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Poveri ricchi: soffrono molto per la crisi

16 aprile 2009 0 commenti

diamond-skullAl liceo avevo un compagno di scuola molto bravo, che essendo ad un certo punto diventato per una qualche ragione amico di una famiglia ricca del posto - siamo nella provincia meridionale - aveva preso a frequentarla assiduamente; e ne aveva tra l’altro tratto la conclusione che  i ricchi sono dei poveretti come noi, con tanti problemi.

Questo ricordo mi è ritornato alla memoria qualche settimana fa leggendo un supplemento  speciale preparato dal settimanale The Economist e centrato  sulle conseguenze della crisi per le persone più abbienti del pianeta. A tale studio si è aggiunto qualche giorno dopo una pungente analisi sullo stesso tema apparsa su Le Monde per la penna di Delhommais. Ricordiamo incidentalmente, a questo proposito, che esistono da tempo diverse  pubblicazioni periodiche dedicate a tale classe della popolazione; tra le più note il settimanale statunitense Forbes ed un supplemento del Financial Times intitolato significativamente “How to spend it” (come spendere i soldi).

Torniamo all’analisi dell’Economist; intanto il settimanale ci ricorda che le grandi differenze di reddito tra ricchi e poveri sono nella storia la regola piuttosto che l’eccezione. Il periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale sino a tutti gli anni settanta, che ha invece registrato una riduzione delle ineguaglianze tra le due classi, rappresenta invece da questo punto di vista un’anomalia, subito peraltro corretta nei decenni  successivi.
Così, sempre secondo i dati citati dal settimanale, per quanto riguarda gli Stati Uniti, nel 1979 lo 0,1%  più ricco della popolazione del paese concentrava  nelle sue mani 20 volte il livello di ricchezza dell’ultimo 90%; ma nel 2006 tale rapporto era salito a ben 77 volte. Bisogna, tra l’altro, anche ricordare che dagli anni ottanta in poi si sono aggiunti alla lista dei ricchi del mondo un grande stuolo di persone provenienti dai paesi emergenti in forte crescita economica, in particolare da Cina, India, Russia e la ricchezza si è così molto diffusa geograficamente. Si è andata costituendo a livello globale  quella che qualcuno ha chiamato “plutonomia” o “plutocrazia”, per usare un vecchio termine populista.

Ma ora, come commenta Delhommais, il fatto che questa crisi sia eccezionale è dimostrato anche dal fatto che - al contrario che  nelle recessioni classiche, quando venivano toccati solo i redditi più modesti - ne sono danneggiati fortemente anche i ricchi.
Secondo quanto riportato dal settimanale inglese, una ricerca citata nel testo mostra che con la crisi  le persone più ricche del mondo hanno registrato una perdita nei loro patrimoni di all’incirca 10 trilioni di dollari, una somma enorme.  Il settimanale Forbes riporta la notizia che il numero dei miliardari in dollari  statunitensi è sceso nel 2008 rispetto all’anno precedente da 1125 a 793; si potrebbe aggiungere a queste cifre che la strage sta continuando nei primi mesi del 2009. Per quanto riguarda invece i semplici milionari, sempre in dollari, il loro numero è passato nello stesso anno da 9,2 milioni di unità a 6,7 milioni.
Per quanto riguarda la Russia, le conseguenze della crisi sono state anche più drammatiche: i primi dieci oligarchi del paese hanno perso nel 2008 circa i due terzi del loro patrimonio. Uno di loro, che aveva acquistato una villa sulla Costa Azzurra per 400 milioni di euro nel 2008 perderà probabilmente la caparra già versata di 39 milioni di euro perché non più in grado di portare avanti l’acquisto per ragioni finanziarie. Pensiamo a quale perdita di immagine, oltre che di denaro, ne risulterà.

I colpi subiti dalla parte più agiata della popolazione non sono stati pochi. Sono andati giù contemporaneamente  i valori delle attività immobiliari, quelli delle materie prime, della borsa, degli hedge fund, mentre hanno anche imperversato i vari scandali Madoff, Stanford  e compagnia e sono anche state messe sotto accusa  le stock-option e i premi di fine anno dei banchieri, ecc…
Insomma, sono andati in crisi gran parte degli strumenti nei quali erano collocati i risparmi di tale categoria di persone. Per sovramercato ora vengono anche minacciati dalle fondamenta i paradisi fiscali, porto sicuro di tanti miliardari; un’anteprima di quanto potrebbe succedere  in futuro in tale ambito - anche se non è ancora detto - è stata costituita nei mesi scorsi dall’obbligo cui la svizzera UBS ha dovuto sottostare negli Stati Uniti, essa ha dovuto rivelare i nomi di alcune centinaia di ricchi contribuenti del paese che la banca aveva aiutato a collocare le loro risorse finanziarie in luogo sicuro, frodando il fisco. Inoltre, più in generale, in alcuni paesi si agita persino la minaccia di aumentare le tasse per i ricchi. Sempre l’Economist cita ad esempio un esperto propone di portare dovunque l’aliquota sui redditi più elevati all’80%, ciò che ci sembrerebbe peraltro molto ragionevole.

Alcune delle manifestazioni più evidenti delle difficoltà delle persone più abbienti  in giro per il mondo sono costituite dal fatto che le vendite di Tiffany nei suoi negozi americani sono recentemente crollate, che la De Beers si è trovata costretta a chiudere per il momento una sua miniera di diamanti (speriamo che la chiusura sia soltanto temporanea) e che infine la nostra Ferretti ha difficoltà a collocare la sua produzione di yacht di lusso, mentre sino a ieri non sapeva come star dietro agli ordinativi. Temiamo molto per il modello marchigiano…

Ironia della sorte, commenta  Delhommais, tutto questo cataclisma è stato generato dagli americani poveri, che, non riuscendo a pagare le rate del mutuo che avevano acceso per comprarsi una piccola casa, hanno causato tante seccature inopportune a tutti i ricchi del pianeta. Speriamo per loro che la crisi duri ancora poco…