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Politiche di sostenibilità: i vantaggi della filiera corta in agricoltura

1 dicembre 2009 0 commenti

Un comune punto di vista del passato è quello secondo il quale solo negli ecosistemi non antropizzati si verifichi un equilibrio ecologico naturale in cui la materia e l’energia del sistema siano prodotte, trasformate e consumate senza che vengano a formarsi rifiuti, ovvero residui non riutilizzati dall’ecosistema stesso.

Oggi è stato dimostrato che, anche, negli ecosistemi urbani si può verificare un equilibrio attraverso una teoria di base semplice: invece di progettare secondo il vecchio modello dalla culla alla tomba (prendi-usa-butta) si progetta un prodotto crandle-to-crandle, ossia un bene che è composto di materiali che vengono riutilizzati al 100%. In questo modo, non c’è più spazio per il concetto di rifiuto, in quanto nessuno si vuole disfare di un bene riutilizzabile direttamente in un altro ciclo produttivo e, quindi, avente un valore economico.

Di questa nuova impostazione ne hanno risentito le norme ambientali italiane degli ultimi anni, le quali hanno previsto un passaggio da un modello tutti i rifiuti a discarica ad un modello complesso prevenzione e recupero che a sua volta ricorre ad un articolato sistema tecnologico finalizzato al trattamento, al riciclaggio ed al recupero energetico.

Tuttavia, l’esperienza reale dimostra che nella gestione dei rifiuti il percorso previsto a livello legislativo non è stato, ancora, attuato del tutto. Al riguardo valga come esempio che, dal 2000 ad oggi, circa 1 milione di tonnellate di rifiuti di imballaggio sono stati destinati alla pattumiera e che circa i 2/3 del totale dei rifiuti di imballaggio è stato prodotto dal settore agro-alimentare.

Da ciò la necessità di prevedere insieme alle citate norme degli incentivi economici che favoriscano la diffusione del farmers market – mercati gestiti direttamente dai produttori agricoli e caratterizzati da prodotti stagionali e territoriali – con il vantaggio di ridurre i passaggi del sistema di vendita tradizionale. Inoltre, si dovrebbero avviare campagne di informazione pubblica al consumatore che chiariscano i vantaggi legati all’acquisto di alimenti freschi e reperibili direttamente dai produttori agricoli e si dovrebbero prevedere norme per la diffusione capillare di imballaggi riutilizzabili.

Un tale sistema comporterebbe un vantaggio economico diretto anche per il consumatore che vedrebbe diminuire il prezzo del bene a causa dell’assenza o del riutilizzo del packaging.

La produzione eccessiva di imballaggi determina notevoli conseguenze anche sul territorio. Anche in tale ambito il consumatore deve essere informato sul fatto che scegliere un prodotto agricolo con un ridotto ricorso ad imballaggi, significa investire sull’ambiente e sullo sviluppo ecosostenibile e che preferire un cibo che percorre poca strada dal campo alla tavola, lungo la cosiddetta “filiera corta”, vuol dire rispettare la natura.

Inoltre, il consumatore deve essere sensibilizzato sul fatto che nel momento in cui sceglie un prodotto agroalimentare che proviene da una filiera corta, con le conseguenti ricadute positive ambientali (risparmio energetico e riduzione delle emissioni inquinanti) protegge in contemporanea il suolo dall’erosione, dall’inquinamento e dal declino della fertilità che è una delle cause principali della riduzione della produttività di molte aree agricole.

In un momento come quello attuale in cui la crisi finanziaria ha dimostrato che le economie più deboli sono quelle che hanno abbandonato un settore tradizionale come quello agricolo, la perdita di produttività dei terreni agricoli rischia di compromettere la stabilità del sistema economico in generale.