La Lav lancia la petizione popolare per salvare i cuccioli
Iniziata la raccolta di firme
Iniziata la raccolta di firme
La Lav sta raccogliendo migliaia di firme in tutta Italia per lanciare una petizione popolare contro il traffico internazionale di cuccioli. Ad esempio ha raccolto più di 300 firme in solo due ore con il presidio attivato in piazza della Repubblica a Bari.
È un commercio illegale che ogni anno, da paesi dell’est come Polonia, Repubblica Ceca, Romania e Slovacchia, conduce in Italia migliaia e migliaia di piccoli cani e gatti, per un giro d’affari stimato in oltre 300 milioni di euro.
Si auspica, quindi, l’introduzione e la catalogazione di questo nuovo reato nel tessuto di regolamentazione legislativa per punire i responsabili della tratta illegale dei cuccioli. Questa ipotesi viene introdotta dal disegno di legge per la protezione degli animali da compagnia. Nel mirino c’è in particolare il commercio di cuccioli dall’Est nel nostro Paese. Tra le possibili sanzioni, la confisca degli animali, che verranno poi affidati ad associazioni animaliste, e nei casi più gravi anche la reclusione fino a tre anni. Un’aggravante è prevista per il traffico dei cuccioli senza vaccinazione o che provengono da zone infette.
Il problema del commercio illecito viaggia anche in rete e coinvolge proprio tutte le specie animali, anche quelle più insolite: compratori alla ricerca di souvenir esotici hanno scatenato su Internet un traffico redditizio che sta mettendo in pericolo la vita di molte varietà ormai in via d’estinzione: dalla giraffa, alle borsette di pelle di serpente, il Fondo internazionale per il benessere degli animali (Ifaw) ha scoperto che sul web si trovano in vendita centinaia di primati vivi e migliaia di prodotti di animali rari.
Il rapporto «Presi nella rete, la fauna protetta su Internet» trovò, solo nel 2005, in vendita nell’arco di una settimana 146 primati vivi, 5.527 prodotti di elefanti, 526 tartarughe e carapaci di tartaruga, 2.630 prodotti di serpenti e 239 prodotti di gatti selvatici.
Tra i «prodotti» più bizzarri, gli scheletri di cavalluccio marino, i posacenere di zampa di elefante, le sculture di avorio, gli scialli di pelo di antilope tibetana noti come «shantoosh», i prodotti di felino selvatico, le giacche in pelle di serpente e gli stivali di coccodrillo.
Gli esperti calcolano che il profitto di questa vera e propria tratta di animali si aggiri intorno a svariati miliardi di dollari ogni anno.
Secondo i servizi d’intelligence britannici, le multe non particolarmente salate e la bassa priorità che hanno i crimini contro gli animali favoriscono le attività di questo genere, spesso in mano alla criminalità organizzata. A tal proposito l’Ifaw ha chiesto ai governi di educare i consumatori alla ricezione e all’assimilazione della rilevanza delle leggi che riguardano il commercio di specie protette e di introdurre leggi più severe, nonché controlli più meticolosi.
(Valentina Nuzzaci)