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Non tutte le ciambelle escono col buco

29 marzo 2010 0 commenti

 

Tonno rosso

Tonno rosso

 Questo il commento che c’è giunto a caldo il 17/marzo scorso, e ieri a freddo a CITES chiusa.
Il fatto che tutto il Tonno rosso (Thunnus thynnus) pescato in Mediterraneo vada mangiato in Giappone non è stato ritenuto degno di regolamentazione.
Ma abbiamo veramente perso? Sono giorni che me lo domando. Analizziamo i fatti e non le sensazioni.
La proposta di inclusione nell’Appendice I della CITES è stata bocciata perché la Libia ha impedito, grazie ad una azione concertata, che si discutesse realmente la proposta. Ha chiesto di votare il più presto possibile. Così è stato.
La Libia ha avuto, dunque, un ruolo determinante (questo è il fatto). Nel fare cosa? Nel preservare il suo interesse commerciale, ma così facendo, anche nel difendere lo status quo: la mala gestione operata dall’ICCAT (e questa è la conseguenza). Come nel Monopoli, si torna alla partenza. Un buon esempio di questo ritorno si estrapola da un comunicato stampa del 17/3/2010 del mondo della pesca (Federpesca): “… Ora è più che mai necessaria una ricerca scientifica approfondita e VERA, che definisca le modalità ottimali per uno sfruttamento sostenibile dello stock”.
E poi ha agito il Giappone, con la sua efficace azione di lobby, basata fondamentalmente su tre punti: le “tonnare volanti” europee – se fosse stato chiuso il commercio del tonno – sarebbero andate a saccheggiare i mari dell’Africa occidentale; la chiusura del tonno per gli Europei sarebbe stata un’azione di puro protezionismo avendo loro un mercato interno; gli stati Nord-africani, non avendo un mercato interno, avrebbero, invece, solo perso soldi e lavoro.
Non dimentichiamoci, poi, che il Giappone ha organizzato una “reception” a base di sushi e sashimi: alé tutti a strafogarsi. Non c’entra il tonno, è un meccanismo pavloviano: buffet ergo sum.
Jean Marc Fromentin (IFREMER) ha scritto una lettera a Science. Vale la lettura. Si domandava se CITES sarebbe stato pronto a gestire la pesca.
Sarà un antipatico volo pindarico, ma la risposta – a tutti gli effetti – gliel’hanno data la Libia e il Giappone (e con loro chi ha voluto votare senza sentire di fatto le proposte europee): “No – immagino abbiano urlato i libici e giapponesi – che tutto rimanga com’è.”
Et voilà, la ciambella non ha il buco. Tutti a casa con le pive nel sacco.
Ma se questi sono i fatti, quali sono le due immediate conseguenze
Libia e Giappone, salvando i loro soldi, hanno riconfermato (salvato?) l’ICCAT,  ma l’hanno ancor più messa in un angolo. Stretto. Per non dire strettissimo.
L’ICCAT, ipso facto, ha ora un arduo compito: quello di fare una ricerca che gli operatori vogliono VERA implicitamente confermando – o “confessando” – che quella passata, sempre prodotta dall’ICCAT, fosse FALSA. Auguri.
“Garbage in garbage out” è una regola lapalissiana dell’applicazione dei modelli matematici, così mi è stato insegnato.
Siamo sempre stati criticati – noi WWF – perché leggevamo i dati dei modelli usati dall’ICCAT in maniera acritica, senza notare che i dati erano “garbage”: spazzatura. Mi domando – senza alcuna retorica o ironia – come il cambio del modello con altri modelli infrangerà questa regola aurea. Come si costruiranno dei trend storici?
Lo stesso Fromentin dice che negli ultimi due anni l’ICCAT ha fatto bene il suo lavoro (Era ora!). Mi domando, però, se verranno usati solo i dati degli ultimi due anni? Mi sembrerebbero pochi.
Intanto i pescatori italiani cantano il gaudeamus igitur.  Ma si rendono conto di essere stati difesi dai libici e dai giapponesi? Del ritorno di immagine non se ne preoccupano?
Nei pescherecci c’è sempre un “altarino” di immagini sacre e profane. Vicino alla bellona scosciata di turno, a Padre Pio, faranno da oggi bella mostra di sé il Colonnello Gheddafi e qualche virile samurai?
Che dire?
La ciambella non avrà un bel buco, ma un forellino c’è. Dove passa del fiato. Tanto. E sul collo.