The Economist: “I biocarburanti? Una bioidiozia”
L’articolo pubblicato nei giorni scorsi da The Economist non lascia dubbi: coltivare mais o colza per produrre biocarburanti, non farà altro che peggiorare l’inquinamento dell’atmosfera.
In teoria si è sempre detto che le piante come la canna da zucchero, il mais, la colza e il frumento assorbono CO2 durante la loro crescita, per cui una volta trasformati in biocarburanti non emetterebbero nell’atmosfera più CO2 di quanta non ne abbiano assorbita e dunque non contribuirebbero al riscaldamento globale.
Secondo l’ICSU il Consiglio internazionale per la scienza, la coltivazione di piante destinate a diventare biocarburanti, invece, produrrebbe tremendi danni: rilascerebbero ossido di diazoto, un gas serra 300 volte più pericoloso della CO2.
L’ossido di azoto proviene dall’attività dei batteri presenti in terreni e acque ricche di azoto. Con l’impiego dei ferilizzanti la sua presenza è cresciuta in maniera abnorme e specie nelle colture di mais è molto presente in quanto questa pianta assorbe i fertilizzanti solo in alcuni periodi.
La relazione dell’ ICSU conclude che, finora, la produzione di biocarburanti ha aggravato anziché migliorato il riscaldamento globale. In particolare, essa sostiene alcuni controversi risultati pubblicati nel 2007 da Paul Crutzen del Max Planck Institute per la Chimica a Magonza, in Germania. Il Dott. Crutzen ha concluso che la maggior parte delle analisi aveva sottovalutato l’importanza di un gas, appunto l’ossido di azoto (N2O) come aggravante del riscaldamento climatico. E l’importo di questo gas rilasciato dalle produzioni di piante per biocarburanti probabilmente nega di per sé ogni vantaggio offerto dalla riduzione delle emissioni di CO2.
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