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Dalle piante lezioni di bioeconomia

2 luglio 2009 0 commenti

A Verona il primo Congresso della Società italiana di Biologia Vegetale

A Verona il primo Congresso della Società italiana di Biologia Vegetale

Le piante vivono in perfetto equilibrio energetico, comunicano in armonia fra di loro e possono insegnarci come non sprecare l’immensa ricchezza che ci offrono.
200 ricercatori internazionali si incontrano a Verona dal 30 giugno al 2 luglio per il Primo Congresso della Società italiana di Biologia Vegetale per presentare le più avanzate ricerche e applicazioni nel campo della bioeconomia.
Il congresso, che si apre con un simposio dedicato a Darwin e ai meccanismi dell’evoluzione degli organismi, affronterà nelle diverse sessioni importanti tematiche, tra cui bioenergia, sviluppo e segnalazione delle piante, biodiversità, colture del futuro.
Importanti contributi sono attesi dal laboratorio di Fotosintesi dell’Università di Verona diretto dal prof. Roberto Bassi che comunicherà come sia possibile aumentare la resa in biomassa e quindi di bio-carburanti attraverso l’ingegnerizzazione genetica delle alghe a fini energetici e come l’identificazione di geni responsabili della dissipazione termica dell’energia luminosa apre la possibilità di regolarla a fini produttivi.
I gruppi del Dipartimento di Biologia Vegetale dell’Università La Sapienza di Roma, che fanno capo al prof. Felice Cervone, che ha recentemente ricevuto un finanziamento dall’European Research Council, e alla prof.ssa Giulia De Lorenzo, beneficiaria del primo finanziamento per l’agricoltura della Fondazione Giovanni Armenise-Harvard, comunicheranno nuove strategie biotecnologiche per il miglioramento della conversione della biomassa vegetale in biocombustibili. L’ottenimento di energia pulita dal sole senza aumentare la CO2 atmosferica è dunque una prospettiva reale grazie ai notevoli risultati raggiunti sia con le alghe sia con la biomassa vegetale.

Le numerose ricerche a livello mondiale sulla comunicazione tra le cellule all’interno di una pianta, tra le piante e tra le piante e altri organismi hanno già rivelato che le piante possiedono una vera e propria «intelligenza», essenziale per la sopravvivenza. Data la loro sedentarietà, le piante, che non possono trasferirsi o scappare davanti ai pericoli o situazioni avverse, possiedono meccanismi di adattamento all’ambiente basati su una complessa rete di informazioni, locali e in transito, di natura chimica, meccanica, elettrica e idraulica.
Il lavoro coordinato dalla dott.ssa Sabrina Sabatini (rientrata in Italia nel 2003 grazie alla Fondazione Armenise-Harvard e ora ricercatore presso il Dipartimento di Genetica e Biologia Molecolare, Università La Sapienza di Roma) ha rivelato come i due ormoni auxina e citochinina interagiscano a livello molecolare controllando in maniera opposta l’attività di specifici geni che a loro volta controllano la sintesi dei due ormoni stessi e la loro distribuzione nei diversi tessuti della radice.
Il risultato è un perfetto equilibrio locale (l’armonico processo di equilibrio energetico yin e yang, come lo definisce la Sabatini) tra lo stimolo alla divisione e quello al differenziamento delle cellule, che porta a una crescita controllata della radice. I risultati di questi studi, pubblicati su «Science» e che saranno presentati a Verona, offrono un modello di funzionamento per le cellule cosiddette staminali nelle piante, da cui si potrebbero ricavare principi generali per le cellule staminali animali.

Alcuni meccanismi di segnalazione delle piante sono simili a quelli degli animali, altri sembrano molto differenti. Tra i segnali fino ad ora poco studiati che si stanno rivelando importanti per la straordinaria capacità delle piante di orchestrare le proprie risposte agli stimoli ambientali, oltre ai segnali elettrici, vi sono molecole volatili prodotte dalle piante e diffusibili tra piante vicine, oggetto dello studio del prof. Francesco Loreto del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), Istituto di Biologia Agroambientale e Forestale, Monterotondo Scalo, Roma.

La conoscenza dei complessi meccanismi di segnalazione delle piante introduce anche la possibilità di controllare la crescita degli organi della pianta per uno sviluppo più rapido e per una crescita delle radici a maggiore profondità, un migliore utilizzo e risparmio dell’acqua nelle coltivazioni, un migliore sfruttamento delle sostanze nutritive del suolo, una diminuzione dell’uso dei fertilizzanti e dei pesticidi per un’agricoltura più sostenibile ed un aumento della biomassa delle piante di specie agronomiche da utilizzare anch’esse come fonte di energia (biocarburanti).

Il prof. Pierdomenico Perata del PlantLab della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa illustrerà una particolare varietà di pomodoro, il «pomodoro nero», che deve il proprio colore alla produzione di antociani, pigmenti normalmente presenti in frutti quali uva nera, melanzane, frutti di bosco, ma normalmente assenti nel pomodoro, che invece produce carotenoidi. Carotenoidi e antociani sono molecole antiossidanti dalle provate proprietà nutraceutiche, la cui assimilazione ha effetti protettivi per la salute umana.
La presenza di antociani e carotenoidi in un unico frutto rappresenta una novità che può contribuire a elevare la qualità della alimentazione.
Infine, nella sessione dedicata alle colture del futuro, il prof. Michele Morgante del Dipartimento di Scienze Agrarie ed Ambientali dell’Università di Udine ed altri scienziati si interrogano sulle strategie di miglioramento delle piante destinate all’agricoltura nell’era moderna, cosiddetta della «genomica». Il sequenziamento del Dna di molte specie vegetali, tra cui la vite, pone le basi per nuovi approcci di miglioramento delle piante, non solo attraverso l’approccio biotecnologico, ma anche sfruttando la naturale variabilità genetica per ottenere piante più produttive, resistenti alle malattie e più tolleranti le variazioni climatiche.

(Fonte Fondazione Giovanni Armenise-Harvard)