7,2 milioni di italiani sono turisti «responsabili»
Risultati del sondaggio sul turismo sostenibile
Risultati del sondaggio sul turismo sostenibile
Dalla prima ricerca italiana sul «Turismo responsabile: quale interesse per gli italiani?», realizzata su un campione di 1.000 persone da Isnart (Istituto nazionale ricerche turistiche) per conto di «Fondazioni4Africa» con il coordinamento della ong Cisv (Comunità impegno servizio volontariato) e presentata a Terra futura (la mostra convegno internazionale delle buone pratiche di sostenibilità ambientale, economica e sociale, terminata ieri alla Fortezza da Basso di Firenze), emerge che il 15,3% degli italiani ha già fatto un’esperienza di turismo responsabile e oltre la metà della popolazione, conosce anche solo in linea teorica cosa significhi viaggiare in modo sostenibile. Il 23,1% del campione si dichiara poi «molto interessato» e ben il 61,8% «abbastanza interessato».
Il 15,3% dell’intera popolazione adulta italiana significa ben 7,2 milioni di turisti responsabili.
Ad essere maggiormente informati sono: le donne (55%), le coppie senza figli (59%), i single (55%), i laureati (65%), i residenti al Nord (56,5%) e i giovani dai 25 ai 34 anni (55%).
Per la maggior parte degli intervistati un fattore determinante per la scelta di un viaggio responsabile è il desiderio di sapere in modo chiaro e dettagliato: dove e come sono destinati i soldi spesi («molto importante» per il 67,7% del campione); la ricerca di interazione con la comunità ospitante (50%); e la voglia di partecipare a progetti che ricadano nella sfera del sociale.
Chi si dimostra informato sul turismo sostenibile ha ottenuto le informazioni utili da internet e dai giornali (45% del totale), dalla televisione (43%) e, in misura minore, dal passaparola (23%).
Per quanto riguarda le destinazioni, a farla da protagonista è il Sud del Mondo: in testa l’Africa seguita da India, Australia, Brasile e Messico, un ruolo decisamente defilato è quello dei paesi europei.
Rimane un pò di incertezza sul significato preciso del termine «turismo responsabile», che soffre ancora della confusione con il turismo più strettamente ecologico. Chi ritiene che rispettare e riscoprire la natura sia senza dubbio elemento principale del turismo responsabile è infatti il 72,4% del campione, mentre lo scambio con la popolazione locale è fondamentale per il 49% e il fatto di partire con un operatore che sostiene le associazioni locali è prioritario per il 41,5%.
A fare chiarezza sul significato del turismo «responsabile» ci pensa Katia Bouc del Cisv citando la definizione adottata dall’assemblea Aitr (Associazione italiana turismo responsabile): «quello responsabile è il turismo attuato secondo principi di giustizia sociale ed economica, nel pieno rispetto dell’ambiente e delle culture. Riconosce la centralità della comunità locale ospitante e il suo diritto a essere protagonista nello sviluppo turistico sostenibile e socialmente responsabile del proprio territorio».
Il principale obiettivo della ricerca, cui ha collaborato il Ciset, Centro internazionale di studi sull’economia turistica dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, era quello di fornire agli operatori del settore indicazioni per individuare gli interventi più efficaci in termini di informazione e promozione.
A Terra futura sono stati presentati alcuni progetti di turismo sostenibile, tra cui uno in Africa e precisamente in Senegal dove si svolge uno dei progetti seguiti dal Cisv, e la Bouc spiega che «si tratta di un paese molto ospitale sia a livello ambientale sia sociale anche se ancora poco conosciuto. Noi ci occupiamo della formazione del personale locale e del rafforzamento delle strutture ricettive, che comunque già non mancano e sono dotate di tutti i comfort. Parallelamente, in Italia stiamo facendo un lavoro di informazione e sensibilizzazione per promuovere questa bellissima meta. Inoltre nel nostro paese ci sono molti migranti senegalesi che possono essere coinvolti come promotori e fare da ponte con i loro connazionali che devono accogliere i turisti».
Un altro progetto, sempre nel Sud del mondo, in Repubblica Domenicana, portato avanti da Ucodep (Unità e cooperazione per lo sviluppo dei popoli), presente sul posto da dieci anni con progetti di sviluppo rurale nell’ambito del caffè. «Proprio nelle zone del caffè abbiamo organizzato dei percorsi attrezzando e rivalutando il territorio locale in modo da favorire l’ingresso del turismo e la visita dell’entroterra del paese, poco conosciuto ma che ha mantenuto fortemente la propria identità culturale spiega Ilaria Lenzi, responsabile dell’ufficio Identità e comunicazione. Attraverso i nostri percorsi è possibile visitare le coltivazioni di caffè, vivere presso le famiglie e visitare i luoghi più naturalistici come le sorgenti d’acqua».
(Fonte Ikonstudio)