Europa e cambiamenti climatici: accordi destinati al fallimento se non ci saranno soldi per i paesi in via di sviluppo
Mentre si celebra il Climate action Day, qualche giorno fa i Ministri europei dell’ambiente e quelli dell’economia, hanno discusso degli accordi da portare alla Conferenza di Copenaghen (in alto il video della conferenza stampa) sui cambiamenti climatici che si terrà dal 7 al 18 dicembre. Una seconda tornata di discussioni è attesa per il 29 e 30 ottobre prossimi in occasione del Summit europeo in cui si ritornerà a discutere di aiuti al Sud del Pianeta per far si che a Copenaghen non ci sia il flop totale.
Ha detto secco Stravos Dimas, Commissario europeo per l’ambiente:
Aspettiamo la sentenza dei vari capi di Stato e governo, ma lo ripeto: se non ci saranno soldi sul tavolo non ci potranno essere accordi a Copenaghen.
I negoziati sono stati difficili e l’accordo fissato prevede la riduzione del 50% delle emissioni di CO2 (rispetto a quelle del 1990) da qui al 2050. Perciò la Ue stima che i paesi industrializzati dovranno pervenire nel 2050 a una diminuzione delle emissioni di gas serra tra l’80 e il 95%. A più breve termine i ministri si impegnano affinché i paesi industrializzati riducano le loro emissioni dal 25 al 40% da qui al 2020 contro la percentuale dal 15 al 30% dei paesi in via di sviluppo. I ministri si sono anche impegnati a coinvolgere le compagnie aeree e marittime nella lotta ai cambiamenti climatici imponendo, a livello mondiale, la diminuzione delle emissione del 10% entro il 2020 per le compagnie aeree e del 20% per quelle maritttime.
Rispetto alla deforestazione la Ue intende chiedere durante i lavori di Copenaghen che questa sia ridotta del 50% da qui al 2020 e che entro il 2030 non sia più toccato un albero da foresta tropicale. Capitolo costi: la Commmissione europea ha fissato in 100 miliardi di euro il totale necessario per gli aiuti ai paesi in via di sviluppo e la parte che toccherebbe alla Ue sarebbe tra i 2 e i 15miliardi di euro per anno, molto meno dei 35 miliardi di euro reclamati dalle associazioni ambientaliste. Fuori da ogni tipo di intervento i paesi in via di sviluppo.
La Germania si è rifiutata di mettere per ora i soldi sul tavolo e preferisce attendere prima gli incontri a Copenaghen, posizione condivisa da molti altri Stati. Polonia, Ungheria,Repubblica Ceca, Bulgaria, Slovacchia, Romania, Slovenia, Lettonia e Lituania hanno rifiutato di partecipare alla ripartizione degli aiuti così come gli è stato proposto e hanno spiegato che sì sono disposti a prendere impegni ma in base alle loro possibilità e mezzi e hanno rifiutato un gruzzolo da 30 miliardi di euro costituito da certificati verdi. Da aggiungere il caso dell’Italia che non ha mai veramente creduto nella lotta ai cambiamenti climatici e sopratutto perché la Commissione non ha voluto assegnare nuovi crediti di inquinamento destinati alle nuove imprese. E infatti Stefania Prestigiacomo ha tuonato:
Acquistare nuovi crediti ci costa miliardi di euro.
Rispetto alla scelta di attendere dicembre per manifestare le intenzioni di collaborazione Stravos Dimas ha così commentato:
Mi dicono che è una tattica, ma è un errore. Se prendiamo oggi le nostre decisioni possiamo incoraggiare gli altri paesi a prendere degli impegni.
Dunque, come aveva ben sospettato il buon commissario Dimas, all’indomani della presentazione delle proposte ai ministri per le finanze si sono infranti molti progetti di riduzione delle emissioni. I soldi non ci sono, è questa la brutale verità e dunque un consistente passo indietro è stato fatto verso quelle risorse che si sarebbero dovute destinate ai paesi in via di sviluppo per aiutarli a produrre e muoversi emettendo meno gas serra possibili.
Ha detto Anders Borg ministro dell’economia svedese (siamo sotto la presidenza svedese NdR):
I risultati della discussine avuta mostrano bene la mancanza di assunzione di impegno di alcuni Stati membri.
Per Corinne Lepage, Vice-presidente della commissione ambiente del parlamento europeo:
I ministri dell’economia della Ue non sono stati all’altezza degli impegni per la lotta ai cambiamenti climatici e si dovranno assumere una parte considerevole di responsabilità nel caso del fallimento degli accordi di Copenaghen.
Via | Actu-environment, AFP