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C’erano una volta le grandi banche statunitensi

22 aprile 2009 0 commenti

CHINA ICBC IPOCambia ed evolve l’equilibrio della finanza mondiale, conseguenza quasi inevitabile della crisi economica. Le oscillazioni, peraltro normali in un settore così soggetto ai venti che spirano da tutte le direzioni, sono state comunque molto forti nell’ultimo periodo.

Negli anni settanta nessuno sembrava  in grado di mettere in discussione l’egemonia dei grandi istituti statunitensi sul settore. Poi, negli anni ottanta, si è registrata la grande - anche se rivelatasi effimera - ascesa delle istituzioni finanziarie giapponesi, che sembravano destinate a dominare il mondo della finanza, oltre che quello dell’economia reale. Ma il crollo dell’economia e della stessa finanza del paese a partire dal 1989-90, secondo un processo negativo che è durato sino a pochi anni fa, ha grandemente ridimensionato i sogni di potere del paese del sol levante e le banche statunitensi hanno così ripreso un  posto pressoché dominante in questo come in altri settori.

Un’analisi sviluppata dal Financial Times mostra come nel 1999, considerando almeno i valori di borsa, se si analizzava la lista delle prime venti banche a livello mondiale, si scopriva come ben undici fossero di origine statunitense, quattro britanniche, due soltanto giapponesi, due svizzere e infine una soltanto spagnola. L’analisi prende in considerazione il periodo ‘99-2009 e visualizza bene (grazie ad un’interessante mappa multimediale) la presenza di ben cinque banche Usa tra le prime sette, compresi i due primi posti del mondo che erano di Citigroup e di Bank of America; oggi ambedue - almeno a leggere i giornali - sarebbero relativamente vicine alla bancarotta.

Il quadro appare totalmente cambiato dieci anni dopo, nei primi mesi del 2009. Ai primi tre posti della classifica stanno oratre istituti cinesi, che totalizzano cinque presenze in tutto nella lista, mentre le banche statunitensi sono ormai soltanto tre su venti; due posti ciascuno spettano a Canada, Australia, Brasile, uno solo a Gran Bretagna, Giappone (per i due paesi è proprio il caso di dire “sic transit gloria mundi”), Spagna, Italia - che solo pochi mesi fa ne aveva due in lista - Francia, Svizzera.

La banca italiana in lista è Intesa San Paolo, mentre Unicredit è ora, in seguito al recente tracollo in borsa, soltanto in 39a posizione.
La prima banca del mondo è quindi, in questo momento, almeno seguendo il criterio della capitalizzazione di borsa, la Industrial & Commercial Bank of China, con un valore di mercato di circa 175 miliardi di dollari; come seconda in classifica figura la China Construction Bank e come terza la Bank of China. Tutte e tre le banche hanno una presenza internazionale molto ridotta.

Nel frattempo la Citigroup, che è ora sotto controllo pubblico,  è precipitata al 46° posto, con un valore di mercato ormai ridotto a meno di 14 miliardi di dollari, contro i 151 miliardi di dieci anni prima, mentre la Bank of America è scesa all’11°, con un valore di mercato pari oggi a circa 40 miliardi. Complessivamente, le banche Usa quotate in borsa valgono oggi 378 miliardi di dollari - contro i 1054 miliardi di dieci anni fa - mentre quelle cinesi, che non erano per niente presenti sui mercati finanziari nel 1999, valgono oggi 509 miliardi, quelle giapponesi 121 - contro 362 di dieci anni fa - quelle inglesi infine circa 119.

Sarebbe veramente un azzardo prevedere come si presenterà la classifica tra dieci anni, ma probabilmente essa potrebbe riservare ancora delle grandi sorprese. Va pur sottolineato che l’egemonia degli Stati Uniti sul settore finanziario del mondo non appare legata soltanto alle dimensioni delle sue banche,  ma essa è anche da collegare a molte altre ragioni ed appare più difficile, anche se certamente non impossibile, da ridimensionare in maniera significativa.