La legna al supermercato? No, grazie.
Va bene la globalizzazione. Va bene la Grande Distribuzione. Va bene fare di necessità virtù. Va bene tutto. Ma la legna, tagliata con una precisione che la rende finta e venduta in cartoni al supermercato? No, grazie.
Sarà che io la legna me la prendo nel bosco da sempre. Sarà che sono un’inguaribile romantica e penso vintage. Ma proprio non ce la faccio a vedere i tronchi passare con il codice a barre sul tapis-roulant della cassa. Perché, vedrete, tra poco riusciremo anche a mettere il codice a barre direttamente sui pezzi di legna. Che tristezza. Alcuni diranno: ma quale tristezza, è una gran comodità. Comodità. E’ una parola che comincia a farmi paura. E’ un modo per avere tutto più facile e, al contempo, per dipendere sempre più dagli altri e sempre meno da noi stessi. Non voglio certo giocare alla petulante perbenista che spara a zero sui comforts e sui benefits. Mi piacerebbe solo che, per un attimo, tutti visualizzassimo l’immagine dell’uomo che nei film, con la camicia scozzese, taglia la legna armato di scure e ceppo. Nei film, appunto. Ormai solo in quelli. Anche i caminetti si sono trasformati in oggetti di design, con il fuoco finto, come fosse in 3D. Voglio sentire l’odore della legna. Quando è asciutta e polverosa. Quando è umidiccia e sa di sottobosco. Voglio guardare un ceppo e pensare a un albero. Alla Terra. Alla Natura. Alla Vita. Voglio che i taglialegna abbandonino il grandeschermo e ritornino nel nostro vissuto. Voglio. Voglio un Natale con la famiglia stretta davanti al camino, a godere del tepore scoppiettante della legna che arde. Voglio la legna, quella magica che ti scalda più di ogni cosa al mondo. La legna semplice, che entra nella tua casa e la illumina di luce rasserenante. Voglio la legna, non la sua proiezione tridimensionale.