In principio c’era Atlantide, ora nel mare creiamo isole di spazzatura
In principio c’era Atlantide, l’isola che prese il nome da Atlante, leggendario governatore dell’Oceano Atlantico, figlio di Poseidone. Una superpotenza navale che, dalle Colonne d’Ercole si spinse – secondo la narrazione di Platone – alla conquista dell’Europa e dell’Africa, intorno al 9600 avanti Cristo. Le andò male l’attacco contro Atene e, in un giorno e una notte, sprofondò negli abissi. Adoro la storia antica, anche per l’imprinting indelebile che resta a chi ha frequentato il Liceo Classico (anche a chi non era proprio un secchione). Amo molto meno la storia moderna. Quella che, dalla leggenda di Atlantide ci catapulta a un’altra storia, quella della Great Pacific Garbage Patch, detta anche Pacific Trash Vortex, un disastro ambientale senza eguali, che galleggia beffardo nell’Oceano Atlantico. Atlantide fallì e sprofondò nell’abisso. Noi abbiamo fallito, ma le nostre isole di spazzatura restano come monumenti pressoché indistruttibili a ricordarcelo ogni santo giorno. Una superficie gallegiante, vasta quasi quanto quella degli Stati Uniti, si erge – dall’alto delle sue decine di milioni di tonnellate di rifiuti – a contenitore storico di spazzatura: vi si trovano oggetti di ogni tipo, anche risalenti a sessanta, settanta anni fa. L’isola, nascosta dieci metri sotto il mare, ora alimenta la fauna marina. Di cui, tra parentesi, anche noi ci alimentiamo. Rivoglio Atlantide.