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Consumi energetici del grattacielo Intesa Sanpaolo

3 dicembre 2009 0 commenti

Di Alex Sorokin

tower of babel

Un interessante articolo di Alex Sorokin sul grattacielo Intesa Sampaolo. Riprodotto dal sito “nongrattiamoilcielo

Vedendo l’immagine del grattacielo, l’edificio in questione mi sembra un tipico esempio di grattacielo tutto-vetro-ed-acciao terribilmente energivoro, ovvero tipico esempio di “edificio-colabrodo-termico” in inverno, e “serra-sotto-il-sole” in estate.

Le scelte impiantistiche sono avanzate ed efficienti, ma cio’ non toglie che l’impiantistica e’ superpotente, dimensionata necessariamente per coprire le spaventose perdite / dispersioni dell’edificio.

Mi meraviglia che l’architetto Renzo Piano possa ancora permettersi di proporre soluzioni del genere. Sospetto che si tratta di un vecchio progetto nato anni fa, quando i consumi energetici erano considerati poco rilevanti, e che oggi non rientra piu’ nella normativa energetica attuale (potrebbe diventare un modo per fermare questo progetto ed altri simili).

Purtroppo il poco tempo a disposizione (sono impegnato tutto il giorno e non posso occuparmi della Vs. questione) mi consente di fornirVi soltanto una prima risposta molto superficiale ed approssimativa.

Nella relazione VIA vedo che i proponenti del grattacielo prevedono per l’impiantistica di climatizzazione 5 pompe di calore da 1250kW /1400kW di potenza freddo/calore cad.
Vuol dire che prevedono di coprire 7000kW (7 MegaWatt) di massimo carico termico in inverno.

In base a questo dimensionamento si deduce che i progettisti dell’edificio hanno ipotizzato un consumo energetico di:

a) circa 10 milioni di kWh/anno di calore per riscaldamento invernale,
b) circa 7 milioni di kWh/anno di freddo per il raffrescamento estivo,

La relazione del proponente prevede in aggiunta l’allaccio dell’edifico alla rete di teleriscaldamento cittadina.
Vuol dire che sanno gia’ che questi valori sono sottostimati e che l’impiantistica prevista nella VIA non bastera’ per coprire i fabbisogni invernali dell’edificio.
Infatti, nonostante la “doppia pelle”, in base alle esperienze internazionali con simili edifici-tutto-vetro, i valori fin qui riportati appaiono piuttosto sottostimati.

Ansi, lo schema dell’impianto a pagina 26 mi fa sospettare che in realta’ si tratta di un sistema di climatizzazione concepito principalmente per il condizionamento estivo, predisposto pero’ per l’uso pompa-di-calore nelle mezzestagioni, mentre il grosso del fabbisogno di riscaldamento invernale sara’ copero dall’allaccio alla rete di teleriscaldamento cittadina.

Riferito al metroquadro di superficie riscaldata, dai pochi dati a disposizione, il consumo per riscaldamento dell’edificio risulterebbe superiore a 120 kWh/mq l’anno (chilowattora per metroquadro – probabilmente di piu’) ovvero 4-volte superiore a quanto prescritto dalla normativa tedesca.

Occorrebbe fare la certificazione energetica per vedere in quale classe energetica ricadrebbe l’edificio secondo la piu’ recente normativa italiana (legge n° 192 del 19/08/2005, decreto legislativo n° 311 del 29/12/2006, decreto del 19/02/2007, decreto n. 59 del 02/04/2009) e quali prescrizioni valgono a Torino.

Avendo scelto per la climatizzazione un sistema a pompa di calore con scambio geotermico, sicuramente efficiente (da non confondere con una fonte rinnovabile), i probabili consumi elettrici saranno:

a) circa 3 milioni di kWh/anno per riscaldamento nelle mezzestagioni,
b) circa 2 milioni di kWh/anno per raffrescamento estivo,
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totale per climatizzazione (calore+freddo) circa 5 milioni di kWh/anno.

aggiungendo probabili altri 5 milioni di kWh/anno per altri consumi (illuminazione, movimentazione, ascensori, ventilazione, macchine per ufficio, mense ecc)
si puo’ stimare un totale di consumi elettrici di circa 10 milioni di kWh/anno,
ad un costo annuale di oltre 1,5 milioni di Euro l’anno.

A questi consumi elettrici bisognerebbe aggiungere i consumi di calore forniti dalla rete di teleriscaldamento cittadino al momento impossibile da valutare per mancanza di tempo e dati.

Considerando che l’energia elettrica consumata dall’edifico sara’ prodotta dalle centrali termoelettriche nazionali con un rendimento medio del 40%, il consumo di fonte primaria dell’edificio ammontera’ probabilmente ad oltre 2200tep/anno (tonnellate equivalenti di petrolio l’anno), e le emissioni di CO2 saranno probabilmente superiore a 7000 tonnellate l’anno.

Ripeto, tutti questi calcoli non contengono l’apporto dalla rete di teleriscaldamento cittadino, che bisognera’ aggiungere.

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Attenzione: i promotori delle pompe di calore con scambio geotermico (in inglese ground-coupled heat-pump) publicizzano questa tecnologia usando due argomenti piuttosto discutibili dal punto di vista climatico/ambientale:

1) Sostengono che lo scambio geotermico (con il sottosuolo oppure con l’acqua di falda) giustifica la classificazione come “fonte rinnovabile”.
Si tratta certamente di una soluzione energeticamente efficiente, ma non si tratta di una fonte rinnovabile, in quanto le pompe di calore consumano grandi quantita’ di energia elettrica, solitamente di origine piuttosto “sporca”.
Se l’elettricita’ consumata fosse “verde”, allora effettivamente anche il calore (e freddo) prodotto dalle pompe di calore sarebbe da considerare “rinnovabile”.

Nel documento vedo accennato che si intende alimentare l’edificio con energia elettrica “verde” (acquistata) e questo, secondo gli autori, giustifica l’appellativo “rinnovabile” per l’edificio in questione.

E’ una puro operazione di “green-washing” di un progetto architettonico nato secondo una concezione vecchia e non-sostenibile.

Acquistare elettricita’ “verde” e’ una semplice scelta gestionale che non caratterizza il progetto.
Tenete anche presente che l’acquisto di elettricita’ “verde” da parte di pochi produce l’effetto di lasciare al resto del paese la parte di elettricita’ rimanente ovvero piu’ “sporca”.
Finche la domanda di energia verde non supera l’offerta, non cambia niente nel mix di approvvigionamento del paese.

2) Sostengono che le pompe di calore moltiplicano l’energia impiegata per un fattore di resa (il cosiddetto COP – Coefficient of Performance) che nell’esercizio reale puo’ variare da 2 a 4 (dipende dalla qualita’ della pompa di calore).
Questo argomento non considera che l’elettricita’ consumata dalle pompe di calore e’ prodotta da centrali termoelettriche che presentano mediamente un rendimento piuttosto basso del 38-40% soltanto.

Pertanto, per confrontare correttamente con la tecnologia alternativa (caldaia a condensazione) occorre determinare la resa complessiva della pompa di calore espressa in termini di fonte primaria impiegata dal sistema paese a monte, ovvero moltiplicare il fattore di resa (COP) della pompa di calore (tipicamente = da 2 a 4) con il rendimento medio di produzione termoelettrica (= 40%).

Il risultato di questa moltiplicazione oscilla normalmente fra 0,8-1,6 mentre le caldaie a condensazione presentano tipicamene una rendimento (sempre in termini di fonte primaria) pari a 0,9-1,0.

Pertanto se le pompe di calore sono di buona qualita’, installate e gestite in modo efficiente, allora possono produrre un beneficio energetico / climatico rispetto alle caldaie.
Invece se la pompa di calore e’ di qualita’ scadente, oppure gestita ed installata male, allora una caldaia a condensazione puo’ produrre risultati complessivamente migliori