Per un nuovo sistema di regolazione delle istituzioni finanziarie
Sulla necessità di un profondo mutamento delle regole e dei controlli relativi dei mercati e delle istituzioni finanziarie non dovrebbero nutrirsi grandi dubbi, anche se ovviamente molte forze sono all’opera per frenare e minimizzare le riforme necessarie che tendono a farsi strada nell’opinione pubblica e nelle proposte che stanno avanzando a vari livelli. Si tratta di un tema che è stato lasciato sullo sfondo perché tutte le energie si sono concentrate sugli interventi di salvataggio delle banche; ma ormai la ristrutturazione delle regole non può essere più differita.
La base della discussione fa riferimento, come anche nella presedente nota pubblicata ad inizio autunno, ad una proposta molto articolata e precisa, tratta da uno scritto del prof. Nouriel Roubini (Roubini, 2008) e da due brevi articoli sostanzialmente conformi di M. Wolf (Wolf, 2008 - a, e Wolf 2008 - b). Queste proposte di base sono state integrate con altre avanzate da F. Lordon (Lordon, 2008, a, b), dal cosiddetto gruppo dei Trenta, guidato da P. Volckler, infine da un gruppo di economisti statunitensi facenti capo al PERI (PERI, 2008).
Partiamo dalla schema di Roubini, che elenca nove punti per la riforma del sistema, opportunamente integrato con le proposte degli altri studiosi:
1) il sistema di remunerazione dei banchieri è viziato alla radice; la gran parte del loro compenso, spesso molto elevato, è legato ai risultati di breve termine, senza nessun riferimento a quelli ottenuti in un orizzonte temporale più lontano, con l’aggravante che il sistema premia gli operatori in caso di risultati positivi, ma non li punisce in caso di risultati negativi. Perciò i finanzieri hanno un incentivo forte a prendersi dei rischi elevati. Le possibili soluzioni a questo problema vanno cercate per l’autore nella progettazione di un sistema di incentivi basato sui risultati di lungo termine, mentre le stock option (cfr. alfabeto della finanza) di solito assegnate ai top manager non dovrebbero poter essere dagli stessi vendute prima di un certo numero di anni; Lordon, dal canto suo, insiste anche sulle punizioni in caso di risultati non brillanti. Va aggiunto anche che comunque tali compensi devono essere limitati;
2) anche l’attuale sistema di cartolarizzazione dei crediti è viziato, perché riduce gli incentivi, per chi ha avviato l’operazione, a controllare lo standing creditizio del debitore, dal momento che il rischio può essere trasferito ad altri soggetti. Una possibile soluzione al problema sarebbe quella di obbligare chi è all’origine del processo di cartolarizzazione a trattenere in qualche forma una quota rilevante del rischio sottostante, come sottolinea anche Lordon, che propone di permettere la pratica solamente per quanto riguarda il 5% dei crediti potenzialmente interessati, oppure di lasciare alle banche la possibilità di continuare ad andare avanti sul tema, ma esigendo più adeguati livelli di capitale proprio;
3) il meccanismo di supervisione e controllo delle istituzioni finanziarie concentra oggi la sua attenzione sulle banche ordinarie, mentre le investment banks, i Siv, gli hedge funds, i fondi di private equity (cfr. alfabeto della finanza)non sono soggetti ad alcun tipo di controlli, o sono soggetti a controlli più leggeri. Bisogna quindi estendere la supervisione alle istituzioni non bancarie; “La copertura regolatoria deve essere completa” (Wolf, 2008), tutte le istituzioni finanziarie oltre una certa dimensione devono essere comprese nella rete;
4) il modello attuale di regolamentazione e supervisione appare basato essenzialmente sull’autoregolazione e sulla disciplina del mercato, piuttosto che su norme rigide, con regole di valutazione lasciate alle stesse banche, con la fiducia riposta nelle agenzie di rating che operano sul mercato e nelle regole di Basilea. Ma il sistema ha rivelato di recente tutti i suoi problemi e ha mostrato di non funzionare; si è assistito, in particolare, alla ricerca da parte degli istituti di più elevati rendimenti, in relazione anche al sistema di compensazione dei manager e ai meccanismi della cartolarizzazione, nonché ai conflitti di interesse delle agenzie di rating. Quindi, anche in questo caso, appare necessario un più forte sistema di regole;
5) il sistema di Basilea 2 presenta rilevanti problemi ancor prima di essere applicato. In particolare, la crisi recente ha mostrato che le istituzioni finanziarie sono spesso molto sottocapitalizzate, visto il tipo di operazioni che esse perseguono; è quindi necessaria anche in questo caso una riforma radicale. Le esigenze di capitale dovrebbero essere rafforzate anche a parità di livello di rischio e bisognerebbe dare maggiore attenzione anche alla liquidità (Wolf, a). E’ un tema affrontato anche dal cosiddetto gruppo dei trenta - un numeroso gruppo di autorevoli economisti ed esperti finanziari, guidati da Paul Volckler, consigliere economico di Obama e già presidente della Fed (dicui fa parte anche Tommaso Padoa Schioppa - che ha emesso nel gennaio del 2009 un documento sulla possibile riforma finanziaria. Il documento insiste anch’esso sulla necessità di più stretti livelli di mezzi propri per le banche e domanda anche, secondo noi correttamente, la fine dell’era delle “megabanche”, dal momento che, viste le loro dimensioni, in caso di difficoltà finanziarie si potrebbe arrivare a conseguenze catastrofiche per tutto il sistema finanziario. Gli economisti raccolti intorno al PERI, come altri autori, propongono poi che vengano imposte alle banche e alle altre istituzioni finanziarie delle misure anticicliche per quanto riguarda i loro livelli di capitale, obbligandole ad aumentarlo nei periodi di boom, in modo anche da contribuire a mantenere sotto controllo la stessa crescita del mercato;
6) i conflitti di interesse e l’asimmetria informativa hanno condotto le agenzie di rating a sovrastimare fortemente la qualità di molti titoli nel settore del sub-prime. Bisogna far cadere il ruolo semi-ufficiale che le agenzie hanno nel sistema di Basilea 2, favorire una maggiore concorrenza tra di loro, creandone anche di nuove, proibire loro di svolgere attività quali la consulenza alle imprese, far pagare infine agli investitori, invece che alle stesse imprese, i costi del rating. Queste proposte ci sembrano comunque forse non sufficienti e a nostro parere si dovrebbe arrivare al varo di agenzie sotto il pieno controllo pubblico;
7) è importante anche la questione delle valutazioni contabili dei titoli; il criterio della valutazione ai prezzi di mercato oggi usato nel mondo presenta grossi problemi nel caso di bolle e poi nel caso di crisi, quando le bolle scoppiano;
la crisi finanziaria è stata, almeno in parte, originata dal fatto che negli ultimi anni i mercati finanziari sono diventati meno trasparenti, con l’affermarsi di nuovi strumenti esotici e poco liquidi, lo sviluppo di derivati sempre più complessi, il fatto che molti di questi strumenti non passano attraverso le borse, ma sono trattati privatamente, che molte istituzioni finanziarie sono opache e senza controllo, ecc.. Appaiono necessari una più grande trasparenza e un maggiore livello di informazione. Nel testo vengono discusse alcune delle possibili soluzioni al problema; tra l’altro Wolf suggerisce, a nostro parere correttamente, che tutti i derivati siano trattati nelle stanze di compensazione ufficiali. Anche Lordon appare d’accordo su tale punto, ma in più questi propone che il livello quantitativo dei depositi a copertura delle operazioni sia drasticamente aumentato, mentre oggi esso appare ridicolmente basso; è evidente anche, afferma Lordon, a proposito delle stesse stanze di compensazione, che esse devono essere pubblicizzate, magari secondo uno statuto particolare a livello europeo, secondo un meccanismo da creare ex-novo;
9) quale infine il miglior modello di supervisione in un mondo di innovazione finanziaria e di globalizzazione? In particolare è meglio un revisore unico, come in Gran Bretagna o una pluralità, anche grande, di enti, come negli Stati Uniti? Non va forse bene uno solo, ma non vanno neanche bene diverse dozzine di enti, come appunto nel caso statunitense; l’autore si schiera, con argomentazioni analitiche, a favore di un numero ridotto di autorità. Inoltre, in un mondo globalizzato, afferma l’autore, non basta certo un’autorità a livello nazionale, ma appare necessario almeno un coordinamento importante tra quelle dei vari paesi, coordinamento che oggi invece è presente solo in forma molto leggera.
Aggiungiamo ai nove punti proposti da Roubini altri due, indicati da altri autori:
10) gli economisti raccolti intorno al PERI propongono di mettere in opera un pricipio di precauzione come quelli usati dalla Food and Drug Administration (l’organismo che negli Stati Uniti deve dare un’autorizzazione preventiva prima che i nuovi farmaci siano messi in commercio) per quanto riguarda in nuovi prodotti e processi creati dall’innovazione finanziaria, per determinare se essi possono essere portati avanti;
11) un problema fondamentale sul quale Roubini non si dilunga molto riguarda poi il fatto che esiste uno stretto legame tra la regolamentazione “micro” del sistema finanziario dei singoli paesi e la riforma del regime finanziario macroeconomico a livello nazionale ed internazionale - con riferimento al sistema dei rapporti di cambio tra le monete, al ruolo del Fondo Monetario Internazionale, al regime degli scambi, alle politiche fiscali e monetarie. Le due riforme devono essere portate avanti contemporaneamente, come afferma lo stesso M. Wolf in un altro testo ( Wolf, 2009, b). Ma su questo ultimo tema scriveremo una nota prossimamente.
Testi citati
- Lordon F., Jusqu’à quand ? pour en finir avec les crises financières, Raisons d’agir èditions - Parigi, 2008, a
- Lordon F., Finance: la société prise en otage, La Revue internationale des livres et des idées n. 8 - nov/dic 2008, b
- Political Economy Research Institute (PERI), A progressive program for economic recovery & financial reconstruction, Schwartz center for economic policy analysis - University of Massachussets, Amherst, Mass., 31 dicembre 2008
- Roubini N., Ten fundamental issues in reforming financial regulation and supervision in a world of financial innovation and globalization, www.rgemonitor.com - 2008
- Wolf M., Seven habits that finance regulators must acquire, The Financial Times 7 maggio 2008 - a
- Wolf M., Preventing a global slump must be the priority, The Financial Times, 28 ottobre 2008 - b