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Combattere le ecomafie con il RFID e la tracciabilità dei rifiuti

16 aprile 2009 0 commenti

Rfid usato per la caccia ai rifiuti tossici L’idea è del CNR ed è semplice quanto efficace: applicare i dispositivi RFID ai rifiuti pericolosi così da avere a disposizione la loro tracciabilità. Il punto è che se c’è la tecnologia manca completamente la parte giuridica che la sostenga, insomma le leggi non ci sono. Dell’argomento ne hanno discusso l’altro ieri a Bari al convegno “La ricerca per la gestione dei rifiuti secondo gli standard europei”, organizzato dal Dipartimento Terra e Ambiente (Dta) del Consiglio nazionale delle ricerche.

Spiega Vito Felice Uricchio ricercatore dell’Istituto di ricerca sulle acque (Irsa) del Cnr di Bari:

La tracciabilità evoluta dei rifiuti può essere eseguita, ad esempio, utilizzando dispositivi RFID (Radio Frequency Identification) consistenti in piccoli dispositivi elettronici, composti da un’antenna e un chip in grado di trasportare fino 2.000 byte di dati. Il dispositivo RFID, come il codice a barre o la banda magnetica di una carta di credito, fornisce un identificatore univoco, con, a differenza delle altre tecnologie, l’importante vantaggio di poter trasmettere dati senza essere posizionato in prossimità del lettore o dello scanner.

Il problema però è complesso e lo dimostrano i continui dossier sulle ecomafie. Di fatto sappiamo che ogni anno in Italia spariscono oltre 20 milioni di tonnellate di rifiuti, un affare che porta nelle tasche delle mafie circa 22 miliardi di euro all’anno.

Secondo Europol (European Police Office) i traffici di rifiuti sono condotti a livello internazionale (71%), poiché in molti stati esteri la normativa sui rifiuti e i conseguenti reati sono molto più leggeri.

Intanto la tecnologia prosegue le sue applicazioni nella speranza che la legislazione in materia se ne accorga: l’Irsa-Cnr in collaborazione con il Politecnico di Bari ed il Centro internazionale alti studi universitari (Ciasu), ha difatti sviluppato un sistema integrato sia per la tracciabilità dei percorsi effettuati sia per l’individuazione dei luoghi di carico e scarico (anche parziale).

Grazie ad una piccola unità transponder GPS/GPRS/GSM, che va applicata sui mezzi di trasporto è possibile conoscere le variazioni di peso, di rotta, etc. così da verificare eventuali comportamenti sospetti.

Ma il punto è: chi metterà e con quale autorità il transponder sui veicoli di trasporto?

Via | Comunicato stampa
Foto | Flickr