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Ofanto – Una risorsa ignorata

20 aprile 2009 0 commenti

Un nuovo lavoro sul più grande fiume della Puglia

Un nuovo lavoro sul più grande fiume della Puglia

Abbiamo rivolto cinque domande a Ruggiero M. Dellisanti, autore del libro «Le risorse dell’Ofanto» con il sottotitolo «Economia e Ambiente nella valle del Fiume» (Stilo Editrice)


Perché un nuovo libro sul fiume Ofanto?
Quando, nel mio primo omaggio al fiume, con il volume Ofanto «Carpe diem», ho coniato la frase: «Il fiume Ofanto è l’unico vero fiume della Puglia», ho ritenuto di dare un contributo alla comprensione della geografia della regione Puglia, essendomi reso conto che del nostro territorio, purtroppo, si ha una conoscenza molto superficiale e frammentaria, dell’intero ambiente idrografico.
Oggi mi accingo a dimostrare come il fiume possa e debba essere considerato una risorsa per l’intera valle, in grado di riunire e non di dividere gli interessi e le economie di un territorio dalle enormi potenzialità, moltissime delle quali ancora del tutto inesplorate. Credo che la prossima frase che i media dovrebbero rilanciare, se si vuole dare continuità e futuro alla nostra terra, sia: «Il fiume Ofanto rappresenta una grande risorsa, oggi ancora inesplorata, per la regione Puglia e per l’intero bacino».

Quali le novità di rilievo, presenti in questa pubblicazione?
Il libro illustra in maniera puntuale e dettagliata alcune delle innumerevoli risorse esistenti nella valle dimostrandone anche analiticamente i punti di forza che necessariamente ruotano intorno alle variegate forme del turismo alternativo, lontano dai grandi flussi di massa, ma in grado di generare potenzialità di sviluppo oggi inimmaginabili. Purtroppo visioni miopi tese a tutelare l’interesse privato a discapito dell’interesse pubblico condannano questa forma di sviluppo a rivestire un ruolo marginale nel processo produttivo. La risorsa parco, con il parco regionale ambientale ed il parco dei tratturi, è una delle tante risposte che il libro è in grado di presentare nel vasto panorama delle potenzialità turistiche ancora tutte da esplorare.

Il fiume è ormai, dai più, considerato come un malato in coma irreversibile. Condivide questa affermazione?
Io non considero il fiume Ofanto in coma. Anzi, per me, il fiume è sempre più vivo e vitale e non mi meraviglierei se uno di questi giorni si risvegliasse dal suo lungo torpore per esondare con la forza di un toro, così come il poeta Orazio lo definisce «tauriformis Aufidus», ed irrompesse violentemente nella campagna circostante riappropriandosi in pochi attimi di tutto quello che l’uomo gli ha sottratto. Certo, in quel caso potremmo piangere dei morti, come è accaduto recentemente per il terremoto dell’Aquila, ma la colpa non è del fiume, non è del terremoto. Le responsabilità sono da ricercare nella nostra superficialità e cupidigia. La colpa dei morti, negli eventi naturali, per la stragrande maggioranza dei casi è solo la nostra.

I cambiamenti climatici in atto possono influire sull’assetto idrogeologico del bacino?
Sicuramente i cambiamenti climatici potranno influire in modo rilevante sull’andamento del fiume. È bene ricordare come nel bacino idrografico del fiume sono stati costruiti, negli ultimi quaranta anni, ben otto invasi artificiali, alcuni di piccole dimensioni ma altri di grandi dimensioni come l’invaso del Locone o quello di Conza della Campania e, senza essere profeta di sventura ma soltanto per essere realisti, se uno di questi invasi dovesse cedere o se dovesse essere oggetto di un attentato terroristico o, semplicemente, se le paratie dovessero essere aperte perché l’invaso è troppo pieno, si produrrebbe un onda di piena verso valle che sommata ad un livello già alto finirebbe per fare esondare il fiume attraverso un sistema di arginature che è forato in più punti e che andrebbe potenziato e salvaguardato. Oggi la situazione è particolarmente a rischio per gli agricoltori che operano in prossimità dell’alveo, ma soprattutto per coloro i quali vivono nei villaggi turistici costruiti in prossimità della foce.

L’area della foce, oggi parco naturale regionale, quali prospettive di sviluppo è in grado di generare?
La foce del fiume, con la sua area umida ha rappresentato per millenni il luogo di sosta dell’avifauna di passo sulle rotte migratorie. L’area umida della foce ha rappresentato per migliaia di uccelli una specie di autogrill nel quale sostare lungo le grandi rotte migratorie. L’intento del parco regionale, la creazione delle zone SIC e delle zone Zps, avevano proprio il compito di tutelare e salvaguardare questa importante oasi. Oggi con gli ultimi provvedimenti della Legge Regionale 16 marzo 2009, n. 7, si è perso oltre il 40 % dell’originale perimetro. Alcuni tratti hanno perso la «zona due», che fungeva da cuscinetto, e questo potrà permettere ai cacciatori di appostarsi sul bordo esterno, non coperto, quindi, da alcuna norma di tutela, e sparare in assoluta tranquillità e legalità. Anche gli agricoltori hanno perso l’enorme occasione di poter veicolare il proprio prodotto attraverso il «marchio parco dell’Ofanto», quale opportunità concreta di sviluppo per le proprie colture. Alla fine il Parco risulterà l’ennesimo Ente che non produrrà nulla se non incarichi e poltrone. La speranza è che attraverso il libro si possano generare, in chi legge, sentimenti in grado di far crescere una coscienza nei confronti di un ambiente dalle enormi risorse, ma poco tutelato.

(Lucia Angiulli)