Lettera: meglio abbattere un solo albero di Natale per il Vaticano o migliaia di piccoli alberelli?
Ci scrive Carmela da Salerno esordendo con un accusa nei nostri confronti: trova scorretto il post scritto lo scorso anno da Viviana a proposito del tradizionale abete installato in Piazza San Pietro.
Ciao redazione di ecoblog, ho appena letto un vostro articolo che reputo scorretto e vorrei esprimervi un paio di considerazioni. Si tratta dell’articolo dell’anno scorso in cui parlate dell’albero di Natale in Vaticano, inducendo a credere che rappresenti un’anomalia il fatto di tagliare un abete di 120 anni come quello che per l’appunto fu esposto in Piazza S.Pietro. In realtà 120 anni è un’età normale per il taglio degli abeti, anche e soprattutto secondo i criteri del taglio razionale dei boschi, che prevede l’abbattimento degli alberi per fasce di età a partire dai più vecchi. Ne vengono tagliati centinaia di migliaia di abeti come quello, di 120 anni e anche oltre, ed è una pratica corretta e legale. Non c’è nulla di anomalo, e non si vede per quale motivo si dovrebbe piangere per un albero tra migliaia di altri che hanno le stesse caratteristiche e che vengono comunemente abbattuti per ricavarne il legname con cui si fanno i mobili che tutti noi abbiamo in casa. Piuttosto va detto che c’è un limite minimo di età prima del quale gli abeti non devono essere tagliati. Infatti le foreste si preservano lasciando crescere gli alberi giovani e abbattendo prima quelli più vecchi. Per la legge italiana un abete non può essere abbattuto prima degli 80 anni di età. Quindi vi faccio presente che ad essere fuori legge sono in realtà gli abeti piccoli e medio-piccoli che fanno da alberi di Natale nelle piazze di centinaia di comuni d’Italia, in quanto di sicuro hanno meno di 80 anni. Eppure voi ve la siete presa con l’unico legale, quello in Piazza S.Pietro, senza curarvi di ciò che invece viola per davvero la legge e i criteri ecologici di salvaguardia dei boschi. Altro scempio ancora peggiore è quello degli abeti molto piccoli che vengono usati come alberi di Natale negli appartamenti. Insomma non è l’abete grande e di 120 anni a rappresentare un’anomalia, perché quello è un normalissimo abete da taglio, che infatti dopo il Natale viene utilizzato per ricavarne legname, com’è normale che sia. Lo scempio sono tutti gli altri di cui non vi siete occupati, quelli nelle piazze dei comuni e negli appartamenti. Come mai? Spero che non farete lo stesso errore anche questo Natale.
Vi faccio i miei auguri di buon Natale in anticipo se non dovessimo risentirci, ma in realtà spero in una vostra risposta.
Ciao, grazie.
Carmen, 21 anni, Salerno
p.s. Il vostro articolo a cui mi sono riferita è il seguente:
http://www.ecoblog.it/post/7427/lalbero-di-natale-a-san-pietro-sara-riciclato
Dopo il salto la riposta.
Gentile Carmela,
Rispetto all’uso che viene fatto di un abete secolare e nello specifico, albero di Natale addobbato in piazza San Pietro, restano delle perplessità. Una risposta, certamente più coerente alla cultura cattolica e ai tanti discorsi del Santo Padre in merito alla tutela del Creato potrebbe essere la preferenza della Natività o presepio, di francescana memoria. Ma oltre le possibili polemiche ho trovato la sua mail interessante perché mette il dito nella piaga: in questi giorni che anticipano le feste natalizie la corsa all’acquisto dell’albero è uno dei diktat della nostra cultura consumistica.
Molte volte ci siamo chiesti su ecoblog se a fronte di emissioni totali fosse da preferire l’acquisto di un albero sintetico rispetto a un albero naturale, riportando i calcoli dell’ LCA, Life Cycle Assessment, cioè del totale di energie e emissioni che costa preferire l’uno piuttosto che l’altro. I risultati non sono stati comunque soddisfacenti, anche perché entrambe le soluzioni portano vantaggi e svantaggi.
Nel caso si decidesse di acquistare un alberello vero ci sono però delle regole da rispettare come il nostro Corpo Forestale dello Stato precisa sul suo sito. Per l’esattezza le piante vanno prese da un vivaio autorizzato e va controllato il tagliando che ne elenca non solo il vivaio di appartenenza, ma il luogo di origine, la specie e l’età. Spiega il Corpo forestale dello Stato:
Gli abeti presenti sul mercato natalizio derivano per circa il 90% da coltivazioni vivaistiche che occupano stagionalmente oltre mille aziende agricole specializzate, mentre il restante 10% proviene dalla normale pratica forestale, che prevede interventi colturali di “sfolli”, diradamenti o potature indispensabili per lo sviluppo e la sopravvivenza dei boschi. Nel caso dei “cimali”, cioè gli abeti senza radici sostenuti dalla classica croce di legno, infatti, bisogna fare attenzione, qualora non provengano da produzioni vivaistiche ad hoc, al fatto che siano il frutto di diradamenti forestali autorizzati.
Le guardie forestali tengono a precisare che in Italia ci sono diverse regioni che sono dedite alla coltivazione degli abeti natalizi e sono la Toscana con i suoi 800 ettari distribuiti in zone montane o collinari e il Veneto. Ogni anno però arrivano dal Nord e Est europeo notevoli quantità di abeti e allora è necessario controllare anche la specie che si va ad acquistare, ciò per evitare che nel caso decidessimo di rimboscarla, la mescolanza genetica con le specie autoctone. L’abete infatti non è una pianta ornamentale ma un albero con esigenze climatiche e di terreno particolari. E’ abituato a vivere oltre i 1000 metri e non è molto gentile con altre specie di piante, anzi evita che accanto a lui ne possano crescere altre. Per cui prima di decidere se ripiantarlo o meno conviene informarsi sulle peculiarità del terreno che andrà a ospitarlo oppure rivolgersi ai tanti servizi di raccolta differenziata proposti dai vari Comuni. A Roma, quest’anno se ne occupata l’Ama, ma in genere i vivai indicano anche i centri di raccolta.
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