Arriva una proposta di legge per i menu a km zero
In occasione della Conferenza dell’Onu sui cambiamenti climatici di Copenhagen è di buon auspicio per l’Italia l’inizio della discussione alla Camera sulla proposta di legge che mira a promuovere la domanda e l’offerta dei prodotti alimentari locali, cosiddetti a chilometro zero perché provenienti da filiera corta anche nelle mense di scuole, ospedali e caserme.
E’ in discussione in questi giorni alla Camera, in Commissione Agricoltura, la proposta di legge che intende favorire la riduzione della distanza tra luogo di produzione e luogo di consumo, al fine di limitare i costi energetici e ambientali provocati dal trasporto di alimenti provenienti da lunghe distanze.
Tale provvedimento – di cui Ermete Realacci è il primo firmatario insieme a Susanna Cenni – ha, tra le proprie finalità, quella di promuovere i prodotti alimentari ecologici e di qualità e lo sviluppo locale. Per “prodotti alimentari a km zero” si intendono quelli provenienti da areali di produzione appartenenti all’ambito regionale o posti ad una distanza non superiore a 70 km di raggio dal luogo previsto per il loro consumo o, anche, per i quali è dimostrato un apporto limitato delle emissioni inquinanti derivanti dal trasporto.
La proposta prevede che queste caratteristiche di prodotto possano costituire un titolo preferenziale per l’aggiudicazione di appalti pubblici del servizio di mensa e di ristorazione collettiva. Si prevede, poi, la possibilità di riservare agli imprenditori agricoli che esercitino la vendita diretta almeno il 20 per cento del totale dei posteggi nei mercati di dettaglio situati su aree pubbliche e il 30 per cento della superficie delle strutture commerciali.
Un’altra novità interessante è quella che riguarda la possibilità, per le grandi strutture di vendita e per i centri commerciali che si impegnino a porre in vendita prodotti a km zero provenienti da filiera corta e prodotti di qualità in una quantità pari al 30 per cento delle produzioni agricole e agroalimentari complessivamente acquistate su base annua, di ottenere una riduzione del 50 per cento degli oneri di urbanizzazione. Fondamentale risulta l’istituzione del marchio “chilometro zero”, che garantisce la qualità ambientale superiore del prodotto alimentare.