Free, free Nelson Mandela
M’hanno chiesto: “Ti sarà capitato qualcosa di bello lavorando al WWF, no?”
Ho cominciato a canticchiare: “Free, Free Nelson Mandela”
Chi negli anni ’80 era uno spavaldo adolescente alle prese con le prime cotte, le prime feste, il primo impegno sociale, non può non ricordarsi questa canzone.
Io ero uno di quelli.
Peter Gabriel cantava “ Oh Biko, Biko, Biko because Biko”
L’Africa era un sogno.
Poi Mandela venne liberato, feci l’università, mi venne la passione per il mare, poi venne il lavoro al WWF, la mia “Simpathy for the devil” per la pesca e i pescatori, e la voglia di integrarli in un contesto naturale, non distruttivo, come invece operano oggi. C’era già la voglia di insegnare a bambini e ragazzini quanto bello fosse il mare, quanto fosse necessario proteggerlo con le aree marine protette. La riserva marina di Miramare a Trieste era la mia casa.
E all’improvviso l’Africa di nuovo. E’ il 2003. Vengo invitato a Durban, in Sudafrica per presentare un lavoro di ricerca fatto a Miramare. Era un convegno IUCN, uno di quelli globali, con gente da tutto il mondo.
Il discorso d’apertura è di Mandela. Tutti i delegati si spellano le mani a forza d’applaudire, i Masai saltano altissimi nella sala, manager africani in giacca e cravatta ululano sulle sedie tutta la loro gioia. Si cavano le scarpe per batterle tra loro. C’e’ chi saluta, chi urla, chi piange. Non ho mai visto niente di simile.
Mandela disse: “Proteggete la natura, fatelo per voi e per i vostri figli”. Come Gertrude Stein: “Per la carne e per voi stessi”