La plastica biodegradabile ci salverà?
Ho letto con profondo interesse il post di Christine Lepisto Is new biodegradable plastic the answer? su ThreeHugger a proposito della plastica biodegradabile e di come l’industria si stia attrezzando per produrre packaging, specialmente per l’acqua, che faccia sentire meno in colpa il consumatore e che lo induca a continuare a acquistare con coscienza ecologicamente pulita .
L’impatto ambientale del packaging è un problema serio, specie se è quello a base di plastiche. Siamo circondati dalla plastica, non ne possiamo fare a meno e ogni tentativo di liberarcene sembra destinato a fallire; ne gettiamo via quantità industriali e ne abbiamo sempre più bisogno. Qui le scelte del singolo davvero non riescono a fare la differenza come dimostrò Christine Jeavans, giornalista della BBC che provò a disfarsene per un mese con scarsissimi risultati e arrendendosi, suo malgrado alla invasione della plastica nella sua (e nostra) vita. Abbiamo un mondo che gira e si regge economicamente anche sulla plastica.
Io vado al supermercato ogni sabato mattina e la pila delle confezioni d’acqua, già intorno alle 11,00 è più che dimezzata. In alcuni supermercati una bottiglia d’acqua da un litro e mezzo è venduta a 13-14 centesimi. Per non parlare di quello che avviene al banco carne o salumi dove quelle odiose vaschette di plastica onnipresenti sono il contenitore per ogni grammo di prodotto avvolto poi in pellicola trasparente; meglio non va nel settore formaggi dove le confezioni in plastica servono a tenere gli alimenti sottovuoto; per non parlare del settore dolciumi dove anche ogni singola merendina è confezionata nella sua bustina di plastica, messa in un contenitore di cartone e avvolta in altra plastica sigillata. Ma ancora continuiamo a credere che il problema siano le buste della spesa?
E allora perché se il mercato della plastica gode di così buona salute (almeno in Italia), inizia a considerare la plastica biodegradabile? Ci sono due motivi che nulla hanno a che fare con la coscienza ambientale ma che sono squisitamente economici: il primo dipende dal fatto che la materia prima per realizzare la plastica, il petrolio, sembra destinata a finire; il secondo è che le industrie della plastica non possono perdere il treno del rilancio dei consumi con un nuovo prodotto, all’apparenza migliore e che a molti consumatori scaricherà la coscienza di acquisti insensati.
Christine Lepisto sottoliena che probabilmente i consumi di plastica aumenteranno e che le emissioni di CO2 o peggio metano, per questa nuova produzione saranno destinate a crescere e scrive:
Così la plastica biodegradabile è buono o cattiva? E’, forse, solo uno strumento in più nella finestra della gestione dei rifiuti. L’intero contenitore può essere destinato a decomporsi e diventare un rifiuto più gestibile ma per ora è prematuro parlarne come di una soluzione efficace.
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