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Siamo tutti minatori

6 luglio 2009 0 commenti

You load sixteen tons, and what do you get?
Another day older and deeper in debt.
Saint Peter, don't you call me, 'cause I can't go;
I owe my soul to the company store...

Carichi sedici tonnellate, e cosa ottieni?

Sei più vecchio di un altro giorno, e più in debito di prima
San Pietro, non chiamarmi, perché non posso andare
La mia anima, la devo al negozio della compagnia.

Merle Travis, 1946 (1956 version di Ernie Ford)


La canzone di Merle Travis descrive la storia del minatore che con il suo salario non riesce a far pari con quello che deve spendere al negozio di proprietà della compagnia che lo paga.

In questo post vorrei esaminare una questione: non siamo per caso tutti nella stessa situazione del minatore della canzone? Ovvero, il mercato del petrolio nel mondo non potrebbe giocare il ruolo del "company store", dove ci fanno pagare un prezzo tale che finiamo per esserne indebitati e diventare schiavi?

La questione ha a che fare col concetto di monopolio, ovvero quando il mercato di un certo bene è in mano a un solo produttore. Questa è una cosa che si studia in economia dove si conclude che un mercato basato sul monopolio è "imperfetto" in confronto con quello libero (che invece è perfetto, o dovrebbe esserlo). Questo perché la produzione in regime di monopolio si stabilizza su valori più bassi, e i prezzi su valori più alti, di quelli che ci sarebbero in un libero mercato. Così, il produttore stesso perde un mercato potenziale: quello dei consumatori che non si possono permettere il bene a quei prezzi.

Secondo la teoria economica, i monopoli non dovrebbero esistere, però, ovviamente, esistono, eccome! Fra i tanti esempi, mi viene in mente quello delle macchinette distributrici agli aeroporti. Se volete una bottiglietta d'acqua da 250 cc da una di queste macchinette, la dovete pagare uno sproposito (l'ultima volta, l'ho vista a 1 euro e mezzo). Questo è l'effetto del monopolio che qui gioca sul concetto di "captive market", ovvero mercato prigioniero. Per la verità, quando sei in un aeroporto, non è il mercato a essere prigioniero: sei tu il prigionero. Siccome non puoi uscire, se hai sete ti tocca pagare. Notate che se non sei proprio assetato come se ti fossi fatto il deserto del Kalahari a piedi, probabilmente rinunci a bere: è questa l'inefficienza che viene fuori dai modelli economici. Il gestore delle macchinette perde una certa frazione di mercato: quelli che non sono tanto assetati da ridursi a pagare quel prezzo esoso.

La situazione si ripresenta in luoghi turistici, dove il povero turista si trova a dover pagare la bottiglia d'acqua a prezzi esosi, anche se inferiori a quelli delle macchinette dell'aeroporto. Qui, non è che il turista non possa scappare, ma comunque è costretto dalla mancanza di tempo a gravitare in aree limitate, dove viene efficacemente spennato. Da notare che i negozianti delle aree turistiche sono indipendenti l'uno dall'altro ma in qualche modo si trovano d'accordo a non far partire il meccanismo della concorrenza che abbasserebbe i prezzi della merce. Gli oligopoli sono molto comuni e funzionano anche senza bisogno di strutture formali di gestione.

Ora, dal punto di vista dei modelli economici, tutto il problema del monopolio o oligopolio si risolve nel fatto che il mercato non è ottimizzato. Ma l'analisi economica non ci dice niente di cosa succede quando il monopolista ha in mano un bene vitale, dal quale dipende la sopravvivenza del consumatore. In questo caso si instaura il meccanismo micidiale del "company store" che ti rende schiavo (*).

E' il caso dell'acqua. Ovviamente, non risulta che in un aeroporto nessuno sia mai morto di sete per non potersi permettere la bottiglia delle macchinette. Ma chi controlla l'acqua in un paese arido ha un potere immenso. Non per nulla, il sacro Corano ordina esplicitamente ai proprietari dei pozzi di dare accesso all'acqua a tutti dopo che hanno soddisfatto le loro necessità. Non ci vuole niente di meno di un comandamento divino per impedire a chi possiede l'acqua di tiranneggiare a piacimento chi non la possiede.

La domanda è se chi possiede il petrolio (che non è menzionato nel Corano) può utilizzare lo stesso meccanismo. Ovvero, fartelo pagare talmente caro che alla fine ti trovi in una spirale di debito tale che non ne esci più fuori e diventi suo schiavo.

Sembrerebbe di si. Per noi il petrolio è altrettanto vitale dell'acqua e esiste addirittura una struttura formale (un "cartello") destinata a controllare il mercato (l'OPEC). Per la verità, l'OPEC non è stata molto efficace fino ad oggi: finchè la risorsa petrolio è stata abbondante, il meccanismo dell'oligopolio non è mai veramente scattato. Ma, non appena la produzione mondiale ha dato segni di scarsità abbiamo visto i prezzi impennarsi e iniziare un periodo di arricchimento dei produttori e impoverimento dei consumatori. Negli anni '70, in una situazione molto simile, si accusavano gli arabi di avere i WC d'oro nei loro gabinetti. Era una leggenda, ma rendeva bene l'idea il potere dell'oligopolio petrolifero sui chi il petrolio non lo aveva.

Nell'ultima crisi, il prezzo del petrolio è salito finché il mondo industriale è riuscito a permettersi di pagare. (immaginiamo un turista assetato che non ha altra scelta che comprare l'acqua - a qualsiasi prezzo - dal baracchino di fronte al museo). Raggiunto il punto limite, l'economia è crollata (il turista ha finito le monetine ed è svenuto per la sete). Adesso, i prezzi petroliferi si sono abbassati (il gestore del baracchino non vuole che il turista muoia e gli butta un po' d'acqua in faccia). Ma non vi aspettate che qualcuno ci faccia dei regali. Il petrolio tenderà sempre a costare il massimo che possiamo permetterci di pagare.

Questo ci renderà schiavi dei produttori? Tendenzialmente si. E non serve mettersi a urlare, "invadiamoli per prenderci il petrolio", come andava di moda solo qualche anno fa. In effetti, un buon numero di allocchi aveva creduto davvero che invadere l'Iraq servisse ad abbassare il prezzo del petrolio. E' successo esattamente il contrario. Era ovvio e bastava ricordarsi la legge fondamentale dell'economia che dice "nessuno ti regala niente" (in Inglese, "there is no such thing as a free lunch").

Chiunque controlli una risorsa vitale che esiste in quantità limitate è sempre tentato di usarla per aumentare il suo potere. Questo vale per l'acqua, il petrolio, l'uranio e tante altre cose. La tendenza durerà finché non ci decideremo a passare a sorgenti di energia rinnovabile. Il monopolio del sole, per fortuna, non ce l'ha nessuno.


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(*) nota. Rimane da domandarsi come mai , se il libero mercato è la condizione migliore, i monopoli e gli oligopoli si instaurano così facilmente e così di frequente. La ragione sta nel fatto che i mercati non sono mai ottimizzati per il bene di tutti; ovvero non c'è la famosa mano invisibile di cui parlava Adam Smith. Sono piuttosto soggetti al meccanismo detto "del bandito" secondo Mancur Olson.

Questa idea è basata sulla teoria dei giochi piuttosto che sulle astratte regole dei modelli economici. Nella teoria dei giochi, ogni giocatore cerca di ottimizzare le sue scelte per il proprio profitto. Non è affatto detto che questo porti ad ottimizzare il gioco per il bene di tutti (appunto, non c'è la mano invisibile). In effetti, secondo Olson, il mondo reale tende a generare banditi che sfruttano i mercati per il loro profitto. Forse non ci voleva uno scienziato per dirci una cosa del genere, dato che la vediamo tutti i giorni. Ma comunque va il merito a Olson di averla formalizzata.

Fra le altre cose, Olson distingue fra "il bandito scorrazzante" (roving bandit) e il "bandito stazionario" (stationary bandit). Il primo, il bandito scorrazzante, è un predatore che ha interesse a depredare le sue vittime senza curarsi della loro sopravvivenza. Il secondo ha interesse a depredarle soltanto quel tanto che basta perché sopravvivano e possano essere depredate di nuovo. Il bandito stazionario può essere anche definito come un "bandito perfetto" con un termine usato per la prima volta da Carlo Maria Cipolla nel suo "Le leggi fondamentali della stupidità umana"

Il bandito perfetto, secondo Cipolla è uno il cui guadagno risultante dal furto è pari alla perdita del derubato. Nel senso di Olson, il bandito perfetto è quello che ti ruba esattamente tutto quello che hai di superfluo, senza farti ulteriori danni. In altre parole, il bandito perfetto ti costringe alla sobrietà perfetta. Come è ovvio, i banditi reali, stazionari o scorrazzanti, sono spesso tutt'altro che perfetti. L'imperfezione può consistere nel lasciarti qualcosa in più oppure, più comunemente, nel toglierti anche cose essenziali. In più, il bandito imperfetto ti può torturare, dar fuoco alla tua casa, violentare la moglie, e tutte le altre cosette che sono tradizionali in queste situazioni.

In sostanza, il monopolio è uno stato naturale delle cose in economia, mentre il "libero mercato" è una bella cosa verso cui tendere, ma che è molto difficile da raggiungere e mantenere. Ne conseguono un certo numero di cose molto spiacevoli, tipo la storia del minatore della canzone. Ma è cosa molto generale che il monopolio di certe cose, per esempio delle armi, porta alla schiavitù di chi viene monopolizzato.

Per esempio, nella storia umana, i contadini sono sempre stati rapinati di tutto dai loro signori, monopolisti della forza militare. Erano banditi non sempre perfetti, ma avevano interesse a lasciare ai contadini soltanto il minimo necessario per la loro sopravvivenza, tutto il resto se lo incameravano senza complimenti. Vi ricordate, forse, del film "I sette samurai" di Akira Kurosawa. Si raccontava di come i contadini di un villaggio avessero ingaggiato dei samurai (più esattamente "ronin", guerrieri senza padrone) per difenderli da un gruppo di banditi che li stavano depredando. Nel film, I ronin difendono il villaggio, ma che differenza c'è fra loro e i banditi? Alla fine dei conti, la condizione tipica della maggior parte della storia dell'umanità è stata definita come "peasants ruled by brigands" (contadini dominati da briganti). Tutto quello che è, deve avere una ragione di essere.