Quando l’informatore non è informato e i lupi diventano agnelli
A Copenhagen dove si dovrebbe risolvere una difficile trattativa per salvare l’umanità dalle drammatiche difficoltà a cui verrà esposta nei prossimi decenni a causa dei cambiamenti climatici, si sono affacciati i grandi inquinatori, che riescono a fiutare affari speculando sui disastri e trovando facile alleanza in giornalisti spero solo poco informati e un po’ sprovveduti.
Si tratta dei produttori di quegli autoveicoli che fino ad oggi hanno causato un terzo delle emissioni di gas serra, per trasporti che se effettuati in treno ne causerebbero la metà e se in nave addirittura un quinto. Costoro che fino ad oggi hanno svolto la parte di lupi predatori, oggi si presentano travestiti da agnelli, e i nostri giornalisti abboccano scioccamente al tranello. Basta leggere la rubrica “AUTOMOTORI” della Repubblica di oggi 14 dicembre, in cui si decantano le virtù di nuovi modelli di automobili ad emissioni zero, in quanto alimentate da motori elettrici. A questi signori e al direttore che ospita i loro articoli, vorrei spiegare che non esistono giacimenti di elettricità ma che questa, per poter ricaricare le batterie delle auto elettriche, viene prodotta in Italia per oltre l’ 85% bruciando combustibili fossili, per cui la produzione di un kWh in Italia comporta l’emissione di circa 530g di CO2. Considerando le perdite nella rete di trasmissione e il rendimento dei motori elettrici, che sebbene elevato non può certo essere pari al 100%, l’auto elettrica comporterà maggiori emissioni di quella a benzina, fino a quando nel nostro paese non verrà prodotta da fonti rinnovabili una quota rilevante di elettricità.
Di fatto, nella situazione attuale l’auto elettrica non riduce le emissioni, forse addirittura le fa aumentare; semplicemente le sposta dall’automobile al camino delle centrali termoelettriche, alla faccia del clima del pianeta. E’ un po’ come nascondere la spazzatura sotto il tappeto
E proprio l’ENEL, che sta aumentando il ricorso al carbone, combustibile che ha il più alto contenuto di carbonio, e sta lanciando avventurosi programmi di rinascita del nucleare basati sulla menzogna di un presunto costo più basso che non trova riscontri nelle statistiche internazionali e su una supposta emissione zero che esclude dal calcolo la filiera di estrazione e preparazione dell’uranio che ha invece emissioni molto elevate, viene portata ad esempio di virtù per la promessa di 400 punti di ricarica per le auto. E’ come se si considerasse il panetterie un benefattore quando apre nuove panetterie. E’ quell’ENEL che fonda sull’inganno la sua costosa campagna pubblicitaria, ospitata a caro prezzo su tutti i quotidiani e gli altri mezzi di informazione (e quì un po’ di malignità mi viene…), in cui parla solo di energie pulite e mai di carbone e di nucleare dove rivolge i suoi maggiori investimenti.
Ma se la stampa fa questa cattiva informazione, il cittadino magari si convince a fare sacrifici per acquistare un’auto elettrica, credendo di dare un contributo alla lotta contro i cambiamenti climatici, ignaro che invece sta ottenendo l’effetto contrario.
Dal momento che la questione climatica apre prospettive drammatiche all’umanità ed affrontarla è estremamente costoso e complesso, caro direttore di Repubblica fai più attenzione a ciò che si scrive sul tuo giornale, e cari giornalisti quando scrivete di cose che non sapete, informatevi prima o è meglio tacere. Su una questione complessa e grave come i cambiamenti climatici, dove gli orizzonti temporali si allungano ben oltre il mandato delle cariche politiche e dei ritorni economici degli investimenti necessari, il ruolo dei giornalisti è fondamentale per diffondere una informazione chiara e precisa e costruire una diffusa consapevolezza di problemi e soluzioni, perché solo una opinione pubblica bene informata può indurre i governi a prendere decisioni che altrimenti sarebbero addirittura politicamente impopolari.
Se si avverassero le peggiori previsioni sui cambiamenti climatici un giorno gli storici guarderebbero al passato chiedendosi come mai una scarsa informazione abbia lasciato che tutto ciò accadesse. Potrebbero domandarsi quali storie i giornalisti stavano raccontando, mentre il mondo attorno a loro si trasformava?
Questa è la mia utopìa di oggi: che emergano operatori dei media bene informati e capaci di creare una coscienza seria e diffusa delle grandi sfide che ci attendono.