, per poter sfruttare la biodegradabilità per scopi pratici, questa deve avere tassi comparabili ai tassi di produzione dei rifiuti. Ossia, tanti rifiuti si producono, tanto velocemente l’opzione di trattamento prescelta (in questo caso la biodegradazione) deve operare. Altrimenti si ha un accumulo.
Quindi la biodegradazione deve essere veloce per avere un valore sociale, altrimenti è puro esercizio accademico.
A livello europeo lo standard di riferimento che indica le caratteristiche che deve avere un imballaggio per poter essere definito come biodegradabile e compostabile è l’EN 13432. A tal proposito, ricordo che il sacchetto per asporto merci è considerato imballaggio, secondo la normativa europea.
Tra le caratteristiche indicate c’è anche la biodegradazione che, come giustamente dice lei, è misurata con il metodo di laboratorio descritto nello standard ISO 14855 (attenzione la ISO 14855 è solo un metodo, non è una “specification”. I limiti sono indicati nella EN 13432).
Secondo la EN 13432 la biodegradabilità da raggiungere è del 90% in sei mesi. Si misura mediante la determinazione dell’evoluzione del carbonio organico, che poi viene rapportato al valore teorico raggiungibile in caso di totale conversione.
Quindi 90% vuol dire che il 90% del carbonio si è mineralizzato, ossia si è convertito in CO2. Il restante 10% è biomassa più un eventuale errore della misurazione.
Tutti i materiali Mater-Bi sono certificati, ossia sono stati testati da un laboratorio terzo, accreditato, ed i risultati validati da un ente di certificazione terzo.
In genere i nostri materiali sono certificati da Vinçotte (marchio”OK Compost”) e/o da DINCertco (Marchio: “seedling”). Si sta ora affermando in Italia il marchio CIC, rilasciato dal Consorzio Italiano Compostatori.
Tutti questi marchi sono rilasciati ai prodotti conformi allo standard EN 13432.
Quindi, i materiali certificati sono biodegradabili nelle condizioni e nei termini indicati dallo standard EN 13432.
Tutto questo per dirle che il termine “biodegradabile al 100%” è vero, perché utilizzato per indicare che il materiale è totalmente biodegradabile, ossia totalmente convertibile in CO2 .
“adatto per la raccolta dell’umido”. Affermazione probabilmente false.
I sacchi biodegradabili per la raccolta differenziata del rifiuto umido sono usati da molti anni sia in Italia, che in Europa. E’ la maggiore applicazione delle plastiche biodegradabili e compostabili. Le posso fare avere numerosissimi studi, fatti da operatori del settore che testimoniano riguardo alla utilità dei sacchetti compostabili, non appena il collega che si occupa di waste management torna da una trasferta. Quindi la affermazione è vera e può essere circostanziata.
Il Mater-Bi non è sostenibile
Il poliestere usato nel Mater-Bi non è polietilentereftalato, ma un prodotto di policondensazione basato su monomeri derivati da oli vegetali. Il poliestere non è ancora totalmente rinnovabile, perché alcuni monomeri indispensabili alla sua produzione non possono ancora essere prodotti da Novamont a partire da fonte rinnovabile. La Novamont è impegnata nello sviluppo ulteriore della sua bioraffineria in Italia che potrà dare le alternative “bio” nei prossimi anni. In ogni caso, già oggi la sostenibilità ambientale del prodotto è elevata. Studi di Life Cycle Assessment (LCA) hanno dimostrato che l’impatto ambientale del Mater-Bi è migliorativo rispetto a quello del polimero di riferimento, il polietilene. Tuttavia al di là del semplice confronto tra prodotti, il vero “significato” del materiale Mater-Bi si rileva nel momento in cui è possibile “far valere” e sfruttare pienamente la biodegradabilità e le conseguenze di questa caratteristica in una logica di sistema e non solo di prodotto nel contesto della raccolta differenziata. Infatti, laddove il prodotto diventa “strumento” di raccolta differenziata, ossia rende possibile, oppure facilita, il riciclaggio, ebbene in quel caso la sostenibilità del sistema nel suo complesso risulta evidente. Quando parlo di riciclaggio mi riferisco al riciclaggio organico ossia al compostaggio e alla digestione anaerobica seguita da compostaggio. A questo proposito le allego uno studio in cui si evidenzia come la biodegradabilità di stoviglie monouso migliora le performance ambientali del sistema complessivo, permettendo di passare da uno smaltimento convenzionale al riciclaggio organico. L’analisi evidenzia come il salto da smaltimento (ossia discarica e incenerimento), a riciclaggio (ossia compostaggio) permette un miglioramento della sostenibilità complessiva.
Compostaggio industriale e compostaggio domestico
Lo scopo dichiarato dello standard EN 13432 è la compostabilità in impianti di compostaggio industriale. Quindi i materiali conformi alla EN 13432, posseggono caratteristiche di biodegradabilità e disintegrabilità adeguate per un impianto industriale, ma non necessariamente sono compostabili anche in un impianto domestico.
La compostabilità domestica si differenzia dalla compostabilità industriale per due principali ragioni: 1) le temperature raggiunte dal cumulo dei rifiuti nella compostiera domestica sono solitamente poco più alte della temperatura ambiente; nel compostaggio industriale le temperature raggiungono i 50°C - con picchi di 60-70°C - per alcuni mesi); 2) le compostiere domestiche non sono generalmente controllate e le relative condizioni possono non essere sempre ottimali (gli impianti di compostaggio industriale, invece, sono gestiti da personale qualificato e mantenuti in condizioni ottimali di lavorazione).
Non abbiamo esperienza riguardo al comportamento del Mater-bi nel tipo di compostatore che lei cita nell’articolo. Lo stiamo per ordinare per conoscerne le proprietà e le potenzialità. Le prove da noi fatte di home composting sono state fatte nei compostatori da “giardino”, dove il materiale permane per mesi. In quelle condizioni i gradi Mater-Bi certificati come “home compostable”, in quanto biodegradano a temperatura ambiente, sono in effetti spariti. Si trattava però di un periodo di mesi e non di una settimana. Conto di ritornare su questo punto non appena abbiamo fatto una sperimentazione con queste compostiere elettriche.
Detto questo, la raccolta differenziata dell’umido si basa sul conferimento del rifiuto ad impianti industriali dove il Mater-Bi è ben accettato, si composta senza problemi, e non crea quindi problematiche.
Cordiali saluti,
Francesco Degli Innocenti