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Se non c’è Baresi, Costacurta non sa giocare: ovvero, il riscaldamento globale visto come una partita di calcio

26 settembre 2009 0 commenti

Questo quadro di Guttuso rende bene l'idea dell'atmosfera di quello che poteva essere un bar o una casa del popolo in Toscana all'epoca in cui la briscola regnava sovrana (in effetti, dal numero di carte questi sembrano piuttosto giocare a scopone). Manca il sonoro, incluso il turpiloquio, per il quale vi potete fare un'idea vedendo il film di Roberto Benigni "Berlinguer ti voglio bene"



Poco tempo fa, fermatomi per un caffé in un circolo ARCI di Firenze, mi sono imbattuto in una visione di altri tempi: almeno trenta pensionati in una saletta laterale, impegnati a giocare a carte. Mi è parsa una visione equivalente a quella di ritrovare i dinosauri vivi e vegeti in un'isola remota, come in Jurassic Park.

Nella mia gioventù, a partire dagli anni '60, gli spazi di interazione sociale erano più che altro nelle case del popolo, nei più rari circoli cattolici, e nei bar all'angolo. All'epoca, per un maschio in via di maturazione, inserirsi in questo mondo era una piccola iniziazione non enormemente diversa, immagino, dai vari riti di passaggio in uso nelle varie tribù indiane di una volta. Fra gli indiani, (come si legge in Tex Willer) immagino che si dovesse imparare a cacciare il bisonte, a fumare il calumet e a parlare con cognizione di causa di Manitù o forse della manifattura delle punte di freccia. Nei circoli ARCI dovevi imparare a giocare a carte e a parlare di sport, soprattutto di calcio; il tutto possibilmente condito con adeguate forme di parolacce in dialetto toscano.

Devo dire onestamente che, come giovane iniziato alla casa del popolo sono sempre stato pessimo. Traslato nei termini di una tribù indiana (col dizionario di Tex Willer), penso che mi avrebbero dato il nome di Attah-Katah-Altram ovvero, "quello-che-tossisce-perché-ha-fumato-il-calumet-e-fa-scappare-il-bisonte." Questo non era dovuto alla briscola, dove mi difendevo più che bene, ma piuttosto nella mia incapacità quasi totale di argomentare di calcio (o di sport, in generale).

Mi dispiace dover dire che la logica dell'argomentazione calcistica è sempre stata al di sopra delle mie capacità di comprensione. In disperazione, ho tentato varie tattiche, fra le quali spacciarmi per tifoso di squadre poco conosciute, tipo l'Atalanta. Questo, curiosamente, sembrava darmi quasi un certo prestigio - un po' come i pesci studiati da Konrad Lorenz che riuscivano a conquistarsi un piccolo territorio in un angolo dell'acquario. Ma questo modesto guadagno territoriale spariva rapidamente quando qualcuno andava a scoprirmi le carte chiedendomi, per esempio "ma chi hanno come centravanti?" Mi sembrava di essere una spia straniera che cerca di infiltrarsi nel comando nemico, ma il suo accento lo tradisce.

Anni fa, mi ricordo di essere rimasto assolutamente spiazzato di fronte a uno che si è espresso pubblicamente in totale convinzione dicendo che "Se non c'è Baresi, Costacurta non sa giocare". Mi ha fatto l'effetto di un piccolo satori zen che ti arriva dopo la contemplazione di un koan misterioso, tipo quello dell'oca chiusa in una bottiglia. Quale misteriosa creatura poteva essere questo Costacurta che si cimentava sui campi di serie A (presumo) senza saper giocare? Mi è venuta in mente la scena di questi due sul campo, con quello chiamato Baresi che continua a ripetere a quell'altro, chiamato Costacurta, "Imbecille! Quante volte ti devo ripetere che devi prendere a calci quell'affare tondo!"

Ma non c'è niente da fare: in tutte le società umane ci sono delle regole che devi seguire se vuoi mostrare la tua appartenenza al gruppo e, se sei un maschio, la tua virilità. Se fra gli indiani bisognava saper cacciare il bisonte (sempre secondo Tex Willer), nella società Italiana della seconda metà del ventesimo secolo, queste regole implicavano la capacità di argomentare in modo convinto, e possibilmente condito con adeguate parolacce, sulla bontà delle scelte di questo o quell'allenatore e sulla disposizione di certi giocatori in forma di mediani, terzini, centrocampisti o che diavolo altro.

Non è cosa facile. Provatevi ad argomentare in modo convincente (con o senza parolacce) l'affermazione "Se non c'è Baresi, Costacurta non sa giocare". Affermazione probabilmente falsa, quasi certamente indimostrabile, da intendersi forse come un'iperbole. La darei come affine ai paradossi di Zenone, ma credo anche che Protagora e la sua scuola dei sofisti l'avrebbero inclusa nella scienza dell'eristica, ovvero l'abilità di sostenere comtemporaneamente due argomenti contraddittori (tipo: "Costacurta è un giocatore di calcio e allo stesso tempo non è un giocatore di calcio; perché non sa giocare. Allora, chi è Baresi?").

Il problema stava nella mia provenienza da un'educazione scientifica, che già cominciavo a seguire negli anni del liceo. Se avessi voluto esprimere certi concetti secondo le regole della discussione scientifica, avrei dovuto dire qualcosa come "Secondo alcuni autori (Maranz, 1987, Hydraulics 1992) la misura delle prestazioni del giocatore Costacurta mostra un coefficiente di correlazione significativo con la presenza in campo del giocatore Baresi. Tale correlazione è negata da Lopo e Ciaramella (1994), ma può essere attribuita a effetti semantici legati all'interazione verbale, come discusso per esempio da Pippolillo (1993)". Capirete che la cosa non poteva funzionare.

Gli anni sono passati; i giocatori di briscola sono praticamente spariti dai circoli ARCI, spazzati via come i dinosauri da un asteroide chiamato TV. Lo scambio sociale si fa più che altro via internet, ma certe cose non sono tanto cambiate. Lo stile della discussione calcistica rimane in trasmissioni come "Il processo" (che, giuro, non ho mai visto, ma ne ho sentito parlare). Non credo che Aldo Biscardi (la cui biografia ho letto su Wikipedia) regga il confronto con Protagora, ma una certa capacità di confondere l'avversario nell'arte della retorica indubbiamente ce la deve avere. Forse dall'esistenza stessa di Aldo Biscardi possiamo comunque arrivare alla stessa conclusione che i sofisti propugnavano, ovvero la sostanziale inconoscibilità dell'universo.

Rimane il problema della incomunicabilità fra i due mondi, quello calcistico e quello scientifico. Questo pone qualche problema quando si parla di cose importanti, tipo il riscaldamento globale, dove l'uso delle forme retoriche calcistiche (turpiloquio incluso) non porta ad arrivare a una buona comunicazione. Potete trovare, qui un esempio dell'uso del turpiloquio come arma retorica.

Ma il vero problema del dibattito sul riscaldamento globale non è quello del turpiloquio. E' proprio il concetto di base del dibattito calcistico da circolo ARCI (o alla Biscardi se preferite). L'idea è che chiunque può prendere posizione e argomentare su un argomento di cui è totalmente incompetente, posto che sia sufficientemente aggressivo e abile nel confondere le acque nel dibattito. Per un buon esempio di questo squallido dibattito sul clima potete cliccare qui.

Questo è male perché, appunto, dei totali incompetenti di clima si sentono in diritto di dire la loro come se fossero al "Processo" di Biscardi. Se si parla di calcio, niente di male; dopo ognuno torna a casa un po' intontito, ma senza danni. Ma se si parla di qualcosa che può fare dei grossi danni, come il riscaldamento globale, allora si perdono tempo e energie preziose che invece dovremmo utilizzare per cercare dei rimedi. Nessuno vorrebbe volare su un aereo progettato secondo le indicazioni di quelli che partecipano al processo di Biscardi. Anzi, se costoro pretendessero di metter bocca sul calcolo delle portanze alari o dei materiali per le turbine, non solo nessuno gli darebbe retta, ma tutti gli darebbero di pazzi furiosi, come minimo. Invece, quando si parla di riscaldamento globale, curiosamente, in nome della democrazia e della libertà di espressione si ritiene che si debbano pazientemente ascoltare anche gli incompetenti più totali che, tuttavia, pretendono di aver ragione. Il risultato è un dibattito calcistico stile "bar sport", solo che ci può fare dei danni immensi.

Certe volte, in effetti, ti verrebbe la voglia di lasciar perdere e farti una bella partita di briscola con gli amici come ai bei tempi.