Sette volte l’Arabia Saudita
Ecco una mappa globale che mostra dove sono i giacimenti petroliferi del mondo. Come vedete, sono concentrati in certe aree specifiche. Non è che fuori da quelle zone non ci sia per niente petrolio, ma ce n'è molto poco. Per esempio, l'Italia ha una piccola quantità di petrolio, ma non abbastanza per essere mostrata sulla mappa.
Il fatto che il petrolio sia concentrato in quelle "chiazze" è dovuto al meccanismo della sua formazione. I giacimenti da cui estraiamo oggi, si sono formati parecchie decine di milioni di anni fa dalla sedimentazione di materiali organici sul fondo marino. Quelle chiazze che vediamo sono antichi fondali marini, prosciugati da milioni di anni. Perché il meccanismo potesse funzionare, bisognava che il mare fosse in condizioni di carenza di ossigeno - dette "anossiche". I periodi di formazione del petrolio non sono stati i più brillanti nella storia del pianeta - dovete pensare a un mare ristagnante e puzzolente di materia organica in parziale decomposizione. Non è detto che il riscaldamento globale in corso non ci possa far ritornare a condizioni del genere in un futuro non troppo remoto. Se succede, potremmo creare petrolio da estrarre per qualche nostro remotissimo discendente.
Le aree delle chiazze viola nella figura non sono proporzionali alla quantità di petrolio che contengono; ma solamente all'estensione dell'area del giacimento. A tutt'oggi, le riserve più importanti rimangono quelle dell'Arabia Saudita. Anche queste non sono infinite e - in ogni caso - già non sono più sufficienti. Secondo un recente rapporto di Richard Jones, IEA Deputy Executive Director, per mantenere le tendenze alla crescita produttiva a cui siamo stati abituati negli ultimi decenni, ci vorrebbero sette nuove Arabie Saudite da qui al 2030.
Niente male come richiesta; e anche piuttosto improbabile che da qui al 2030 appaiano sulla mappa le aree viola corrispondenti.