Coesistenza tra le colture convenzionali, biologiche e geneticamente modificate
In vista della riunione del Comitato tecnico permanente e di coordinamento in materia di agricoltura della Conferenza Stato Regioni, previsto per giovedì 21 p.v., si vuole sottoporre all’attenzione di chi legge, la proposta di “Linee guida per le normative regionali di coesistenza tra le colture convenzionali, biologiche e geneticamente modificate”, che hanno lo scopo di fornire indirizzi comuni per la redazione della disciplina regionale.
Le misure in esame, che richiedono una analisi della realtà agro-ambientale e socio-economica del territorio, si articolano, sulla base del principio di precauzione, secondo due livelli applicativi: territoriale e aziendale. Prescrizioni specifiche relative a piante geneticamente modificate, già autorizzate a livello comunitario (mais e soia), sono contenute in apposite schede tecniche: ad esempio, per quanto riguarda la coltivazione di mais, è prevista l’estensione di una fascia di piante non GM di ampiezza pari ad almeno dieci file e distanze minime di separazione (100 metri o 300 metri), in ragione dell’obiettivo di garantire una contaminazione pari allo zero tecnico o allo 0,9% nei confronti di piante confinanti.
Nell’elenco delle aree escluse sono quindi individuate, tra le altre, aree protette, siti di conservazione della biodiversità e, sia pure entro i limiti della compatibilità con le piante GM, le aree interessate da marchi di qualità e tipicità. Di particolare rilievo risulta, in ogni caso, la previsione volta a promuovere la stipulazione di accordi volontari tra la maggioranza degli agricoltori ai fini della delimitazione di ulteriori aree di esclusione.
Numerosi sono, ancora, gli obblighi a carico di chi coltiva piante GM: a partire dall’autorizzazione regionale, che viene rilasciata previo vincolo di una polizza assicurativa o fideiussoria, fino all’acquisizione di un patentino di competenza ed alla elaborazione di un piano di gestione aziendale. Norme puntuali sono rivolte, quindi, a disciplinare l’istituzione di un registro unico regionale relativo alle coltivazioni di OGM, nonché alla previsione di un’adeguata copertura della spesa dovuta all’applicazione delle linee guida e di eventuali danni attraverso un apposito fondo finanziato, tra l’altro, con la tariffa regionale per ettaro di coltivazione GM. Infine, oltre a disciplinare la complessiva attività di controllo e di verifica dell’osservanza delle numerose prescrizioni, viene introdotto un ampio e solido apparato di soluzioni amministrative.