Tobin e le mele verdi
Si va assistendo negli ultimi mesi - in particolare da parte del mondo bancario, ma anche di diversi economisti - ad un tentativo di tornare all’antico, alle vecchie e disastrose pratiche, come se con la crisi non fosse successo nulla, o che si fosse trattato soltanto di un piccolo incidente di percorso.
Eppure nella crisi qualcosa si sta muovendo, almeno per quanto riguarda la visione ideologica della finanza; il muro del denaro mostra ormai almeno qualche crepa, sotto forma di due pentiti illustri, trascurando invece le dichiarazioni relativamente recenti di Greenspan, che ci sembra un pentito perlomeno sospetto.
Il 18 giugno pubblicavamo la notizia relativa al fatto che J. Welch, che è stato a lungo considerato il miglior manager del mondo, in qualche modo rinnegava ormai il concetto della creazione del valore azionario come strumento guida nella condotta delle imprese; si tratta di uno dei pilastri fondamentali attraverso cui la finanza si è a suo tempo infiltrata all’interno delle principali leve di gestione delle aziende nel mondo.
Adesso è la volta di Lord Turner, presidente della Financial Services Authority (FSA), l’organismo pubblico che in Gran Bretagna è incaricato della supervisione del settore finanziario. La FSA era stata sotto il fuoco dei critici pochi giorni prima per avere reso molto più morbido un suo precedente documento, piuttosto deciso, pubblicato nel mese di marzo e in cui si fissavano delle nuove regole per restringere e regolamentare i bonus riconosciuti ai manager e ai trader bancari. Ora Lord Turner sembra avere cambiato orientamento e ha dichiarato, tra l’altro, che il settore finanziario è diventato troppo grande per la società – le sue dimensioni, egli ha affermato, sono cresciute sino ad un livello che va al di là di quanto è socialmente accettabile- ed esso è ormai un fattore destabilizzante per l’economia britannica. In particolare Lord Turner appare preoccupato del ritorno al business as usual nel settore bancario, arrivando a suggerire che possano essere necessarie nuove tasse per ridurre gli eccessivi profitti e le paghe troppo elevate del settore. E suggerisce nuove tasse sulle transazioni finanziarie e rispolvera anche il progetto di una Tobin tax.
Bisogna ricordare a questo proposito che Tobin, economista statunitense, ha avanzato per la prima volta la sua proposta nel 1972, appena dopo la caduta del sistema di Bretton Woods. Lo schema avrebbe dovuto funzionare in un modo molto semplice: avrebbe dovuto essere varata una tassa sulle transazioni relative ai cambi, per aiutare i governi nazionali ad impedire che le loro economie si ritrovassero alla mercé degli speculatori, preservando e promuovendo l’autonomia delle politiche monetarie e macroeconomiche dei singoli paesi.
La proposta fu subito osteggiata dalla gran parte degli economisti perché essa, a loro dire, frenava il libero dispiegarsi delle forze di mercato ed anche gli ambienti finanziari divennero subito nemici giurati della proposta.
Di recente alcune organizzazioni non governative hanno calcolato che una tassa con un’aliquota dello 0,005% sulle transazioni in cambi a livello mondiale raccoglierebbe ogni anno tra i 30 e i 60 miliardi di dollari. Il fatto che Lord Turner abbia colto nel segno è dimostrato, tra l’altro, dalle rabbiose reazioni che le sue proposte hanno suscitato nei soggetti interessati, dall’associazione dei banchieri britannici, a quella degli assicuratori del paese, a quella Financial Service Rountable statunitense, sino al sindaco di Londra, conservatore.
Invece una coalizione di organizzazioni non governative ha approfittato delle dichiarazioni del responsabile britannico per avviare una forte campagna con l’obiettivo di spingere i paesi del G-20, nella loro prossima riunione, ad introdurre tale tassa sui cambi. I proventi di tale tassa dovrebbero essere utilizzati per sostenere i paesi poveri.
Non tutti aspettano peraltro che il mondo si decida a fare qualcosa in merito. Già in Francia qualche anno fa, sotto la presidenza Chirac, è stata varata una tassa che preleva una piccola percentuale dall’importo derivante dalla vendita dei biglietti aerei; le somme relative sono usate per comprare delle medicine che combattono l’Aids, la malaria e la tubercolosi. A tale iniziativa hanno poi aderito trenta paesi e la somma raccolta in due anni è di circa 1 miliardo di dollari.
Come ci informa un articolo del Guardian del 27 agosto opera a Londra un operatore in cambi, la Ethical Currency. Dalla fine di agosto la società, fondata da parecchio tempo, è diventata il primo operatore finanziario del mondo a prelevare volontariamente una commissione dello 0,005% su ogni operazione in cambi. Tali somme saranno poi indirizzate verso il Global Fund, un’organizzazione fondata da parecchio tempo, di nuovo, come nel caso dei prelievi sui biglietti aerei, per combattere l’Aids, la tubercolosi e la malaria. Il Global Fund,con la crisi, sta avendo parecchie difficoltà a portare avanti i suoi obiettivi e il soccorso che ora dovrebbe arrivare dalla società di cambio potrebbe essere prezioso.
Tra l’altro, i dirigenti della Ethical Currency vogliono dimostrare come anche applicando tale tassa il loro business possa continuare a fiorire e come anche dal punto di vista operativo non esistano grandi difficoltà per applicarla, anche dal momento che ormai tutte le transazioni su cambi si svolgono per via elettronica e che una parte molto consistente di tali operazioni passano per Londra. Speriamo che il numero dei pentiti, dopo i casi di J. Welch e di Lord Turner, cresca considerevolmente nelle prossime settimane.