Verrà la Parusia come Ladro di Notte
"Per quanto, poi, riguarda il tempo e il momento preciso, voi fratelli, non avete bisogno che vi si scriva. Voi stessi, infatti, sapete molto bene che il giorno del Signore arrivera’ come un ladro, di notte. Proprio quando la gente dira’: Pace e sicurezza! improvvisa piombera’ su di essi la rovina allo stesso modo che arrivano alla donna incinta i dolori del parto. E non ci sara’ scampo. "
(Paolo di Tarso, prima lettera ai Tessalonicesi.)
(Paolo di Tarso, prima lettera ai Tessalonicesi.)
Se ti occupi di esaurimento delle risorse, ti accorgi spesso che la gente ti guarda strano. E' un po' come se fossi uno dei primi cristiani che si aspettavano la Parusia arrivare "come ladro di notte" in qualsiasi momento. La gente, apparentemente, si aspetta che tu sia triste e terrorizzato tutto il tempo in attesa della catastrofe imminente.
Credo che non ci sia bisogno di dire che chi si preoccupa dell'esaurimento delle risorse non passa il suo tempo seduto immobile a guardare l'intonaco del muro. Ma ci deve essere qualche ragione psicologica profonda che rende la possibilità di una catastrofe qualcosa ri reale per qualcuno di noi, mentre la rende qualcosa di impensabile per altri. In questo post, cerco di esaminare un po' la questione.
Negli anni '80, lavoravo all'università di Berkeley. Molti dei miei colleghi abitavano sulle colline a Sud-Est della città. Ci sono stato molte volte: era una zona residenziale tranquilla, molto tipica della California con le sue casettine; quasi tutte con la bandiera americana sul balcone. Una delle cose che notate quando vivete nella "East Bay" di San Francisco è come il clima cambi rapidamente appena ci si muove verso l'interno. Berkeley è una città spesso nebbiosa e umida, ma basta fare qualche chilometro a est e vi trovate immediatamente in una zona molto secca. Si sa che quelle zone sono soggette a periodici incendi - e le case sulla collina erano tutte di legno.
Negli anni '80, lavoravo all'università di Berkeley. Molti dei miei colleghi abitavano sulle colline a Sud-Est della città. Ci sono stato molte volte: era una zona residenziale tranquilla, molto tipica della California con le sue casettine; quasi tutte con la bandiera americana sul balcone. Una delle cose che notate quando vivete nella "East Bay" di San Francisco è come il clima cambi rapidamente appena ci si muove verso l'interno. Berkeley è una città spesso nebbiosa e umida, ma basta fare qualche chilometro a est e vi trovate immediatamente in una zona molto secca. Si sa che quelle zone sono soggette a periodici incendi - e le case sulla collina erano tutte di legno.
Nell'estate del 1991 mi ricordo che ero a Berkeley; a cena da un collega sulla collina. Mi ricordo anche di aver notato erba secca a perdita d'occhio nella zona. Non mi venne in mente, e probabilmente nemmeno al mio collega, che quell'erba secca poteva essere un rischio. Pochi mesi dopo, quella casa non esisteva più.
L'incendio di Berkeley dell'Ottobre del 1991 ha avuto un'intensità tale da essere definito "firestorm"; tempesta di fuoco. Un totale di oltre 3000 case e più di 400 appartamenti sono finiti in cenere in pochi giorni. Mi ricordo che in quei giorni la notizia dell'incendio passò brevemente anche sui telegiornali italiani. Scrissi al mio collega per sentire se stava bene. Mi rispose che stava bene - si - ma la casa era bruciata fino alle fondamenta. Lui è sua moglie erano riusciti a scappare all'ultimo momento; salvando la pelle e la macchina, ma niente altro. Altre persone che abitavano nella zona mi hanno raccontato storie simili. Il fuoco è divampato con un'intensità tale che non c'è stato nulla da fare. Sono potuti solo scappare, alle volte ancora in ciabatte, senza poter salvare quasi niente. Le foto della zona ricordavano i bombardamenti di Tokyo nella seconda guerra mondiale: rovine tutte uguali con solo qualche caminetto ancora in piedi.
Nel 1996, sono tornato a Berkeley. C'erano ancora case distrutte, ma la maggior parte era stata ricostruita. Il mio collega mi ha invitato a cena nella sua nuova casa e abbiamo parlato a lungo di quello che era successo. Alle volte, la catastrofe ti colpisce "come ladro di notte", come la parusia di cui parla san Paolo. Non te lo aspetti: vivi la tua vita tranquilla di pendolare; vai a lavorare tutte le mattine, torni a casa, accendi la televisione. Tutto questo va avanti tutti i giorni, per anni. E poi, all'improvviso, tutto questo sparisce in una vampata: la tua casa, i tuoi mobili, i tuoi vestiti, i tuoi ricordi: le foto di una vita che tenevi in un cassetto. Ti ritrovi in ciabatte in un centro di accoglienza del governo, senza nemmeno più la tua carta di identità per dimostrare chi sei. La sensazione, mi diceva il mio collega, era di irrealtà, di sgomento, di assoluta incredulità. La sensazione, mi diceva, è che tutto fosse un sogno, che non fosse vero.
Eppure, nell'incubo c'era una certezza. Quasi tutti a Berkeley avevano un'assicurazione contro l'incendio. Il mio collega ce l'aveva e con quella aveva potuto ricostruirsi una casa nuova, anche più bella di quella di prima. Gli dispiaceva aver perso tutte le foto della sua vita prima dell'incendio ma, a parte quello, il ricominciare da capo non era stato tanto traumatico.
Di quelli che conoscevo a Berkeley e che hanno avuto la casa bruciata, nessuno era senza assicurazione. Ma non tutti l'avevano: non era obbligatoria. In un documentario sull'incendio, ho visto qualcuno di loro intervistato in TV. Impietosamente, l'intervistatore gli chiedeva come si sentiva. Non mi ricordo cosa avesse risposto, ma mi ricordo l'espressione; qualcosa come quella di un cervo fermo in mezzo alla strada, abbagliato dalla luce dei fari.
Ho cercato su internet se c'è qualche studio che ci dia il profilo psicologico di quelli che non assicurano la propria casa di legno contro gli incendi. Non ho trovato niente di specifico. Mi posso immaginare, però, cosa mi avrebbe risposto uno dei non assicurati di Berkeley se gli avessi fatto notare il rischio prima del grande incendio. Immagino che mi avrebbe risposto con lo stesso astio aggressivo che trovo spesso quando si comincia a parlare di esaurimento delle risorse e di cose del genere. Se avessi insistito, mi avrebbe mandato a quel paese, io e le mie "teorie catastrofiste". Probabilmente mi avrebbe anche fatto notare come deve essere infelice la vita di uno che passa il suo tempo a preoccuparsi.
Beh, la testa di certa gente deve funzionare in modo un po' particolare. L'unica cosa che posso dire è che, se vivete in un area a rischio di incendi, non è catastrofismo fare una buona assicurazione sulla casa - soprattutto se è di legno. E se vivete in un pianeta che ha risorse minerarie limitate, non è una cattiva idea pensare a come gestirsi il loro esaurimento prima che sia del tutto evidente.
Nota: il titolo di questo post è ispirato anche al romanzo di Mauro Miglieruolo "Come Ladro di Notte", apparso su "Galassia" nel 1972