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Trasporti via mare e CO2 – Ultima occasione per l’Imo

16 luglio 2009 0 commenti

La riunione del Mepc59

La riunione del Mepc59

Oggi a Londra è iniziata la riunione del Mepc59 (Comitato marittimo per la protezione dell’ambiente) dell’Imo (Organizzazione marittima internazionale), che si concluderà domani.
Sarà l’ultima occasione per l’Imo per definire un programma di misure per la riduzione delle emissioni di CO2 del trasporto marittimo internazionale, come richiesto dal protocollo di Kyoto, prima della cruciale Conferenza Onu di Copenhagen di dicembre prossimo.
Le associazioni ambientaliste, Amici della terra Italia, Marevivo, Wwf Italia, tracciano un bilancio ed evidenziano alcune proiezioni particolarmente preoccupanti:
- Nei 12 anni ormai trascorsi da quando il protocollo di Kyoto è stato varato dall’Onu, l’Imo non è riuscita a realizzare nemmeno una misura per la riduzione delle emissioni di gas serra del trasporto marittimo internazionale.

- Questo settore è l’unico grande settore ad essere rimasto escluso dalle normative di controllo delle emissioni di CO2 varate dall’Unione europea e dai principali paesi industrializzati. Anche l’aviazione (nazionale e internazionale) è stata di recente inclusa nello Schema comunitario di commercio delle emissioni (Ets).

- Dal 1997, le emissioni di CO2 del trasporto marittimo internazionale sono cresciute del 100% e oggi ammontano a 870 milioni di tonnellate l’anno, pari al 2,7% del totale delle emissioni globali di CO2.

- Questa cifra equivale a circa il doppio delle emissioni di CO2 della sola Italia.

- Se il trasporto marittimo internazionale continuasse a rimanere privo di strumenti di controllo delle emissioni, il suo contributo al totale delle emissioni previste per il 2020 potrebbe raddoppiare.

La proiezione al 2050 del più recente studio svolto dalla stessa Imo evidenzia che il contributo del trasporto marittimo potrebbe raggiungere addirittura il 50% del tetto globale di emissioni di CO2 necessario per contenere gli impatti climatici entro quelli prevedibili con una crescita della temperatura media del pianeta di 2°C rispetto all’epoca preindustriale. Percentuale insostenibile perché il trasporto marittimo è solo uno dei settori di attività che contribuiscono alla globalità delle emissioni di gas serra(1).

- Al recente G8, i maggiori paesi industrializzati, fra cui l’Italia, hanno convenuto sulla necessità di evitare una crescita della temperatura media del pianeta superiore a 2°C e a questo scopo si sono impegnati insieme agli altri paesi industrializzati a ridurre le emissioni di gas serra dell’80% e oltre entro il 2050.

Alla luce di questi fatti, è evidente che questa riunione dell’Imo è l’ultima occasione perché il trasporto marittimo internazionale assuma degli impegni a medio e lungo termine di riduzione delle emissioni di CO2, prima che le regole del protocollo di Kyoto siano modificate ed aggiornate dalla Conferenza di Copenhagen per il periodo successivo al 2020.

Gianni Guerrieri, responsabile di Marevivo per i rapporti internazionali dichiara: «in caso d’inerzia da parte dell’Imo, vi è la concreta possibilità che la Conferenza Onu di Copenaghen esautori l’Imo dal mandato politico che gli è stato finora assegnato, relegandolo ad un ruolo esclusivamente tecnico. Inoltre vi è un forte rischio che le emissioni del trasporto marittimo internazionale vengano messe nel gran calderone del bilancio di emissioni dei singoli Stati, attribuendo a quest’ultimi la responsabilità di una riduzione delle emissioni secondo le percentuali che saranno stabilite a Copenhagen.
Se questo è lo scenario più probabile, tale cambiamento di direzione potrebbe generare forti sperequazioni fra Stati se non veri e propri "buchi" nell’azione integrata di riduzione delle emissioni. Ad esempio il mar Mediterraneo sopporta un pesante traffico marittimo internazionale di cui una rilevantissima quota è destinata a Paesi extramediterranei oppure poco o nulla esposti al mare. Quest’ultimi, infatti, difficilmente metteranno qualche priorità alla riduzione delle emissioni da traffico marittimo anche perché sarà assai improbabile che verrà loro assegnata qualche responsabilità in merito».

Rosa Filippini, presidente di Amici della Terra Italia: «va detto che il nostro Paese in questi anni non ha fatto assolutamente niente per dare al tema della riduzione dei consumi di energia delle navi l’attenzione che meriterebbe, nonostante tutti i dibattiti sullo sviluppo delle Autostrade del mare. Il Governo italiano non si è nemmeno preoccupato di monitorare le emissioni del trasporto marittimo internazionale che utilizza i nostri porti. L’unico studio di questo tipo è stato realizzato dagli Amici della Terra nel 2000. Ci chiediamo poi dove sia l’industria, visto che l’esautoramento dell’Imo rischia di portare a misure trasversali che, invece di stimolare la responsabilizzazione del settore marittimo, premiando in maniera mirata l’efficienza delle navi e il miglioramento della convenienza del commercio internazionale, colpiranno indifferentemente l’intero settore, senza un’appropriata considerazione del suo ruolo nello sviluppo globale. Questa riunione dell’Imo potrà al massimo portare all’approvazione di indici di misurazione delle emissioni, ma ci sarebbe bisogno di una svolta nelle decisioni su azioni concrete».

Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed energia del Wwf Italia:«lo stallo dell’Imo è dovuto anche alla difficoltà di convincere gli Stati meno sviluppati a sottoscrivere uno strumento globale di riduzione delle emissioni del settore marittimo, sia esso una tassa sul carburante marino o uno schema di commercio delle emissioni del settore. L’appello che rivolgiamo ai delegati è di approvare almeno una risoluzione che stabilisca che eventuali proventi derivanti da uno strumento economico globale dovranno essere assegnati ai paesi in via di sviluppo per combattere il cambiamento climatico. In questo modo, le nazioni più povere riceveranno alla fine più di quanto saranno comunque costrette a pagare per la partecipazione allo strumento marittimo. Perché questa offerta sia credibile occorre un impegno dei paesi ricchi di rinuncia ad utilizzare tali proventi per misure domestiche».

(Fonte Amici della Terra - Valter Baldassarri)

(1) In base agli scenari dell’Ipcc, le emissioni di gas serra globali nel 2050 non dovrebbero superare 7,2 miliardi di tonnellate nel 2050 se si vuole ambire ad un’elevata probabilità di evitare una crescita della temperature media del pianeta superiore a 2°C rispetto all’epoca preindustriale. Il recente studio dell’Imo sulle emissioni di gas serra del trasporto marittimo internazionale contiene una proiezione tendenziale delle emissioni di CO2 al 2050 compresa nella forchetta 2,7 - 3,6 Miliardi di t CO2, che equivale in termini percentuali al 38-50% del tetto consentito globale necessario a quella data.