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Black Carbon in Himalaya

28 dicembre 2009 0 commenti

Con molto piacere desidero completare la precedente nota sull’inquinamento in alta montagna, riportando integralmente quanto riferiscono i colleghi Paolo Bonasoni, Angela Marinoni, Paolo Cristofanelli, Paolo Laj e Elisa Vuillermoz nell’interessante comunicato stampa 12/2009 in data 17 dicembre 2009:”Alti valori di Black Carbon in Himalaya sono stati registrati dalla rete di monitoraggio EvK2Cnr/Share durante la stagione pre-monsonica dai ricercatori del CNR-ISAC e del CNR-LGGE, afferenti al Comitato EvK2Cnr; questo è quanto emerge dai primi 4 anni di osservazioni, dal 2006 al 2009, eseguite presso il NCO-P (Nepal Climate Observatory-Pyramid), la stazione di misura più elevata del network ABC di UNEP, posta a 5079 metri di quota. Durante episodi acuti di inquinamento, le concentrazioni di black carbon hanno raggiunto cifre significative, mentre la massa del particolato PM10 ha superato il valore che in Europa costituisce il limite per la protezione della salute umana. Durante questi episodi di inquinamento anche l’ozono ha raggiunto concentrazioni ragguardevoli, confermando che simili concentrazioni di inquinanti, ricorrentemente misurate nel corso di 4 anni e tipiche delle aree urbane, possono raggiungere e superare i 5000 metri di quota, nel regno dei ghiacciai del cosiddetto “terzo polo” del Pianeta Terra. Questi sono alcuni dei risultati che stanno emergendo dal pool di ricercatori impegnati nello studio dell’Atmospheric Brown Cloud in Himalaya nell’ambito dei Progetti Share di EvK2Cnr e ABC di UNEP. Questi risultati, che saranno presentati prossimamente sulla rivista internazionale Atmospheric Chemistry and Physics, indicano che le valli himalayane possono svolgere la funzione di veri e propri “camini”, attraverso i quali gli inquinanti che compongono l’Asian Brown Cloud (ovvero la vasta nube di inquinanti che affligge il subcontinente indiano), sono direttamente trasportati verso la media e altra troposfera, dove il loro tempo di vita può aumentare considerevolmente. Questi alti livelli di inquinanti possono avere importantissimi effetti sul clima. Il black carbon ha un “potere riscaldante” pari a circa il 60 per cento della CO2, il gas maggiormente responsabile dell’effetto serra e del riscaldamento climatico. Infatti, mentre l’ozono è considerato il terzo gas-serra antropico, il black carbon assorbe la luce del Sole e può causare un riscaldamento in quegli strati di atmosfera dove è stato trasportato, comportando un minore flusso di radiazione solare al suolo, con la tendenza al suo raffreddamento. Una volta depositato sulle superfici di neve e ghiaccio, il BC, a differenza della CO2, può ridurre significativamente l’albedo superficiale, provocando una accelerazione della loro fusione. Grazie a misure eseguite al NCO-P, opportuni modelli numerici hanno permesso di stimare (nell’ambito di una collaborazione con il NASA GSFC di Greenbelt,Usa) un possibile aumento della fusione di neve e ghiaccio fino al 24 per cento!…” Ulteriori considerazioni da parte degli autori possono essere lette sul già citato comunicato 12/2009 EvK2Cnr del 17/12/2009.

Franco Vivona