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Povero Galileo!

31 ottobre 2009 0 commenti

di Domenico Coiante

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In questo post, Domenico Coiante ci racconta la vicenda della sua partecipazione al Convegno dell’”Associazione Galileo 2001”. Ci spiega come si possa dir male delle energie rinnovabili sulla base di dati parziali e in completi in un convegno che, viceversa, era ispirato all’imparzialità del metodo scientifico che proprio Galileo Galilei ci ha insegnato.

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Nei giorni 13 e 14 ottobre scorsi si è tenuto presso la sala dei Congressi della Sede Centrale del CNR a Roma il Convegno “Clima, Energia, Società”, indetto dall’associazione “Galileo 2001″. Si è trattato di una riunione di livello notevole, che ha visto in apertura gli interventi di numerose personalità come il Sindaco di Roma, il Commissario dell’ENEA, i Presidenti del CNR, dell’INFN, dell’Accademia delle Scienze, della Società Italiana di Fisica, della Commissione Energia della Società Italiana di Chimica, della Società Italiana di Geologia e della Società Italiana di Ecologia.

Oltre ai numerosi relatori tecnici (23), hanno partecipato alla Tavola Rotonda finale 8 giornalisti scientifici delle principali testate italiane e il dott. Chicco Testa, ex presidente dell’ENEL e attuale presidente di una Società di Fonti Rinnovabili, a suo dire antinuclearista pentito.

La prima giornata è stata tutta dedicata alle tematiche ambientali e la seconda ai problemi dell’energia. Su invito del Presidente di Galileo 2001, ho presentato nella mattinata del 14 una memoria dal titolo: “Le fonti rinnovabili e le loro problematiche”.  Si è trattato dell’unico lavoro riguardante le fonti rinnovabili presente al Convegno e mi è stato fatto notare che era la prima volta che questo argomento compariva nelle attività dell’Associazione Galileo 2001. Per l’esposizione orale mi sono stati concessi 20 minuti, permettendomi di andare oltre il quarto d’ora assegnato alle altre memorie.

Per capire il clima del convegno, conviene riassumere sinteticamente il suo svolgimento. Per quanto riguarda la sezione ambientale della prima giornata, ho potuto ascoltare alcuni interventi molto interessanti, tra cui quello del prof. Canuto della NASA, che ponevano l’accento sulla esistenza della crisi climatica, sulla sua accelerazione e sulle sue cause antropogeniche, mostrando numerosi dati a sostegno di queste tesi.

Ho potuto altresì ascoltare qualche intervento che, pur ammettendo la realtà dei dati, non attribuiva ad essi una particolare pericolosità in quanto i valori misurati rientrano nella normale dinamica climatica della Terra, qualora si osservi i fenomeni in una scala temporale estesa a tutte le precedenti ere geologiche.

Gl’interventi del primo tipo hanno sostenuto che occorre agire al più presto con misure di mitigazione della crisi, affrontando i conseguenti grandi costi. Quelli del secondo tipo, invece, sostengono che il quadro dei dati non è ancora molto certo e che occorre effettuare ulteriori studi e ricerche prima di agire politicamente. In altri termini, i primi ritengono buoni i dati dell’IPCC, mentre i secondi criticano aspramente questo organismo, definito troppo politicizzato, e ne mettono in dubbio la validità dei dati e delle conclusioni.

Ne segue, come ha affermato il Senatore Guido Possa, che l’Italia ha sbagliato completamente ad aderire a Kyoto e a farsi imporre il successivo diktat della UE del Climate Package 20-20-20. Tuttavia, essendo ormai dentro, deve fare il possibile per non farsi imporre ulteriori gabelle nella prossima riunione di Copenaghen.

Corrado Clini, direttore generale del Ministero Ambiente, ha illustrato la linea governativa con la quale l’Italia si accinge a partecipare a questa riunione. Riassumendo per sommi capi il suo intervento di carattere molto diplomatico, si può dire che la nostra partecipazione è tutta una sofferenza. Purtroppo il G8 dell’Aquila ha fatto un ulteriore rilancio della questione e noi dobbiamo “abbozzare”. Ma cercheremo di resistere facendo presente che a noi non devono dare le sanzioni se la nostra industria non rispetta le quote di emissione perché siamo uno dei paesi più virtuosi del mondo nell’uso efficiente dell’energia. Invece la Cina, l’India e il Brasile…….

La mia impressione alla fine della giornata è stata di estrema perplessità. Ho assistito all’ennesima manifestazione del vittimismo nazionale. L’UE ci ha imposto prima Kyoto e poi il Pacchetto e l’Italia non ce la fa a rispettare gli obiettivi, né dell’uno, né dell’altro. E’ una persecuzione contro le nostre industrie manifatturiere e il made in Italy, perché il nostro tessuto produttivo è specifico: non è come quello degli altri paesi dell’UE. Occorre far valere la nostra specificità ed ottenere un occhio di riguardo rispetto ai mancati obiettivi. Insomma, siamo sempre i meglio fichi del bigoncio!

Allora io mi chiedo: – Ma perché, dopo firmato Kyoto, non abbiamo fatto come gli altri paesi europei, che si sono subito messi d’impegno a modificare i comportamenti energetici per rispettare gli obblighi assunti? Pensavamo forse che si trattasse di un gioco? E adesso, invece di piangere tanto, perché non ci rimbocchiamo le maniche e cominciamo a “fare” quel che si deve per recuperare il tempo perso rispetto agli obiettivi?

A questi interrogativi, nella seconda giornata del Convegno, è stata data una risposta: occorre ritornare al nucleare. Non c’è altro modo. Si, è vero, ci sono anche le fonti rinnovabili, ma il loro contributo potrà essere solo marginale, perché le loro tecnologie sono molto costose, la loro produzione è intermittente e gl’impianti occupano grandi estensioni di terreno, che l’Italia non si può permettere.

Ecco, ad esempio, come l’Ing. Ugo Spezia, segretario dell’Associazione Italiana Nucleare, riassume in una tabella, presentata al Convegno, il succo del discorso.

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Si nota subito il valore altissimo del fattore di carico del nucleare e quello basso dell’eolico e bassissimo del fotovoltaico. A questi bassi valori corrispondono ovviamente costi del kWh alti, astronomici per il fotovoltaico. La nota in calce sottolinea gli effetti disastrosi dell’intermittenza.

Alla mia richiesta di conoscere la fonte dei dati del fattore di carico, ottenevo una risposta articolata: per il nucleare il fattore risultava dai dati di esercizio, per l’eolico ed il fotovoltaico era stato ricavato dai dati di produzione annuale del GSE ed infine per il solare termodinamico faceva testo il dato fornito da Rubbia dell’impianto Archimede.

Ho fatto rilevare che non era affatto corretto ricavare il fattore di carico dai dati del GSE perché si trattava di dati non coerenti perché la potenza installata varia nel corso dell’anno con un tasso addirittura esponenziale ed il semplice rapporto tra la produzione energetica totale e la potenza installata a fine anno porta ad un errore sistematico per difetto del fattore di carico. Purtroppo, la risposta è stata che quelli erano i fatti d’esercizio, ufficializzati dal GSE e, pertanto, quelli erano i fattori di carico da prendere in considerazione. Scaduto il tempo a disposizione per la discussione, non ho potuto spiegare meglio la questione. Immagino che nell’uditorio sia rimasta l’impressione della scarsità produttiva delle rinnovabili e dell’alto costo del kWh prodotto, soprattutto se paragonato ai 4 centesimi del nucleare. A questo proposito occorre dire che l’ammortamento dell’investimento è stato considerato su una vita operativa della centrale di ben 60 anni! A parte qualche riserva, sollevata dal sottoscritto, tutti hanno accettato questo dato come veritiero. Quindi, il fotovoltaico produce solo per 700 ore l’anno contro 7900 del nucleare e il costo del kWh è di 85 centesimi contro soltanto 4.

Sempre nella presentazione dell’ing. Spezia, un altro dato brilla per la sua tendenziosità e sempre a carico del fotovoltaico: le emissioni specifiche di CO2 equivalente. Da un grafico presentato come da fonte IEA 2002 (come se non esistessero dati più recenti) risulta una quantità di emissioni sull’intero ciclo pari a 280 grammi per kWh da parte del fotovoltaico contro 21 grammi del nucleare.

Se fossero veri questi numeri, il fotovoltaico genererebbe circa metà dei gas serra rispetto alle centrali a gas. Come sappiamo dai rigorosi studi fatti da Alsema ed altri, la situazione reale è ben diversa: fotovoltaico = 41 grammi e nucleare 21 e per giunta i 41 grammi si riferiscono alla tecnologia al silicio monocristallino, mentre il policristallino registra soltanto 31 grammi. Per non parlare poi dei film sottili.

Nei giorni successivi ho preparato una nota che ho inviato all’ing. Spezia. In essa ho cercato di portare i seguenti argomenti a sostegno delle mie osservazioni circa la non correttezza dei dati relativi soprattutto al fotovoltaico (ma anche all’eolico).

1 – Dati del GSE sulla potenza fotovoltaica e sull’energia annuale prodotta

Il GSE registra la potenza cumulativa installata a fine anno e l’energia elettrica prodotta annualmente dall’insieme degli impianti fotovoltaici. Se il sistema fosse in condizioni statiche almeno da un anno, allora sarebbe corretto ricavare il fattore di carico dal rapporto fra la produzione elettrica e la potenza installata. Ma nel nostro caso il sistema è ben lontano dalla staticità. Infatti la potenza fotovoltaica installata registra un aumento esponenziale con un tasso annuale superiore al 100%. Ciò significa che la potenza installata a fine anno contiene una parte notevole (con il tasso attuale circa la metà) di potenza che ha potuto funzionare soltanto per una frazione di anno. Pertanto, il fattore di carico, ottenuto facendo semplicemente il rapporto fra energia annuale prodotta e potenza installata, risulta sistematicamente errato per difetto.
Ciò spiega il valore così basso del fattore di carico degli impianti fotovoltaici ricavato dai dati del GSE. Per inciso lo stesso errore è presente anche per l’eolico, anche se in misura minore dato il minore tasso di crescita della potenza installata (circa il 40% all’anno).

2 – Calcolo del fattore di carico per i sistemi fotovoltaici

Dalla mappa dell’insolazione pubblicata dalla UE risulta che l’Italia centrale e meridionale riceve una quantità di radiazione solare annuale su un piano esposto a sud e inclinato secondo la latitudine locale pari a 1600 kWh/m2 al centro e 1900 kWh/m2 al sud e nelle isole. Si tratta di dati sperimentali, ricavati da osservazioni di durata decennale.vL’efficienza di conversione attuale dei moduli fotovoltaici in commercio va da circa il 12% al 19% (dati facilmente ricavabili dai listini di vendita). Assumendo un valore medio pari al 15%, otteniamo che 1 mq di moduli PV produce annualmente 240 kWh/m2 al centro e 285 kWh/m2 al sud e nelle isole. La densità di potenza della radiazione solare al picco meridiano risulta pari a circa 1 kW/m2 nelle condizioni di giornate serene e secche sia al centro che al sud. Quindi ciascun mq di modulo fotovoltaico genera una potenza di picco pari a 0,15 kW al centro e al sud e nelle isole.
Pertanto il fattore di carico del solo generatore PV risulta pari rispettivamente  a 1600 ore equivalenti al centro Italia e 1900 ore equivalenti al sud e nelle isole, cioè 18% e 21%.

Naturalmente occorre tenere conto della riduzione di efficienza operata dall’inverter di connessione alla rete, che ammonta a circa il 90-95%, diciamo pure 90%. In definitiva il fattore di carico dell’intero impianto PV può essere stimato conservativamente in 1440 – 1710 ore equivalenti, cioè 16 – 19% al centro e al sud e nelle isole (contro l’8% indicato). Nella mia attività lavorativa mi sono trovato a monitorare per oltre 10 anni il funzionamento di numerosi impianti PV per una potenza di qualche MW. I valori del fattore di carico riscontrati in pratica rientravano tutti nell’intervallo sopra indicato.

3 – Costo del kWh

Naturalmente con i valori del fattore di carico sopra ricavati il costo del kWh si aggira fra i 30 ed i 35 centesimi di euro, contro 85 indicati al Convegno Galileo 2001. A questo proposito occorre notare che le incentivazioni governative sono pari a circa 40 centesimi a kWh per i grandi impianti. Ciò è perché in tal modo si assicura agli investitori PV un certo margine di profitto rispetto al costo di 30-35 centesimi. Questo fatto spiega il grande sviluppo del mercato degl’impianti fotovoltaici. Se fosse vero il dato di 85 centesimi, gl’imprenditori PV lavorerebbero tutti in perdita di 45 centesimi a kWh. Tutti benefattori! L’aumento esponenziale delle installazioni PV contraddice completamente nei fatti la stima presentata al Convegno.

Ho ricevuto una risposta dall’ing. Spezia, che, dapprima mi dà ragione, ma poi riconferma completamente i dati della tabella argomentando che si tratta di dati comparativi, non assoluti e che per il fotovoltaico occorre tener presente il fattore di disponibilità dell’impianto che a lui risulta basso a causa della sporcizia che si deposita sui moduli, del degrado dell’efficienza per l’invecchiamento e dei tempi morti dovuti al rifiuto del dispacciamento e così via dicendo.

Evidentemente egli è in possesso d’informazioni d’esercizio a me non note che, qualora fossero vere, dimostrerebbero il completo fallimento economico del programma di sviluppo attuale del fotovoltaico.

Mi chiedo e vi chiedo se tali informazioni risultino a qualcun altro.