Biocarburanti: d’alghe, legna e altre storie
Proprio in questi giorni a Bruxelles, durante i lavori della Conferenza Mondiale dei Mercati dei Biocarburanti, è stata lanciata ufficialmente una nuova piattaforma: l’European Algae Biomass Association. Si tratta di una iniziativa molto importante ed innovativa, fortemente voluta da Raffaello Garofalo, Segretario Generale dell’European Biodiesel Board, che si propone di dare un forte impulso allo sviluppo dei carburanti prodotti dalle alghe, nella speranza che, in un periodo compreso tra i cinque e i dieci anni, sia possibile passare ad una significativa produzione industriale commerciale. Partendo, quindi, da questa notizia così attuale e così stimolante, possiamo affrontare, in termini semplici e generali, l’argomento dei biocarburanti o biofuels, che da anni vengono studiati, collaudati e perfezionati in tutto il mondo, in quanto considerati una delle più concrete alternative ai carburanti tradizionali.
In pratica, si può affermare che esistano due filiere di componenti biologiche rinnovabili, principalmente utilizzate quali biocarburanti: il bioetanolo (e il suo derivato Etbe) viene miscelato con la benzina svolgendo la funzione di additivo ed ossigenante; gli oli vegetali (ed i loro derivati) sono miscelati con il gasolio e svolgono la funzione di additivi e lubrificanti; la prima filiera deriva dal grano e dalle barbabietole, mentre la seconda deriva dalla colza. E’ evidente che, al di là dei periodi di sperimentazione, destinati prima o poi a finire, il problema che si deve affrontare in prospettiva futura è sia di ordine tecnico-organizzativo, che di ordine morale: per produrre, infatti, quantità importanti e significative di questi biocarburanti sono indispensabili coltivazioni molto estese, che ovviamente sottraggono terreno fertile alle coltivazioni alimentari; con questo sfondo morale: produrre un pieno di biocarburante equivale, in termini agricoli, a non produrre una quantità di grano sufficiente a sfamare per un anno un essere umano! Appare evidente, quindi, come la scelta tra il nutrimento degli esseri umani e l’utilizzo di macchine e veicoli vari sia improponibile…
Si fa avanti pertanto l’ipotesi di auto del futuro progettate per “andare a legna” : il primo passo è quello di andare ad individuare piante che riescano a produrre grandi quantità di cellulosa in tempi brevi e senza occupare troppo terreno; il secondo passo è quello di mettere a punto dei processi chimici, atti a ricavare carburante dalla cellulosa in maniera pulita ed efficiente (in questo campo i nostri cugini francesi sono molto avanti, in quanto stanno sperimentando nuove piantagioni in ben 25 dipartimenti, con una specie di canna in Provenza che appare molto promettente, insieme ad altre piante più esotiche). Inserire cellulosa trasformata, nel serbatoio della propria automobile, sarebbe molto vantaggioso rispetto alle tecnologie attualmente utilizzate per fabbricare biocarburanti: la colza, che è la pianta più coltivata per surrogare il petrolio, fornisce meno di 1.500 litri di gasolio per ettaro, mentre il grano fornisce 2.500 litri di etanolo, e la barbabietola circa 5.000 litri. Il vantaggio ecologico dell’utilizzo dei biocarburanti appare piuttosto chiaro: l’anidride carbonica che immettono nell’atmosfera quando vengono bruciati, non si va a sommare a quella dei combustibili fossili (ovvero carbone, metano e petrolio), in quanto si tratta di una semplice restituzione della CO2 che le piante stesse hanno sottratto all’atmosfera durante il ben noto processo della fotosintesi, utilizzando l’energia solare. Quindi, in linea di massima, si può affermare che i biocarburanti non dovrebbero aggravare l’effetto serra! In pratica però ci sono delle complicanze, in quanto per produrre i biocarburanti è indispensabile un processo industriale, che a sua volta comporta emissioni di anidride carbonica, almeno in alcune sue fasi… In definitiva, facendo un calcolo energetico preciso per i biocarburanti, si arriva alla conclusione che il rendimento netto di questi è meno soddisfacente di quanto si sia portati a pensare: ovvero, spendendo 1 di energia, non si ottiene 2, ma soltanto 1,3 … ci possiamo ritenere soddisfatti? Sicuramente no, ed è proprio per questi motivi che gli studi e le ricerche, degli Enti di ricerca internazionali, ed anche delle stesse industrie automobilistiche mondiali non si fermano, anzi vanno avanti verso nuovi obiettivi e nuove frontiere: dove si potrà arrivare? Il futuro è legato soprattutto alla individuazione ed alla ottimizzazione delle fonti energetiche non tradizionali; l’idrogeno, per esempio, sarà un vettore energetico vero soltanto quando, per produrre l’elettricità necessaria ad isolarlo, non si dovrà più ricorrere al … petrolio (!), e solo allora diventerà veramente pulito. Il metano è al momento la soluzione migliore, ideale per la transizione che stiamo vivendo, ed ovviamente in Italia e in tutto il Mondo, si lavora intensamente per un sistema così flessibile da consentire di miscelare metano e idrogeno! Le fonti energetiche da esplorare sono molte e diverse: quella eolica, quella solare, quella dei carburanti di origine fossile non gassosi, e così via; insomma studi e ricerche in tutte le direzioni, con alcuni obiettivi prioritari: la salvaguardia dell’ambiente naturale, la salute dell’uomo ed il risparmio di energia più significativo possibile!
Franco Vivona
Ricercatore del CNR
Fonti OCSE Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico
U.E Conferenza Mondiale dei Mercati dei Biocarburanti
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