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M**Bun, agrihamburgheria a filiera corta di Rivoli

14 novembre 2009 0 commenti

M**Bun, agrihamburgheria a filiera corta di Rivoli La storia che sto per raccontare nasce dal confronto tra me e Gianluca a proposito dei costi troppo bassi dei panini nei fast food delle mutinazionali. Che storia c’è dietro un panino con hamburgher che costa 50 centesimi? Evidentemente le materie prime sono prodotte e gestite in maniera industriale e gli allevamenti che riforniscono quella carne sono quelli che producono all’anno 2 milioni di capi in condizioni disumane. Dunque, la scommessa era: è possibile coniugare qualità e rispetto ambientale in un panino con l’hamburger? La risposta sorprendentemente mi è arrivata dallo stesso Gianluca che mi ha indirizzata alla vicenda di Graziano Scaglia.
scontrino mc donald's Graziano Scaglia, ha 40 anni e ha aperto a Rivoli, in via Susa 22/, un agrihamburgheria. Il M** Bun, così si chiama il fast food, ha gli asterischi poiché è in corso una vertenza tra loro e la Mc Donald a proposito dell’uso del nome. Machebun, questa la proununcia di M**Bun vuol dire “che buono” o “solo buono” e si riferiesce appunto alla qualità dei prodotti offerti in questo fast food. Di fatto il menù è quello tradizionale: panino con hamburgher e verdure o con cotoletta di pollo, birra, vino o soft drink, dolci, yoghurt e frutta. Ma dove sta la differenza tra questi prodotti e quelli di un fast food di tipo industriale? Ecco cosa mi ha detto Graziano Scaglia.

D.: Buongiorno Signor Scaglia, premetto che non voglio affrontare con lei il discorso del procedimento in corso che la vede oggetto delle attenzioni della catena di fast food Mc Donald’s ma dei prodotti che lei usa nella sua panineria.

R.:Allora mi presento: sono allevatore da quattro generazioni di bovini di razza piemontese. E già 45 anni fa mio nonno aveva una delle prime stalle a stabulazione libera, cioè le vacche giravano libere in stalla e non erano appunto legate. Le nostre non sono vacche da latte per cui i vitellini prendono il latte dalla loro vacca e li nutriamo con un mix di orzo, crusca, grano mais e fieno.

D.: Ma lei non è solo allevatore, però…

R.: Abbiamo una fattoria e anche una produzione agricola seguita dai miei fratelli. Acquistiamo solo crusca e soia.

D.: Quanti capi avete?

R.: Abbiamo 380 bovini tra vacche e vitelli, 2500 polli, 180 suini e 800 conigli. Per i polli seguiamo un sistema di allevamento particolare, stanno al coperto in una serra ma liberi e raggiungono il peso di 3 chili in 5 mesi a fronte dei 70 giorni necessari ad un pollo allevato in maniera industriale. I nostri polli mangiano mais, orzo, crusca e erbe e appunto tranne la crusca, tutto il resto è di nostra produzione.

D.: Considerati gli spazi necessari e la produzione come riuscite a essere concorrenziali?

R.: Lo siamo sulla filiera corta. Questo genere di allevamente non ha mercato. Io ho appena 2500 polli, mentre un allevamento industriale ne conta tra i 30mila e i 50mila. In genere sono allevamenti in soccida dove ricevi i pulcini e il cibo ma poi ti restano da smaltire i liquami e i costi che ne derivano. I nostri animali sono certamente più forti e più sani, merito anche della stabulazione libera e del rispetto dei loro tempi di accrescimento. Per i polli, ad esempio, abbiamo scelto una razza più rustica e resistente agli sbalzi di temperatura.

D.: Passiamo al vostro allevamento di suini. Mi sa che date le premesse anche qui si tratterà di un allevamento particolare…

R.: Si non abbiamo la letteria permanente ma il grigliato e dunque abbiamo letame solido e non liquami. Letame che usiamo come fertilizzante. la raccolta le deltame vale anche per le vacche, polli e conigli.


D.: Quali difficoltà incontrate maggiormente?

R.: Il nostro problema è l’eccesso di burocrazia e tutto ciò che produce solo un mucchio di carte. Molto spesso mi capita di dover portare documenti ad un ufficio e poi ad un altro e scoprire che questi due non comunicano tra di loro. Basterebbe già solo che si dicessero chi ha fatto cosa.

D.: Passiamo ai prodotti dell’agriamburgheria.

R.: Dunque, abbiamo creato una filiera corta. Dal nostro allevamento arriva la carne per gli hamburgher e le cotolette di pollo. Le patate sono garantite piemontesi doc e arrivano da un produttore locale; l’olio per friggerle è di mai e è prodotto per premitura qui a 40 km; la birra arriva da un birrificio della zona, il a 11 km da qui; latticini, robiola, yoghurt arrivano da Villastellone a 20 km; il pane è prodotto artigianalmente dal panificio che è qui vicino e è sempre frrsco, ci assicurano anche due cotture al giorno; i vini bianchi e neri incluso il passito sono tutti della zona e arrivano da cantine del Monferrato che distano al massimo 45 km; le insalate e i pomodori con la frutta di stagione e le patate le prendiamo da una ditta qui vicino che lavora la IV gamma e sono già pulite e tagliate; i dolci e la gastronomia come torte salate ci arrivano da un laboratorio che è a 2 km da qui, tutto fresco e con data di scadenza di tre giorni.

D.: Per le bevande come vi siete organizzati?

R.: Abbiamo appunto una birra e vini locali locali, ma anche acqua di rubinetto anche addizionata con anidride per chi la gradisce. Poi ci sono gazzosa e chinotto e anche quella bevanda lì ( e ride). Non posso non tenerla perché è richiesta.
Vorrei sottolineare una cosa: usiamo solo plastica derivata da mais, la PLA. Tutti i nostri bicchieri, piattini e posate sono completamente biodegradabili.

D.: Pensate di estendere questa esperienza?

R.: Dirlo ora è prematuro. Abbiamo inaugurato da poco il locale di Rivoli e già siamo oltre le nostre aspettative. Sta avendo molto più successo di quanto pensassimo. Dunque per ora lavoriamo sull’assestamento, dopo chissà.

D.: Ma quanto costerà un panino nella sua agriamburgheria, allora?

R.: Un panino con hamburgher, verdure, una porzione di patatine fritte e una birra costa 7 euro.

D.: Quanti panini producete al giorno?

R.: Circa 300 e il numero è in crescita. Però nel nostro menù ci sono anche le carni crude, come la battuta a al coltello, condite da acciughe verdi e rosse.