Il degassamento terrestre influisce sull’effetto serra
Studio di ricercatori italiani pubblicato su «Science»
Studio di ricercatori italiani pubblicato su «Science»
Un team di ricercatori italiani ha scoperto che il respiro naturale del pianeta è stato a lungo sottovalutato. Secondo loro il degassamento terrestre, attraverso le immissioni atmosferiche di propano e metano, è maggiore di quanto si credeva e favorisce la formazione dell’ozono. Per valutare il contributo geologico alla produzione di questi idrocarburi, Giuseppe Etiope, dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), e Paolo Ciccioli, del Cnr, hanno studiato gli inventari di 238 siti sparsi in ogni angolo del pianeta. I risultati sono stati pubblicati su «Science».
I due gas inquinanti sono principalmente di origine umana. Ma in alcune aree petrolifere, o geotermiche, parte dei gas sotterranei fuoriescono naturalmente attraverso faglie e fratture, e finiscono nell’atmosfera.
Secondo i ricercatori il nostro pianeta sarebbe all’origine del 17% di etano e del 10% di propano che vengono pompati annualmente nell’atmosfera, di circa un quarto rispetto a quelli prodotti dalle attività umane (6,6 milioni di tonnellate).
Recentemente, studi condotti dall’Ingv avevano mostrato, che il metano di origine geologica ammonta ad almeno 50 milioni di tonnellate l’anno. Cioè 1/7 della quantità emessa dalle attività umane (circa 360 milioni di tonnellate). Insomma, l’equivalente dell’effetto serra prodotto da 200 milioni di auto in un anno.
«Gli esperti sul clima e sui gas serra - spiega Etiope - spesso ignorano l’importanza di alcuni processi geologici sull’ambiente. Nessuno aveva mai fatto studi approfonditi su questi gas. Non credo che le energie in gioco e le aree in cui avvengono le emissioni naturali siano troppo grandi, ma dobbiamo conoscerle e capire la loro funzione».
«Le emissioni geologiche di idrocarburi gassosi - continua Etiope - sono sparse in tutto il mondo. Esistono due principali tipi di aree, quelle dei bacini sedimentari dove esistono i giacimenti petroliferi e le aree geotermiche. Le emissioni nelle aree petrolifere possono avvenire da manifestazioni visibili, dette "seep", sia in mare che sui continenti, e attraverso una invisibile ma diffusa esalazione dal suolo. Esistono probabilmente più di 10mila "seep" sui continenti, in almeno 90 paesi, e l’esalazione diffusa potrebbe interessare una superficie di circa 4 milioni di km2».
Il lavoro pubblicato su «Science» è il risultato di un approccio multidisciplinare e di una elaborazione tra geologi e esperti dell’atmosfera, da qui l’intuizione dell’importanza delle emissioni geologiche di tutti gli idrocarburi gassosi. Ora, l’Ipcc (Enviromental panel of climate change) e organismi come l’Agenzia americana per l’ambiente (Epa) dovranno riformulare le loro banche dati.
(Maurizio Matera)