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La situazione della crisi economica nei paesi emergenti

13 ottobre 2009 0 commenti

Premessa
Sul fronte dell’analisi della crisi questo appare un momento di grande confusione e delicatezza, sia per quanto riguarda le possibili interpretazioni della situazione attuale che,  ancora di più, in relazione alle previsioni di quello che potrebbe accadere nei prossimi mesi e soprattutto nei prossimi anni.  Può essere quindi opportuno cercare di fare un po’ il punto sulla situazione e sulle prospettive dell’economia e della finanza mondiale, sottolineando sia le tendenze positive, relativamente poche per la verità al momento,  almeno per quanto riguarda i paesi più sviluppati, che i tanti problemi che ci stanno di fronte.

bric_leaders_in_2008I paesi emergenti
Intanto sembra che i fatti stiano confermando abbastanza la teoria cosiddetta del decoupling che alcuni analisti avevano avanzato all’inizio della crisi e secondo la quale paesi come la Cina e l’India, e più in generale diversi paesi emergenti, sarebbero scampati alle difficoltà  ed avrebbero continuato a crescere, separando nella sostanza la loro sorte da quella dei paesi già sviluppati. Così, nei fatti, l’economia cinese, dopo un breve periodo di incertezza, grazie anche ad un massiccio piano di interventi pubblici e all’allentamento dei cordoni della borsa da parte del sistema bancario e nonostante una forte caduta delle esportazioni, ha ripreso la sua marcia trionfale: le previsioni per il 2009 sono per una crescita del pil tra l’8% e il 9% e quelle per il 2010 per una crescita a due cifre, sino all’11,9%,  secondo almeno la Goldman Sachs. Anche l’India vede le previsioni di sviluppo per l’anno in corso collocarsi intorno al 6% e quelle per il 2010 intorno al 7,8%, di nuovo almeno secondo la Goldman Sachs.

La rinnovata crescita dei due paesi sta anche spingendo in alto quella di altre economie asiatiche e lo sviluppo di gran parte del continente viaggia ormai su livelli molto importanti. Le previsioni della Banca Asiatica di Sviluppo sono per un aumento del pil per tutta l’area, escluso il Giappone, di circa il 4% nel 2009 e del 6,4% per il 2010. Si può aggiungere che anche l’idea del BRIC (Brasile, Russia, India, Cina), come di un blocco di paesi destinati a diventare molto importanti sulla scena economica e politica mondiale, ha retto abbastanza bene alla crisi, sia pure con qualche ammaccatura; in effetti, le prestazioni della Russia hanno subito qualche contraccolpo, ma è vero che complessivamente l’insieme ha tenuto bene e sta ora andando avanti.

In conclusione, più in generale, si può dire che un effetto molto importante della crisi è stato quello di aver accelerato di almeno un paio d’anni l’affermazione, già in atto sulla scena mondiale, di un nuovo gruppo di stati protagonisti, in particolare della Cina, che tende ad affermarsi ormai, dall’alto dei suoi tassi di crescita e delle sue riserve finanziarie, come una nuova superpotenza, affiancandosi rapidamente agli Stati Uniti. Le stime sono molto approssimative, ma valutando il pil dei vari paesi con il criterio della parità dei poteri di acquisto, nel 2009 quello della Cina dovrebbe collocarsi almeno intorno al 60% di quello statunitense e potrebbe raggiungere quest’ultimo paese, secondo certe ipotesi, intorno al 2020/2022. Se le tendenze in atto non subiranno grandi variazioni nei prossimi anni, diversi dei paesi ora considerati come emergenti saranno, più in generale, al cuore dell’economia mondiale molto presto.

Ma non mancano i problemi.
Per quanto riguarda in specifico la Cina, va ricordato che la transizione da un modello orientato prevalentemente alle esportazioni a quello di un’economia centrata sui consumi interni, ormai richiesta da fattori sociali, economici, politici,  appare molto complessa ed essa richiede comunque un rilevante numero di anni.

Per quanto riguarda il piano per far fronte alla crisi, già varato da tempo nel paese asiatico, si può ricordare che si stanno nella fretta mettendo in campo anche molti progetti inutili e dallo scarso ritorno economico, mentre si teme un forte incremento dei crediti bancari insoluti; una parte del denaro stanziato viene in realtà impiegato per alimentare una nuova possibile bolla in borsa, sul mercato delle materie prime, nonché nel settore immobiliare. Il piano poi pensa poco al settore delle piccole e medie imprese, che costituisce invece, come in Italia, la parte più consistente dell’occupazione del paese.
Comunque, nonostante tutti questi problemi, l’economia sembra procedere di nuovo a passo di corsa.

Anche l’India presenta rilevanti problemi; in questo momento le maggiori preoccupazioni sono, oltre che per i tradizionali forti squilibri sociali, l’inefficienza e la corruzione della burocrazia, la mancanza di infrastrutture,  per la debole forza del monsone, che sta provocando gravi danni al settore agricolo, così importante ancora per lo sviluppo del paese. Ma anche l’India, nonostante tutto, va avanti con decisione.

Migliorano intanto le prospettive economiche del Brasile (le previsioni di crescita per il 2010 per questo paese sono intorno al 3,5%) e persino quelle della Russia, che ha subito negli ultimi tempi gravi colpi, non sono più tanto negative.

Naturalmente, poi, non tutti i paesi poveri escono bene dalla crisi; anzi, la maggioranza di loro hanno sofferto e stanno ancora soffrendo molto di una importante caduta dell’attività economica. A questo risultato concorrono la caduta delle esportazioni, la riduzione dei prezzi delle materie prime, il ridimensionamento delle rimesse dei loro emigrati, la riduzione degli investimenti esteri e degli aiuti internazionali. Fanno solo parzialmente da contraltare un tendenziale aumento degli aiuti da parte del Fondo Monetario Internazionale  e la crescita degli impegni di un paese come la Cina. La crisi in atto appare, comunque,  per i paesi poveri una vera tragedia [continua...]