Charities
Seguiamo da tempo con una certa attenzione lo sviluppo delle vicende che fanno riferimento al settore delle charities, ovvero alle attività di beneficienza e di volontariato e riportiamo volentieri delle notizie che ci appaiono interessanti in proposito.
Sono apparsi sulla stampa internazionale degli articoli di un certo interesse sul tema: il primo testo è stato pubblicato il 27 di ottobre dal quotidiano britannico Guardian; esso riferisce di un programma appena varato da un membro del governo britannico, Sir Gus O’Donnell, il cui obiettivo è quello di inserire, sotto varie forme, esperti di faccende economiche, anche di alto livello, in delle organizzazioni di volontariato, che potrebbero così beneficiare delle loro competenze, sia pure con un impegno soltanto part-time degli esperti. L’obiettivo di tale iniziativa è anche quella di migliorare l’immagine della professione di economista, così logorata negli ultimi tempi in relazione alle vicende della crisi economica, vicende che hanno visto autorevoli membri della professione sul banco degli imputati. Si è così formata una squadra che è riuscita al momento a raggruppare una cinquantina di esperti. Tra le persone che collaborano in qualche forma al progetto sono tra l’altro da segnalare il presidente dell’autorità di vigilanza dei mercati finanziari (Lord Turner) di cui abbiamo parlato di recente per aver egli contribuito a rilanciare il dibattito sulla Tobin Tax, nonché il direttore della prestigiosa London School of Economics, Sir Howard Davies.
Una notizia dal tono completamente diverso riguarda la Cina, un paese in cui parlare di charities era sicuramente una cosa piuttosto improbabile sino a qualche anno fa. L’informazione che riferiamo è questa volta apparsa sul Financial Times del 28 ottobre a firma di J. Anderlini, corrispondente da Pechino del quotidiano economico londinese.
La notizia è che un imprenditore cinese, Chen Fashu, il quindicesimo uomo più ricco del paese, con una fortuna personale stimata come pari a 3,7 miliardi di dollari, ha annunciato che avrebbe donato 1,2 miliardi di dollari, quindi circa un terzo della sua fortuna, alla sua fondazione caritatevole appena costituita. Chen Fashu ha dichiarato, tra l’altro, che la nuova organizzazione sarebbe modellata sull’esempio della fondazione Melinda e Bill Gates, con la quale comunque collaborerebbe; essa concentrerebbe la sua attività nel provvedere attività di educazione nelle aree più povere della Cina. In seguito, potrebbe anche operare nei settori dell’assistenza medica e dei temi ambientali.
Il giornale riferisce come l’opinione pubblica cinese sia in generale piuttosto ostile e sospettosa nei confronti delle persone ricche; si pensa che le loro ricchezze siano ottenute quasi sempre in maniera illecita e attraverso connessioni sottobanco con il potere. Per questo la notizia non avrebbe suscitato alcuna emozione nell’opinione pubblica, pur essendo una donazione di quelle dimensioni del tutto inconsueta nel paese, mentre negli Stati Uniti e in Gran Bretagna si tratta di attività quasi di routine ormai da moltissimi decenni. Apparentemente, quindi, la notizia segnalerebbe come anche in questo settore la Cina stia diventando un paese sostanzialmente uguale agli altri. Ma c’è più di un problema; intanto bisogna segnalare che il Giornale del Popolo, il quotidiano ufficiale del partito comunista, ha scritto che la donazione potrebbe in realtà essere usata per cercare di eludere una indagine fiscale che sarebbe in atto e si chiede inoltre se i fondi stanziati saranno veramente usati per fini caritatevoli. Un funzionario del ministero degli affari civili ha poi contemporaneamente sottolineato come la donazione non sia ancora diventata una realtà, ma come si tratti soltanto di una speranza. Ma il portavoce del signor Chen nega peraltro che sia in corso qualsiasi indagine fiscale. Staremo a vedere.