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Cnr crea una metodologia per monitorare la biodiversità

13 luglio 2011 0 commenti

transgenici Sperimentare una metodologia innovativa di valutazione dei rischi posti dall’introduzione di colture transgeniche sulla biodiversità. Questo l’obiettivo dell’impianto realizzato nel Parco naturale Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli dall’Istituto di genetica vegetale del Consiglio nazionale delle ricerche (Igv-Cnr) nell’ambito del Progetto europeo Demetra (DEvelopment of a quick Monitoring index as a tool to assess Environmental impacts of TRAnsgenic crops). Nell’area protetta tra le province di Lucca e Pisa, caratterizzata da un’ampia diversificazione degli ecosistemi naturali e da un’elevata compresenza di aree agricole, sono state create tre zone di studio e 44 aree di campionamento per l’analisi di mais, girasole, colza e pioppo.  Al progetto, con l’Igv-Cnr, aderiscono gli Istituti di biometeorologia (Ibimet) e per lo studio degli ecosistemi (Ise) sempre del Cnr, il dipartimento di Economia, ingegneria, scienze e tecnologie agrarie e forestali dell’universita’ di Firenze, l’Ente parco regionale Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli e la Regione Toscana.

A un anno e mezzo dal suo avvio, i primi risultati del progetto triennale sono stati presentati a San Rossore nel corso del seminario ‘Progetto Life + Demetra’.  ”Per la realizzazione del progetto, abbiamo individuato alcuni appezzamenti da coltivare a mais, girasole, colza e pioppo non ogm”, spiega Cristina Vettori, dell’Igv-Cnr di Sesto Fiorentino (Fi).  ”Sono state quindi allestite 44 aree di campionamento sperimentale all’interno di tre zone rappresentative dei diversi ecosistemi presenti nel parco: boschi, aree agricole o umide come quella del lago di Massaciuccoli”. Nelle aree individuate, la raccolta delle informazioni dell’intera catena trofica prende in considerazione soprattutto gli organismi target di eventuali transgeni: microrganismi del suolo, flora, vegetazione, vertebrati e macro invertebrati vengono analizzati e monitorati negli stessi punti per tutta la durata del progetto, comparando i dati.

 ”Attualmente abbiamo effettuato una prima caratterizzazione di due ambienti autoctoni presenti nel Parco: un bosco misto di pioppo nella Tenuta di San Rossore e una popolazione frammentata di Populus spp. nell’area di Massaciuccoli”, prosegue la ricercatrice. – ”Tali aree, che distano l’una dall’altra 8 km e nelle cui vicinanze vengono regolarmente effettuate coltivazioni di pioppo, sono state studiate per determinare la variabilità genetica di queste popolazioni arboree, il livello d’incrocio tra piante naturali e coltivate e le popolazioni d’insetti presenti durante la fioritura”.

 Sono state inoltre installate delle stazioni per il rilevamento di umidità, temperatura, precipitazioni, direzione ed intensità del vento, per ottenere informazioni sulla dispersione del polline.  ”I risultati indicano un alto livello di biodiversita’ e flusso genico, dovuto alla dispersione di polline. Quindi una possibile coltivazione di pioppo transgenico potrebbe influenzare la diversita’ genetica delle aree protette. Ma anche l’alto flusso genico delle pioppete coltivate potrebbe contaminare le popolazioni autoctone”, evidenzia Vettori.  ”Inoltre, se fossero coltivati pioppi transgenici con caratteristiche nocive per ditteri e lepidotteri, potrebbero influenzare la popolazione di insetti presenti sui pioppiautoctoni nell’area protetta diminuendo il livello di biodiversita”’.

 Questi risultati, seppure preliminari, evidenziano la necessita’ di approfondire le conoscenze al fine di limitare il rischio connesso all’impiego in agricoltura di specie transgeniche, ”consentendo una valutazione approfondita, razionale e fondata scientificamente a garanzia e nell’interesse dei cittadini”, conclude la ricercatrice.