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IPCC, da Venezia le basi per il V Rapporto sul clima. Che sarà pronto nel 2014

14 luglio 2009 0 commenti

Cambiamenti climatici I 200 scienziati riuniti in queste ore a Venezia e fino al 17 luglio, per lo Scoping Meeting del 5° Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici dell’IPCC, costruiranno l’indice di quello che sarà il V rapporto sui cambiamenti climatici. Lo studio e le sue conclusioni saranno però pronte nel 2014. La sessione di studi è organizzata in collaborazione con il Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici (CMCC), la Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM) e l’International Center on Climate Governance (un’iniziativa congiunta della FEEM e della Fondazione Giorgio Cini), e finanziato dal Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

Più volte qui su ecoblog abbiamo dibattuto della esistenza dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale e vi sono scuole di pensiero diametralmente opposte. Per qualcuno saremmo in una fase di raffreddamento della temperatura globale del Pianeta, per altri saremmo nel pieno dell’emergenza e pertanto sono necessari accordi che pongano un freno alle emissioni di C02 tanto da tenere sotto il limite di guardia, fissato a 2 gradi centigradi, l’eventuale aumento della temperatura globale del Pianeta. Ma per alcuni scienziati il punto è: sono le emissioni di C02 le vere responsabili del cambiamento climatico? E ancora: siamo davvero in una fase di cambiamento climatico?

Per altri ancora siamo in una fase di ricostruzione dell’economia mondiale che necessita del cambiamento climatico come zoccolo d’appoggio per il suo rilancio. Basiti? Eppure il Protocollo di Kyoto è un accordo prettamente economico e molte delle valutazioni in merito ai costi/benefici del controllo delle emissioni di C02 sono fatte considerando come parametri pincipali i PIL nazionali e il PIL Mondiale.

Ecco come si esprime Climate Monitor in merito alla relazione cambiamenti climatici/PIL/emissioni C02:

Nei semplici termini di una analisi costi-benefici, quindi, abbiamo che un aumento lieve nella concentrazione di CO2 (imputiamola pure tutta all’uomo) e un lieve aumento di temperatura (imputiamo anche questo all’uomo) sono (sarebbero) stati causati da un aumento enorme nella ricchezza complessiva del mondo (non riportiamo i dati, ma chiaramente anche il PIL pro capite è aumentato, sebbene solo di un fattore pari a circa 9). Quindi all’interno di questo scenario sarebbe assolutamente auspicabile procedere su questa strada (aumento del PIL mondiale, a fronte di lievi incrementi nelle temperature), piuttosto che smantellarlo per affrontare gli immani costi (circa il 5% del totale) della mitigazione del riscaldamento globale. In sostanza un Business As Usual.

E CM individua un range di domande:

Un approccio prettamente economico, tuttavia, non ci esime dal porci una serie di dubbi. Ammesso che sia possibile correlare il PIL alle temperature (ovviamente tramite i feedback dell’anidride carbonica), le domande che ci poniamo sono:

1. come mai, a fronte di un aumento vertiginoso del PIL, sia la CO2 sia le temperature sono aumentate solo lievemente?
2. è effettivamente possibile legare l’attività umana (qui riassunta dall’indicatore PIL) al fenomeno del riscaldamento globale?
3. se la 2) fosse vera, su cosa dovremmo basare le scelte di mitigazione: sulla riduzione del PIL mondiale, che causerebbe una riduzione di emissioni di CO2? Oppure su un ragionamento costi/benefici proiettato nel lungo termine?

Bene, se consideriamo l’effetto che sta avendo la crisi economica sulle attività umane possiamo notare come vi sia una diminuzione di emissioni di C02, ma anche di PIL. Dunque fa notare CM:

Vi è poi l’altra strada, ovvero quella di intraprendere attivamente azioni volte alla mitigazione (riduzione delle emissioni tramite nuove tecnologie e nuove energie pulite). Questa via, intrapresa dai maggiori Panel intergovernativi, è onerosa e porta anch’essa ad una riduzione complessiva della ricchezza (chiaramente attraverso meccanismi diversi dal caso precedente). I sostenitori di questa opzione sostengono che, in ogni caso, lo squilibrio tra costi e benefici verrà superato a favore di questi ultimi verso la fine di questo secolo, ovverosia la mitigazione sarà sì un costo per l’umanità intera per non meno di 50/60 anni, ma al termine di questo percorso avremo soltanto benefici che addirittura porteranno ad un aumento del PIL pro capite mondiale.

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