Progettare un futuro diverso
Questo vuole essere uno spazio dove mettere le cose che ancora non hanno un posto nel mondo reale, quelle cose che in greco antico venivano chiamate utopìe, parola che significa letteralmente “senza un luogo”. Non un libro dei sogni, non una raccolta di fantasie irrealizzabili, ma uno spazio dove riporre idee e progetti di soluzioni concrete e realizzabili per un futuro migliore.
E così abbiamo messo il destino del mondo in mano alla finanza ed all’economia, la conoscenza in mano alla fisica, alla chimica ed alla matematica, confinando le scienze umanistiche e sociali ad elìte culturali privilegiate, inascoltate come superflue, come un lusso inutile, relegandole al ruolo di accessori culturali. Perché oggi è il governatore della Banca d’Italia a disegnare il nostro futuro, parlando di pensioni? Continuare ad alzare l’età pensionabile, come suggerisce Draghi, anche se sembra realismo, non è una soluzione al problema reale di garantire un congruo periodo dopo la vita lavorativa per dedicarsi a realizzare i propri desideri a coltivare interessi altri rispetto alla necessità di produrre un reddito. Questa è la dimostrazione della disumanizzazione operata da questo sistema, che considera il tempo estraneo al ruolo di produttore/consumatore, un tempo inutile, un tempo sprecato, negandone la potenziale enorme utilità sociale, come fabbrica di cultura, di idee di utopìe che possono nascere solo dalla concretezza e dall’esperienza di una vita in gran parte già vissuta. Certo la proposta di Draghi è una soluzione tecnico/finanziaria efficace in quanto continuando ad innalzare l’età pensionabile aumenterà la probabilità di morire prima di arrivare alla pensione! Ma non è una soluzione reale perché gli aspetti economici sono solo uno strumento di un problema che non è tecnico ma sociale, aspetti che non possono essere risolti in maniera semplicistica snaturando il problema.
E che ruolo ha la politica in tutto questo? La politica, un tempo nobile arte della capacità di cogliere i sogni e le aspirazioni del popolo, razionalizzarli ed organizzarli in strategie di cambiamento e programmi di realizzazione delle utopìe, arte del progettare un futuro migliore, ha tradito il suo compito, è divenuta ignobile arte della manipolazione della realtà per la sostituzione delle utopìe concrete con illusioni virtuali. Ha rivestito con l’abito del cambiamento ricette economiche tutte tese a perpetuare il passato per mantenere intatti gli equilibri di potere e le stratificazioni sociali. Ha inneggiato al superamento delle ideologie del novecento, sostituendole col nulla, ha cancellato le parole classe, casta, proletariato, emarginazione, esclusione sociale, ecc. mantenendo inalterata la realtà e i problemi che queste parole rappresentavano.
Ma non dobbiamo essere innamorati di parole che le stesse ideologie che le evocavano hanno spesso tradito; in questo spazio che mi è concesso vorrei portarvi a riscoprire la realtà che dietro ad esse si cela, leggere i problemi pensando alle cause che li hanno generati e cercando le soluzioni reali, cioè quelle “utopìe necessarie” che ci consentano di tornare a sperare in un futuro migliore.
Alla prossima utopìa.