Guido Bertolaso: “I morti de L’Aquila potevano non esserci. Mi assumo piena responsabilità di ciò che ho fatto”
Guido Bertolaso in una lettera ammette:
I morti dell’Aquila potevano non esserci, e soprattutto essere molto meno tra i giovani.
La lettera in questione è una mail privata inviata a Sergio Bianchi, padre di uno dei 55 universitari morti sotto le macerie della casa dello studente crollata dopo il sisma che ha colpito L’Aquila e l’Abruzzo il 6 aprile scorso. Scrive ancora Bertolaso:
Mi assumo la piena responsabilità di ciò che ho fatto e che faccio, insieme a quelle di chi non ha fatto e non ha assunto responsabilità quando doveva farlo per evitare la morte di persone innocenti, che non ha saputo fare ciò che era possibile per evitare lutti e dolori a tante, troppe persone. È giusto che non si chiami fatalità o disgrazia ciò che poteva essere evitato.
Ad essere in possesso della mail è Sofia Basso giornalista di left che ha interpellato anche lo staff di Bertolaso che in porposito ha risposto “No comment”.
Dunque sotto accusa, e accusati proprio dal capo della Protezione Civile, i mancati allarmi relativi alla pericolosità della Casa dello Studente e di tutti gli altri edifici che poi sono crollati. Sergio Bianchi, papà di Nicola, deceduto sotto le macerie aveva inviato una lettera a Bertolaso invitandolo a dimettersi poichè, come ha spiegato a Sofia Basso:
La Protezione civile non ha fatto nessuna prevenzione e ha gestito il soccorso in ritardo e male. Nei giorni precedenti al terremoto tutte le autorità tranquillizzavano i ragazzi e li invitavano a tornare nelle loro case. Nelle 48 ore in cui sono stato all’Aquila a scavare per trovare Nicola non ho mai visto la Protezione civile. Si sono salvati solo quelli tirati fuori dai genitori che stavano là: io sono arrivato alle 7:30 e i vigili iniziavano solo in quel momento, a quattro ore dal sisma, a scavare.
Secondo Alessandro Gamberini, avvocato della Federconsumatori che assiste i parenti dei ragazzi deceduti sotto il crollo dell’edificio dell’università:
La scelta di non allarmare fu politica, non tecnica: si volle tenere un profilo basso per non danneggiare l’economia e non creare ansia. La gravità dell’omessa informazione non sta nel non aver previsto il terremoto ma nel non aver informato sullo stato di sismicità del territorio e sulla fragilità dell’abitato. La Protezione civile, che era l’organo al quale facevano capo come garanzia per l’incolumità dei cittadini l’informazione, le decisioni e la prevenzione, ha abdicato a questo compito. Avrebbe dovuto coniugare il rischio potenziale del sisma, anche se basso, col rischio altissimo per le vite che sarebbe arrivato da quella scossa, dato che gli edifici non erano in grado di reggerla. Il censimento, d’altronde, l’avevano fatto.
Il censimento a cui fa riferimento l’avvocato Gamberini è il Rapporto Barberi del 1999 in cui erano già stati individuati gli edifici a rischio. Scrive Sofia Basso:
Per l’avvocato, parte civile anche nei processi Diaz e Bolzaneto, la lettera di Bertolaso è inequivocabile: «Parla di responsabilità con troppa certezza: valuta che non è stato fatto tutto quello che si poteva. Quando il capo della Protezione civile evoca la distinzione di competenze, si riferisce evidentemente alle sfere di operatività, non solo a chi ha costruito le case».
Ora sarà la Procura de L’Aquila a dover cercare risposte e responsabilità.
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