Una nuova (possibile) regolamentazione dei derivati
Tanto tuonò che piovve!
Sono passati quasi due anni da quando hanno cominciato ad apparire sui media di tutto il mondo le prime notizie relative alla crisi del subprime e - finalmente - le autorità dell’Unione Europea e quelle statunitensi hanno cominciato ad avanzare delle proposte operative che hanno l’obiettivo di cercare di controllare meglio il settore bancario ed i prodotti finanziari tossici, temi su cui si sono concentrate nell’ultimo periodo le critiche degli esperti e dell’opinione pubblica.
Tali proposte, pur nella loro sostanziale moderazione, non stanno mancando di suscitare in effetti una rilevante opposizione da parte degli organismi che ne sarebbero direttamente toccati. In questo caso, come in altri precedenti, appaiono chiari - tra l’altro - l’arroganza e il disprezzo per l’opinione pubblica che il mondo finanziario tende a continuare ad esibire verso l’esterno.
In queste note vogliamo concentrare l’attenzione, in particolare, sulle proposte statunitensi per un migliore governo del fenomeno dei derivati, tema al quale in generale questo sito appare particolarmente sensibile da parecchio tempo.
Come è noto, per circa 20 anni i prodotti derivati sono stati al centro di tutti i problemi e gli scandali finanziari di cui abbiamo avuto notizia, dal caso Enron, alle difficoltà della Long Term Capital Management Company, varata a suo tempo da alcuni premi Nobel per l’economia, sino alla questione dei mutui subprime; ciononostante, essi sono stati soggetti nel tempo, negli Stati Uniti come nella stessa Europa, a una regolamentazione sempre più evanescente.
Ora il segretario al Tesoro Geithner ha avanzato una serie di nuove proposte sul tema.
Gli obiettivi principali delle nuove eventuali disposizioni appaiono, da una parte, quello di aumentare il livello di informazioni disponibile sul mercato relativamente a tali prodotti e, dall’altra, quello di cercare di controllare le irregolarità che si manifestano nel settore. Le proposte specifiche cancellerebbero intanto sostanzialmente le precedenti disposizioni varate nel 2000 - sotto la presidenza Clinton - e che tanto avrebbero poi contribuito a danneggiare l’economia e i mercati finanziari.
Le nuove disposizioni obbligherebbero ora a commercializzare certi tipi di derivati, anche se non tutti, solo attraverso delle clearing houses specializzate, mentre, come è noto, una gran parte di essi oggi sono negoziati in privato - over the counter è l’espressione inglese - ed anche semplicemente per telefono; richiederebbero, inoltre, che i singoli contratti derivati siano sostenuti da garanzie monetarie, mentre oggi il livello di copertura di molti contratti appare ridicolo; permetterebbero agli organismi federali di regolamentazione di controllare i mercati, per investigare su eventuali reati di frode e manipolazione. La proposta obbligherebbe, inoltre, i partecipanti al mercato dei derivati a detenere dei livelli minimi di capitale; imporrebbe, infine, la tenuta di un’adeguata contabilità in proposito e obbligherebbe a mantenere degli standard informativi minimi verso il mercato, anche se tali standard appaiono nella sostanza insufficienti. E sino a questo punto va quasi tutto bene.
I problemi sorgono per quello che invece dalle norme non è previsto. Così, le nuove disposizioni non richiedono che i contratti passino per delle borse pienamente regolate. Esse fanno poi una distinzione netta tra derivati di tipo standard e derivati di tipo non standard (customized); si propone così un sistema di regolamentazione più leggero per questo secondo tipo di prodotti, aprendo così le porte alla possibilità di aggirare con facilità il sistema dei controlli. L’amministrazione Obama ha inoltre proposto di nominare alla guida della Commodity Futures Trading Commission (CFTC), che dovrebbe governare tale mercato, Gary Gensler, che a suo tempo, durante l’amministrazione Clinton, è stato uno dei campioni della deregolamentazione degli stessi derivati, anche se adesso il soggetto si proclama pienamente pentito. Non è poi assolutamente chiaro se le nuove regole si applicheranno anche ai contratti in essere o solo a quelli nuovi, questione importante.
Le nuove proposte sui derivati somigliano, per alcuni aspetti, a diverse altre iniziative varate dalla nuova amministrazione americana, nel senso almeno che esse, mentre cercano di coprire un’esigenza reale, operativamente lasciano poi, per molti versi, abbastanza insoddisfatti e con la bocca un po’ amara. Speriamo comunque che, almeno in questo caso, nell’iter parlamentare che dovrà seguire nei prossimi mesi, le proposte sinora avanzate vengano almeno un po’ migliorate.