Torino, processo Eternit: chiesti 246milioni di risarcimento dall’INAIL
E’ iniziato ieri a Torino con l’udienza preliminare, il maxi-processo all’Eternit che dovrà fare luce sulla morte di circa 3000 persone. L’INAIL ha richiesto un risarcimento di 246milioni di euro che dovrebbero sborsare, se giudicati colpevoli i due unici indagati: Stephan Schmidheiny, 62 anni, di professione miliardario, oggi divenuto sostenitore delle cause ambientaliste e il barone belga Jan Luis Marie Ghislain De Cartier De Marchienne, 88 anni, accusati di disastro doloso e di omissione dolosa di controlli antinfortunistici (sapevano e non hanno fatto nulla per evitare le inutili morti) proprietari dei 4 stabilimenti Eternit di Casale Monferrato (Alessandria), Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli).
Nella foto in alto la lista di alcune persone decedute per malattie legate all’inalazione di amianto, lista consultabile sul documento di rinvio a giudizio. Le morti, però non riguardano solo gli “addetti ai lavori” ma l’amianto è stato inalato anche da chi abitava nelle vicinanze delle fabbriche che lo lavoravano.
Scrive l’INAIL:
Basta il conteggio delle vittime per dare la portata della tragedia: 1.378 a Casale Monferrato (più sedici di una ditta esterna), 118 a Cavagnolo, due a Rubiera e 384 a Bagnoli. A questi si aggiungono 697 operai gravemente malati e i privati cittadini: un deceduto a Cavagnolo, 252 a Casale Monferrato, quattro a Rubiera, tre a Bagnoli. Un vero “disastro”, come si legge nel capo d’accusa, generato dalla dispersione nell’aria delle fibre d’amianto. “
L’ Associazione Famigliari Vittime Amianto ha aperto una sua pagina su Facebook e sarà supportata dagli enti che si sono costituiti parte civile: la Provincia di Alessandria, di Reggio Emilia, di Torino, il Comune di Casale Monferrato, di Cavagnolo, la Regione Piemonte, la Regione Campania e la Regione Emilia Romagna e tra questi ci saranno anche gli 800 testimoni che saranno ascoltati dal Procuratore della Repubblica di Torino Raffaele Guariniello.
Spiega infine l’INAIL:
Gli avvocati di parte civile sottolineano infatti come l’azienda avrebbe sempre minimizzato la questione. “Per i dirigenti la consegna era di non parlare e, in caso di necessità, rivolgersi a un certo laboratorio tedesco per avere indicazioni”. I rischi per la salute non venivano segnalati nemmeno sui sacchi d’amianto. Quanto alle condizioni operative delle quattro sedi, Guariniello e i suoi ispettori affermano che sono state trascurate misure come gli impianti di ventilazione o aspirazione delle polveri, i sistemi di lavorazione a ciclo chiuso, i piccoli dispositivi di protezione personale come le mascherine.
Intanto è in lavorazione il film-documentario Il grande processo dell’amianto-La neve anche d’estate
Via | INAIL