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I sacchetti di plastica continuano ad uccidere le tartarughe liuto

18 marzo 2009 0 commenti

Articolo sul «Marine Pollution Bulletin»

Articolo sul «Marine Pollution Bulletin»

Hanno sopravvissuto all’estinzione dei dinosauri. Sono le discendenti di uno dei più vecchi alberi genealogici della storia, risalendo fino a 100 milioni di anni.
Ma oggi le tartarughe di Leatherback (Dermochelys coriacea), uno dei rettili più diffusi al mondo, rischiano l’estinzione a causa dell’inquinamento marino dovuto alla plastica. Da anni conosciamo i pericoli che la plastica può provocare agli ambienti marini, immondizia che gli esseri umani direttamente o indirettamente depositano negli oceani, ma quanto abbiamo ricevuto chiaramente il messaggio?

Non abbastanza secondo un recente articolo comparso sul giornale «Marine Pollution Bulletin», scritto dal professor Mike James della Dalhousie University.
Lo studio è basato sui risultati delle autopsie effettuate sulle tartarughe durante il secolo scorso. Su 371 autopsie effettuate dal 1968 a oggi, oltre un terzo ha dimostrato che gli animali avevano ingerito plastica. La Tartaruga Liuto, questo il nome italiano, mangia abitualmente le meduse ed è ampiamente diffusa l’idea che scambi i sacchetti di plastica per il proprio pasto.

Prendendo in considerazione la quantità delle meduse e il concentrato di detriti presenti dove le masse d’acqua dell’oceano si incontrano, le tartarughe che si alimentano in queste zone sono fortemente a rischio.

Una volta ingerita la plastica, per le tartarughe è quasi impossibile rigurgitare, a causa della loro morfologia dorsale che presenta un singolare allineamento tra la gola e l’esofago. La plastica può condurre all’ostruzione parziale o persino completa del tratto gastrointestinale, con la conseguente diminuzione delle funzionalità dell’apparato digerente.

Per il professor James potrebbe essere semplice arrestare queste minacce continue.
Gli esseri umani potrebbero cominciare facilmente a risolvere il problema senza cambiare radicalmente il proprio stile di vita. Basterebbe ridurre i materiali di imballaggio e prendere in considerazione l’alternativa, i materiali biodegradabili.

(Alberto Maria Vedova)