Antartide : una sfida interrotta ?
Dal 1985 al 2005 l’Italia ha investito negli studi e nelle ricerche in Antartide circa 500 milioni di euro, con una media quindi di circa 25 milioni all’anno; a partire dalla Finanziaria 2006 questi fondi sono stati drasticamente ridotti: il Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica ha stanziato 9 milioni nel 2006 e 10 milioni nel 2007, mentre altri 10 milioni sono stati resi disponibili, per il 2008, attraverso i fondi ordinari per la ricerca. Attualmente, per le campagne previste negli anni 2009 e 2010, non ci sono notizie sicure e concrete circa la disponibiltà dei fondi, che servirebbero almeno per garantire la manutenzione delle basi italiane ed il funzionamento in loco degli osservatori geofisici, come per esempio la importante stazione Concordia, frutto di un accordo di collaborazione con la Francia (che attualmente ospita i ricercatori italiani!). Ricordo con nostalgia e commozione il grande impegno profuso, alcuni decenni or sono, dall’amico e collega Carlo Stocchino (di Genova), che fu uno dei principali protagonisti dell’avvio di questa fondamentale “avventura” in Antartide, una esperienza che per 24 anni ha consentito all’Italia di essere considerata nella aristocrazia della scienza al Polo Sud, nell’ambito del Trattato Antartico al quale hanno aderito importanti Paesi, quali il Regno Unito, la Francia, la Germania, la Svizzera, l’Olanda, la Norvegia, la Svezia, la Danimarca e altri ancora. Come è noto, l’Antartide rappresenta un immenso archivio naturale del clima, a disposizione degli scienziati di tutto il mondo; le carote di ghiaccio, prelevate ad oltre 3 km sotto la calotta polare, contengono minuscole bolle d’aria, che vengono intrappolate al momento della transizione da neve a ghiaccio, rappresentando quindi “campioni” di atmosfera del passato. Le carote di ghiaccio confermano che la ciclicità climatica appare innescata dalle variazioni di insolazione, dovute a cause astronomiche. Il periodo interglaciale attuale presenta notevoli similitudini con un periodo caldo, occorso circa 400.000 anni or sono, e potrebbe continuare per altri 15.000 anni, in assenza di forzature climatiche determinate dall’uomo. Per portare avanti questi studi e queste ricerche, indispensabili per comprendere i cambiamenti climatici del nostro Pianeta, occorrono progetti che non possono avere la durata di un singolo anno, ma devono essere sviluppati per almeno tre anni; bisogna noleggiare aerei, elicotteri e navi, nonchè formare ed organizzare il personale tecnico, scientifico e amministrativo. Se invece i fondi arrivano all’ultimo momento, tutto diventa molto difficile, problematico ed improbabile, con un conseguente declino del nostro impegno in questa ricerca di eccellenza internazionale!
Franco Vivona