CONSUMI: DA TELLINE A VINO E FORMAGGI L’EUROPA CAMBIA MENU’ ITALIANI
Dal vino senza uva, al formaggio senza latte, fino alla bocciatura delle norme nazionali che obbligano ad indicare in etichetta la provenienza delle materie prime impiegate negli alimenti per impedire di spacciare come italiano il latte proveniente da mucche straniere: sono alcune delle recenti prese di posizione dell’Unione Europea che stanno cambiando le tavole degli italiani. E’ quanto consegue all’entrata in vigore il primo giugno del regolamento mediterraneo che rischia di fatto di far sparire dalle tavole degli italiani telline, cannolicchi e altri pesci della tradizione gastronomica nazionale.
A subire gli effetti delle normative comunitarie era stato lo scorso anno un altro importante prodotto della dieta mediterranea come il vino per il quale, a causa della riforma europea di mercato del settore vitivinicolo, è stata autorizzata la possibilità di zuccheraggio per i paesi del nord Europa ma anche la produzione e la commercializzazione di vini ottenuti dalla fermentazione di frutti diversi dall’uva come lamponi e ribes, dopo che l’Unione Europea aveva già dato il via libera all’invecchiamento artificiale del vino attraverso l’utilizzazione di pezzi di legno al posto della tradizionale maturazione in botti di legno. Un inganno che si aggiunge alla possibilità di vendita nell’Unione Europea nei negozi, o attraverso internet, di kit per la preparazione casalinga in meno di un mese di vini come il Chianti, il Barolo o il Valpolicella, per effetto di una curiosa interpretazione della legislazione.
In realtà, nonostante l’impegno dell’Unione di tutelare le denominazioni dei prodotti alimentari tipici, imitazioni ingannevoli degli stessi continuano a proliferare anche all’interno dell’Europa. E’ il caso dei formaggi tipici dove, dopo il Parmesan, è stato scoperto in Romania il Parmezan, ma anche la Fontina svedese, il Parmi olandese, la polenta che diventa “palenta” in Montenegro, il barbera bianco venduto un supermercato rumeno, il Cambozola in Germania o la pasta Milaneza venduta in Portogallo.
E’ invece di poco piu’ di un mese fa la decisione della Commissione Europea di non accogliere la proposta italiana di decreto ministeriale che obbliga ad indicare l’origine del latte impiegato nel latte a lunga conservazione e in tutti i prodotti lattiero caseari ma vieta anche l’impiego di polveri di caseina e caseinati nella produzione di formaggi. Con la norma si stabiliva chiaramente che il formaggio si fa con il latte e non con le polveri mentre già dallo scorso anno l’Unione Europea consente che possa essere incorporato fino al 10 per cento di polvere di caseina e caseinati nel formaggio, al posto del latte.
La possibilità di vendere sul mercato bibite di fantasia al gusto e con il colore dall’arancia senza contenere tuttavia neanche una minima percentuale del prezioso agrume è stata invece scongiurata in Italia dopo il tentativo di inserirla in passato tra le norme di recepimento della legislazione comunitaria.
Le contraddizioni delle scelte politiche europee sono evidenti nelle norme che riguardano l’indicazione in etichetta dell’origine dei prodotti agricoli impiegati, che è obbligatoria per la carne bovina ma non per quella di maiale, per la frutta fresca ma non per quella trasformata e infine ancora per il latte fresco ma non per quello a lunga conservazione né per i formaggi.
Non mancano però le buone notizie, come la recente decisione dell’Unione Europea di rendere obbligatoria l’ indicazione dell’origine dell’extravergine di oliva a partire dal mese di luglio 2009.