Tsunami, è possibile prevederli?
Prevedere uno tsunami non è ancora possibile, così come non è possibile prevedere un terremoto. Se un sisma si verifica nei pressi delle coste diventa importante avvisare i residenti del possibile pericolo di onde anomale. L’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna (Ismar-Cnr) ha installato “Geostar” stazione abissale, nel Golfo di Cadice a 3200 metri di profondità. Geostar fa parte del progetto Nearest, il cui obiettivo e collocare sensori direttamente sulle zone struttire a rischio e monitorarle con lo tsunamometro. Nearest è voluto dalla Commissione Europea a cui prendono parte l’Istituto nazionale di vulcanologia e geofisica (Ingv), l’Inaf e la Tecnomare-Eni S.p.A.
Spiega Nevio Zitellini, direttore dell’Ismar-Cnr:
Lo ‘tsunamometro’ si basa su un doppio controllo del segnale sismico e di pressione e tiene conto dei movimenti del fondo del mare: rileva, misura e registra i cambiamenti che avvengono sul fondo ed è in grado di elaborare i dati per riconoscere variazioni di pressione dell’ordine del centimetro nella colonna d’acqua. Lo studio dell’accoppiamento fra il moto del fondo del mare e la perturbazione della colonna d’acqua da esso generata è infatti una delle chiavi per comprendere l’irrisolto problema scientifico della generazione degli tsunami in seguito a forti terremoti.
Purtroppo però nessuno sa come e quando si verificherà uno tsunami. Dice infatti Zitellini:
Le tecniche di monitoraggio finora sviluppate dai paesi più sottoposti al rischio, quali Giappone e Stati Uniti, non sono direttamente applicabili a queste zone e, allo stato attuale delle nostre conoscenze, non siamo in grado di prevedere se dopo un grande terremoto avvenuto in mare si generi o no uno tsunami, come confermato anche dal recente sisma avvenuto in Perù, che nonostante l’elevata magnitudo non ha prodotto tsunami.
Per ora l’esperimento è solo un primo passo che condurrà nel Golfo di Cadice all’installazione di un osservatorio permanente. Il golfo di Cadice sarà il nodo della Emso, European Multidisciplinary Seafloor Observatory, che la Ue intende sviluppare dall’Artico al Mar Nero.
Via | Comunicato stampa
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