Incentivi a vento e non a pioggia
L’auto è in crisi, e il governo tira fuori i soliti incentivi, per convincere i riluttanti italiani a cambiare auto e salvare i posti di lavoro degli operai Fiat. Nessuno sembra accorgersi che dai 200mila operai degli anni settanta siamo passati a soli 60mila, nonostante la continua riproposizione di incentivi. Nessuno sembra essersi altresì accorto che l’Unione europea l’altroieri ci ha messo in mora per violazione delle direttive sull’inquinamento dell’aria. Peraltro in questi anni si è scelleratamente consentito il transito dalla benzina al gasolio anche per le auto private, eliminando i superbolli. Insomma siamo di fronte a una situazione di totale incompetenza e pura improvvisazione. Eppure coniugare la libertà di muoversi con la tutela della salute, la protezione del clima e anche la difesa dei redditi dei produttori si potrebbe. Ma ci vuole una politica animata da ideali, coniugata a una capacità razionale di basare le decisioni sui fatti e non sugli umori dell’ultimo minuto. La crisi è una grande opportunità da cogliere per dare una sterzata decisa alla situazione e puntare a un sistema economico e dei trasporti finalmente sostenibile. Un esempio? Rifinanziare, con opportuno prestito pubblico, i trasporti pubblici urbani del nord Italia, e delle altre zone dove più grave è l’inquinamento atmosferico, per l’elettrificazione massiccia delle reti urbane e suburbane e la rottamazione dei mezzi a combustione interna, in particolare di quelli diesel. Per produrre la necessaria energia elettrica, invece di pensare al nucleare, pericoloso, costosissimo e assai lento a entrare in produzione, varare un serio programma di produzione eolica che ci consenta di riacchiappare almeno la Spagna, che fa dieci volte più eolico di noi e ha sviluppato un’industria con migliaia di addetti. È solo un esempio, e se ne potrebbero fare molti altri, se solo ci fosse qualcuno disposto ad ascoltare e a ragionarci su. Dagli Stati Uniti, in particolare da Stanford, una delle grandi università californiane, arrivano parole sagge confortate da studi rigorosi: “Mettere la gente a lavorare per fare turbine eoliche, impianti solari, impianti geotermici, veicoli elettrici ed elettrodotti potrebbe non solo creare posti di lavoro ma anche ridurre i costi sanitari, agricoli e climatici, oltre a fornire una disponibilità virtualmente illimitata di energia pulita” dice Mark Jacobson, intervistato da New Scientist . L’ingegnere americano ha appena pubblicato un studio comparato sulle fonti energetiche dal quale risulta che il vento è di gran lunga il migliore mezzo per rifornire di corrente un sistema di mobilità elettrificata, completamente ripulito da motori a combustione interna, che riescono simultaneamente a far danni alla salute fisica (e mentale, non dimentichiamo il rumore) delle persone, al clima e persino alla pace mondiale. Abbracciare il vento potrebbe letteralmente salvarci dalla crisi e anche da rischi ben più gravi di quello meramente economico. Forza con gli incentivi!