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Nucleare, Berlusconi insiste: “Inizio dei lavori entro tre anni”

26 aprile 2010 0 commenti
La centrale nucleare francese di Flamanville

La centrale nucleare francese di Flamanville

L’obiettivo, ribadisce Berlusconi, è avviare entro tre anni i lavori di costruzione della prima centrale che segnerà il ritorno dell’atomo in Italia. Sceglie il giorno del 24° anniversario della tragedia di Cernobyl il presidente del Consiglio per ribadire “l’ineluttabilità” della scelta nucleare. Lo fa durante la conferenza stampa al termine del vertice italo-russo con Vladimir Putin, dopo che l’ad di Enel, Fulvio Conti, e l’acting chairman del management committee della russa Inter Rao Ues, Boris Kovalchuk, avevano firmato un ‘memorandum’ che prevede, tra l’altro, lo sviluppo congiunto del progetto di una nuova centrale a Kaliningrad, in Russia.

«Oggi nessun Paese può rinunciare» al nucleare, ha osservato il premier. “Il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola_ ha aggiunto Berlusconi _ ha preso direttamente questo progetto nelle sue mani” e “ha garantito che i lavori per la prima centrale partiranno entro questa legislatura”. Quanto al luogo dove sorgerà l’impianto, Berlusconi non si è sbilanciato. “Prima di individuare il posizionamento della centrale, bisogna che cambi l’opinione pubblica italiana”.

Il vero problema del nucleare, secondo il premier, è che l’opinione pubblica, a suo dire “per il 54% convinta della necessità di un ritorno al nucleare”, è contraria ad accogliere le centrali vicino casa. “Per questo motivo – ha insistito – è importante fare una campagna di sensibilizzazione” per convincere gli italiani. A questo proposito, Berlusconi ha riferito di aver già parlato con i vertici Rai per avviare una programmazione lunga, che duri circa un anno, e “porti in Italia l’esempio della Francia, dove la consapevolezza della sicurezza delle centrali è ormai acquisita” e i cittadini “fanno la corsa per avere la centrale nel loro territorio», perchè questi impianti «portano tanti posti di lavoro”.

Ma oltre agli ambientalisti e a gran parte dell’opposizione, almeno undici regioni non ci stanno. Il fronte dei governatori contrari ‘senza se e senza ma’ annovera Nichi Vendola in Puglia, Vasco Errani in Emilia Romagna, Enrico Rossi in Toscana, Vito De Filippo in Basilicata, tutti di centrosinistra. De Filippo, alla guida di una regione che in passato ha conosciuto le barricate contro l’idea di realizzare a Scanzano Jonico il deposito delle scorie, si e’ detto piu’ volte pronto a mobilitare di nuovo la piazza. Ma, dal centrodestra, anche Ugo Cappellacci in Sardegna, Michele Iorio in Molise, Raffaele Lombardo in Sicilia, Renzo Tondo in Friuli Venezia Giulia non hanno mai mostrato grandi aperture. A Tondo sembra interessare molto piu’ il raddoppio della centrale slovena di Krsko che un impianto in casa. Da Belgrado Scajola ribatte che il governo «va avanti e continuerà a farlo, anche se la Corte costituzionale dovesse accogliere i ricorsi presentati da alcune regioni>.

 

 

PD: IL NUCLEARE UNA SCELTA PRIVA DI RAGIONEVOLEZZA ECONOMICA

Berlusconi si informi meglio, non c’e’ nessun estremismo ambientalista che vede il nucleare con il fumo negli occhi. C’e’ solo buon senso, associato ad una realta’ internazionale che vede l’esempio del Canada che, pur avendo il 7,3% delle risorse mondiali di uranio nel proprio sottosuolo, nel 2009 ha deciso di investire tutte le proprie risorse in energie rinnovabili”. Lo dichiara Laura Puppato, responsabile Politiche ambientali del Pd. ”Questo testimonia che chi e’ in grado di portare avanti scelte non demagogiche e funzionali soltanto agli interessi contingenti di qualcuno, sa benissimo che il carburante per gli impianti nucleari si sta esaurendo – l’Ue ha calcolato in non oltre 50/60 anni il tempo residuo delle scorte di uranio – e quindi l’investimento enorme necessario alla costruzione degli impianti e’, nei fatti, un fallimento sicuro, una scelta sbagliata che non guarda al lungo periodo e che non risolve nessuno dei problemi energetici nei quali si trova attualmente il nostro Paese. A questo si aggiunga, a titolo di esempio, che negli ultimi otto anni il costo dell’uranio e’ passato da 7dollari per libbra a 137dollari per libbra, aumentando cioe’ di 20 volte”. ”Insomma – conclude la Puppato – stiamo ipotecando il futuro con una scelta priva di ragionevolezza economica, ambientale ed energetica”.

DONADI (IDV): NESSUNA CENTRALE SARA’ COSTRUITA IN ITALIA

“Nessuna centrale sarà costruita in Italia. Il primo maggio Italia dei Valori inizia la raccolta delle firme contro il nucleare ed il referendum spazzerà via la colossale truffa atomica”. A dirlo è il presidente del gruppo Idv alla Camera Massimo Donadi.
“Il nucleare – aggiunge Donadi – è pericoloso ed antieconomico, conviene solo alle grandi lobby, non certo ai cittadini. Nessun altro Paese sta investendo su questa energia vecchia perché il futuro è nelle fonti sicure, pulite e rinnovabili. Gli italiani non devono pagare i costi salatissimi di una politica energetica dissennata. Il referendum spazzerà via le velleità atomiche di Berlusconi e delle lobby”.

 

 

PUTIN: PRONTI A FINANZIARE PROGETTI IN ITALIA

La Federazione Russa è disponibile a collaborare al progetto di ritorno al nucleare in Italia attraverso «linee di credito» o un eventuale «cessione di combustibile». Lo ha affermato il primo ministro della Federazione Russa, Vladimir Putin, nella conferenza stampa congiunta con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. «In Russia abbiamo adottato un programma ambizioso – ha spiegato Putin – che prevede uno sviluppo dell’energia atomica» con l’obiettivo di farla crescere dal 15-16% del totale al 25%. «Gli idrocarburi – ha osservato – hanno solo un’alternativa pratica, e cioè l’energia atomica». «Se ci saranno progetti in Italia ci sarà una vasta cooperazione paneuropea».

 

 

VERDI: L’ITALIA PAGA 12 MILARDI LE LE CENTRALI CHIUSE

L’Italia paga per il nucleare che non ha, ma che aveva: si tratta di oltre 12 miliardi di euro per gestire le scorie radioattive. Questo, nonostante il deposito nazionale ancora non sia stato identificato ufficialmente. Anche se la sede potrebbe essere nell’area di Garigliano, tra Latina e Caserta, che per i vecchi trascorsi viene ritenuta ”la piccola Chernobyl italiana”. E’ questo il contenuto di un dossier dei Verdi presentato nel corso di un’azione di protesta di fronte a Piazza Montecitorio, proprio nell’anniversario dei 24 anni dell’incidente di Chernobyl: ai piedi di un plastico di una centrale nucleare, il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, insieme con altri rappresentanti ha simulato un incidente atomico, con tanto di tute bianche anti-radiazioni e finti malori. Dalla chiusura delle vecchie centrali ad oggi, si osserva nel dossier, la cifra che i cittadini italiani hanno dovuto pagare per la gestione delle scorie radioattive supera i 12 miliardi di euro senza che sia stato possibile indicare il deposito unico nazionale. La quantita’ attuale di rifiuti radioattivi italiani di seconda (scarti di lavorazione) e terza categoria (combustibile irragiato, scorie di riprocessamento) e’ pari a circa 90.000 metri cubi: 25.000 attuali e altri 65.000 provenienti dalle centrali in dismissione. A questi bisogna poi aggiungere una produzione annuale di 1.000 metri cubi di scorie provenienti da usi medici e industriali. Quelli di seconda categoria sono rifiuti pericolosi per circa 300 anni mentre quelli di terza rimangono carichi di radioattivita’ anche per 250.000 anni. Per quanto riguarda il deposito nazionale a Garigliano, si legge nel dossier dei Verdi, bisogna ricordare che nell’area e’ presente l’ex centrale nucleare in fase di smantellamento. Pertanto, bisognerebbe capire se l’eventuale deposito accoglierebbe le scorie di quella centrale o di tutto il territorio. Secondo i Verdi, tra l’altro, la centrale di Gargliano, definita ”una piccola Chernobyl”, e’ stata vittima di diversi incidenti. Il primo, nel dicembre 1976 il fiume Garigliano, dice il dossier, che in fase di piena e’ entrato nel locale sotterraneo raccogliendo e trscinandosi con se’ oltre un milione di litri d’acqua contaminata con radionuclidi. Nell’agosto del 1978 l’impianto chiude. E nel novembre del 1979 si verifica un incidente analogo. Nel novembre del 1980 le piogge abbondanti, aggiunge lo studio, penetrando fuoriescono nel fiume portandosi dietro Cesio 137. Nel novembre del 1982 un contenitore su rimorchio ferroviario da Roma a Garigliano perde per strada 9.000 litri di acqua con Cobalto 58, Cobalto 60, e Manganese 54. Infine, secondo il dossier, sono documentabili nel 1972 e nel 1976 due esplosioni dei filtri del camino centrale.